G iocare partite importanti ogni tre giorni comporta un dispendio fisico e mentale notevole, e per questo si finisce poi per lasciare sempre qualcosa per strada. Così, alla splendida Atalanta di Anfield, riproposta per otto undicesimi da Gasperini contro il Verona, è capitato di non riuscire a fare bottino pieno contro una squadra invischiata nella lotta per non retrocedere, e molto lontana per valori tecnici dalla squadra nerazzurra. Intendiamoci, l’Atalanta non ha sottovalutato i gialloblù, anzi, ha iniziato la partita con il coltello fra i denti e ha messo al tappeto (2-0) la squadra di Baroni già nel primo quarto d’ora, ma poi si è “rilassata” ed ha pensato di poter gestire la gara abbassando (troppo) i ritmi di gioco. Della gestione sbagliata dell’intensità è finita poi per rimanerne vittima, perché una volta persa la “maniglia” della gestione dei tempi, tornare ad imporsi è sempre cosa complicata. Una gestione sbagliata che si è ripetuta ancora una volta dopo la gara di Cagliari, ed è bene che lo staff nerazzurro rifletta su quest’aspetto in vista del match di ritorno contro il Liverpool, perché se sono bastati 5 minuti di black out al Verona per segnare due reti, il Liverpool potrebbe fare ancor più male.
Per inquadrare la sfida tra gialloblù e nerazzurri, dobbiamo partire dai dispositivi tattici delle due squadre. Ad inizio gara gli uomini di Baroni si sono schierati con il modulo 4-1-4-1 in fase di possesso. Sulla trequarti, Noslin (destra) e Lazovic (sinistra) hanno giocato in massima ampiezza, mentre l’avanzamento di Suslov e Folorunsho alle spalle della punta Bonazzoli “avrebbe” dovuto creare problemi, almeno secondo le intenzioni del tecnico veronese, sul centro della difesa nerazzurra. In realtà così non è stato, perché proprio i recuperi dei ragazzi di Gasperini sulla trequarti difensiva hanno consentito all’Atalanta di infilarsi in rapide ripartenze nel corridoio centrale, presidiato dal solo Silva. Emblematico a questo proposito è stato il gol del 2-0 atalantino, dove Scamacca ed Ederson hanno goduto di marcature morbide (il primo), e spazio scoperto in cui correre palla al piede (il secondo).