L’idea era latente da tempo e l’occasione è giunta con la partecipazione a una corsa non competitiva nella terra di Arlecchino. Confidando poi nella conoscenza del territorio dell’amico “Giovanni da San Giovanni”, abbiamo definito i sentieri per un percorso ad anello tra le contrade di San Giovanni Bianco, un’imperdibile esperienza di arte, storia e natura. Poiché l’itinerario è risultato piuttosto lungo, si è pensato di suddividerlo in due parti: oggi andiamo a conoscere le contrade della sponda orografica destra del Brembo di San Giovanni Bianco, lasciando alla prossima puntata l’esplorazione delle contrade dell’altra sponda del fiume.
Il nome del paese onora il patrono, San Giovanni Evangelista, mentre l’attributo «bianco» è da ricondurre al colore delle stratificazioni calcaree di cui è caratterizzata la zona. San Giovanni Bianco è collocato in posizione strategica, alla confluenza del fiume Enna (che forma la val Taleggio) con il Brembo; gli fanno da corona una ventina di frazioni, quasi tutte in posizione assolata e dominante il paese. Il borgo deve la sua fortuna alla florida attività estrattiva mineraria e alla lavorazione del ferro, risalenti già all’epoca dei romani.
Il ritrovo è al posteggio presso la stazione della vecchia ferrovia della val Brembana (400m), nel cuore di San Giovanni Bianco. Ci incamminiamo lungo la ciclabile in direzione di San Pellegrino fino a un ponte che sovrappassa la pista stessa. Una rampa di gradini ed eccoci a scavalco sopra la ciclabile per infilarci nel bosco attraverso il sentiero contiguo al ponte. In pochi minuti sbuchiamo sul pianoro che accoglie la contrada di Fuipiano al Brembo (460m). La felice posizione ha favorito un discreto sviluppo edilizio, senza tuttavia stravolgere il carattere agricolo della frazione che conserva ancora abitazioni rurali e dimore signorili come quelli appartenuti alle famiglie Cavagnis e Busi Cariani.
Giovanni ci guida per le vie di Fuipiano: il suo animo s’infiamma alla vista della villa Cavagnis, opera dell’architetto Angelini, che ospita la scuola materna dove ha trascorso gli anni spensierati dell’infanzia; oltrepassata la chiesa, sull’angolo della piazzetta ci mostra un bell’affresco dell’artista locale Antonio Tarenghi. Ci spingiamo poi nel centro della piazzetta dove, sopra la fontana, spicca un pregevole bassorilievo bronzeo di Giacomo Manzù, donato dallo scultore alla contrada che ha dato i natali a sua madre.
Torniamo indietro alla chiesa e prendiamo la strada che si diparte dal piazzale antistante il sagrato. Si sale poche decine di metri fino a una curva verso destra dove si stacca una stradella agricola. Ai piedi di un grande traliccio seguiamo le indicazioni sentieristiche per il Ronco, segnalate da un cartello di legno. Raggiunte le abitazioni più alte della contrada, le oltrepassiamo seguendo il sentiero che, attraverso i prati, si addentra nel bosco in corrispondenza di un meraviglioso esemplare di faggio (550m).
Qui si intercetta la strada forestale diretta al Ronco. La percorriamo in salita fino a un bivio a quota 620m, dove deviamo a destra su un’altra stradella che, con percorso più dolce, si addentra nella rigogliosa val Grande. Siamo a pochi passi dalla civiltà, eppure il contesto naturalistico è autentico. In prossimità del torrente la stradella diviene un sentiero, lo attraversa con un ponticello e si spinge, con un traverso pianeggiante, fino alla contrada Cornalita (560m).
Cornalita è posta su un pianoro verde e assolato, protetto dal monte Sornadello. L’attenzione del viandante è catalizzata dalla sorprendente chiesa del Corpus Domini. Le sue origini risalgono all’anno 1116 (anche se alcuni studiosi sostengono che siano precedenti), documentabili dalla data incisa sulla trave del porticato. È una delle chiese più antiche della val Brembana.
L’arioso sagrato permette di contemplare la facciata nella sua originale asimmetria: a sinistra la canonica è inglobata nella facciata della chiesa, mentre a destra si apre, con un arco, un portico largo e basso. È un complesso affascinante, rustico ed elegante al tempo stesso. Sotto il porticato e all’interno della chiesa spiccano alcuni pregevoli cicli di affreschi del XV secolo. Mentre ci aggiriamo, soggiogati da tanta bellezza, scopriamo che sotto quei magnifici portici, tra la fine di luglio e primi giorni di agosto, si tiene la festa della Cornalita, con celebrazioni religiose e, soprattutto, con banchetti di ottima qualità allestiti dai volontari della contrada. Non mancheremo!
Oltrepassata la chiesa, imbocchiamo una viuzza pedonale che corre parallela alla strada principale. La via si intrufola tra le case di Cornalita e sbuca su una strada asfaltata che seguiamo in salita fino a una grande fontana con due bocche da cui sgorga acqua fresca e copiosa (570m). Qui inizia una strada sterrata pianeggiante che seguiamo per pochi metri fino a un bivio con un sentierino sulla destra che scende nel bosco in direzione del torrente. Non esistono cartelli ma non si può sbagliare: è l’unico bivio.
Giunti al ruscello, non lo oltrepassiamo ma lo discendiamo sulla sua sponda destra fino alle case della contrada Brembilla (420m). Una svolta a sinistra lungo via Adua e poi subito a destra per una stradella sterrata (privata, ma percorribile a piedi) che conduce ad una casa su un pianoro appena sopra il fiume Enna. Aggiriamo la casa sulla destra e arriviamo alla passerella di legno sul fiume (400m). Il dondolio rende molto divertente l’attraversamento anche se, giunti a metà, preferiamo tirare dritto anziché fermarci in contemplazione. L’acqua dell’Enna oggi è straordinariamente limpida e invitante.
Saliamo a intercettare la strada provinciale della val Taleggio. Qui ci attende l’unico tratto un po’ monotono del percorso: seguiamo per mezzo chilometro la provinciale, in direzione di San Giovanni, fino a una scaletta di cemento che sale sulla sinistra in corrispondenza di due abitazioni a ridosso della strada. Inizia una breve ascesa, piuttosto decisa, che fuoriesce dal bosco su un dosso erboso (località Ronchi), all’altezza del bivio stradale per Oneta (500m).
La contrada appare in tutta la sua eleganza davanti a noi. La raggiungiamo percorrendo via Oneta, che scende dolcemente fino alle prime case del borgo. Ci addentriamo nelle viuzze immersi in un’atmosfera d’altri tempi: le antiche dimore con i rustici portali di pietra, i ballatoi di legno intagliato, le piccole finestre con le inferriate, le anguste vie porticate e il selciato di sassi. Spicca tra tutte la «Casa di Arlecchino», signorile edificio quattrocentesco appartenuto alla famiglia locale dei Grataroli. Costoro, trasferitisi a Venezia, fecero fortuna e decisero nobilitare la casa d’origine con l’intento di ostentare il livello di potenza acquisito in laguna. Il risultato è estremamente interessante.
La tradizione identifica Oneta come patria prima degli Zanni e poi di Arlecchino. Tale abbinamento può essere collegato alle vicende della nobile famiglia Grataroli. Va considerato, infatti, che gli Zanni (dei quali rimangono ancora le tracce nel cognome di alcune famiglie), vestivano sulle scene veneziane i panni del servo rozzo e opportunista, ruolo comunemente attribuito ai valligiani brembani che affollavano la città lagunare svolgendo i lavori più umili. Palazzo Grataroli è oggi sede del museo di Arlecchino.
Completiamo la visita della contrada con uno sguardo alla chiesetta del Carmine che custodisce alcune tele del Ceresa e presenta, sull’austero porticato, un affresco di San Cristoforo a protezione dei viandanti lungo la via Mercatorum. Rassicurati dai favori del Santo, riprendiamo il cammino alla volta di Cornello dei Tasso. Per la verità questa contrada si trova in territorio di Camerata Cornello, ma è talmente prossima e bella che sarebbe un sacrilegio non degnarla di attenzione.
Il percorso si dipana all’ombra del bosco e marginalmente a pascoli molto curati. Superiamo una serie di vallette che rendono divertente il cammino con alcuni brevi saliscendi. Nonostante sia un percorso molto frequentato da turisti ed escursionisti, in molti tratti il sedime della mulattiera è piuttosto malconcio. Un vero peccato, la via Mercatorum meriterebbe molta più cura!
Circa a metà del tragitto si transita accanto all’oratorio di Sant’Anna, una graziosa chiesetta del XVI secolo con un piccolo porticato e il minuscolo campanile. Ancora una decina di minuti e raggiungiamo le prime case del borgo di Cornello, dove sono visibili i ruderi dell’antico palazzo Tasso, eretto su uno sperone di roccia a guardia della vallata. Rimangono solo le fondamenta, parte delle mura di sostegno, e un arco che conferisce dignità alle rovine.
Si accede alla contrada attraverso un meraviglioso porticato. Ogni passo regala prospettive sempre nuove, rendendo il cammino intrigante. Cornello è bello da gustare così, lentamente e in silenzio, lasciandosi catturare dalla sua autenticità… e come tanti bambini impegnati in una caccia al tesoro ci ritroviamo separati gli uni dagli altri, ciascuno guidato dalla propria curiosità. Bello, anzi, bellissimo!
Ci ricongiungiamo infine sul sagrato della splendida chiesa dedicata ai santi Cipriano e Cornelio, mentre cerchiamo la migliore angolazione per osservare il campanile divenuto famoso perché pendente.
Carichi di entusiasmo, proseguiamo il cammino oltre il borgo, abbassandoci verso il fiume Brembo. Scendiamo fino a intercettare la vecchia statale della val Brembana, ed è proprio qui che si conclude la prima parte dell’itinerario. Per il ritorno a San Giovanni Bianco si può deviare a destra percorrendo un tratto (600m circa) della vecchia strada (è aperta al transito veicolare, ma poco trafficata) fino all’immissione sulla ciclabile, oppure proseguire nella direzione opposta per qualche centinaio di metri e immettersi sulla ciclabile in corrispondenza delle prime case di Camerata Cornello bassa (via Orbrembo). In un paio di chilometri e si è nuovamente a San Giovanni Bianco.
P.S. L’itinerario qui descritto, comprensivo del rientro a San Giovanni Bianco, è lungo 12,5 km con un dislivello positivo di quasi 600 m, calcolare quattro ore. Considerata l’esposizione a oriente di queste contrade, si consiglia di effettuare l’itinerario di mattina per poterle ammirare inondate di sole.
(Tutte le foto sono di Camillo Fumagalli, il video è di Carlo Cella, @ormenellaneve)