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La Pasqua, attraverso i suoi simboli, racconta un mondo tutto nuovo

Articolo. Le cose importanti si raccontano con i segni. Da sempre. Una ragazza che riceve un bellissimo anello da un ragazzo in ginocchio davanti a lei non ha alcun dubbio su come interpretare quel segno: è una richiesta di fiducia definitiva, una disponibilità a costruire una storia insieme

Lettura 6 min.
foto Subbotina Anna

Abbiamo chiesto a Don Matteo Cella, curato di Nembro, di scrivere una riflessione sulla Pasqua partendo da alcuni simboli che, a volte superficialmente, la caratterizzano.

Così la fedeltà tra gli sposi si esprime con due anelli portati al dito ogni giorno. La bandiera arcobaleno, che anche in questi giorni sventola dai balconi di molte case, esprime un desiderio di pace e di armonia. Una stretta di mano inequivocabilmente sigilla un patto di amicizia o la riconciliazione. Di segni, immagini, gesti semplici eppure molto evocativi è ricchissima la storia dell’uomo. Spesso le culture si sono contaminate tra loro riutilizzando i segni di altre tradizioni, arricchendoli o precisandoli.

Perché tutto questo proliferare di gesti e simbolismi? Semplicemente perché un’immagine parla più delle parole, una semplice azione è più evocativa di un lungo discorso, un simbolo supera gli ostacoli linguistici e culturali ed è perfino capace di oltrepassare le epoche storiche.

Il cristianesimo non fa eccezione. La fede nel Cristo Risorto ha nella Pasqua la sua sorgente e proprio le giornate primaverili nelle quali la natura si risveglia dopo la lentezza dell’inverno si riempiono di segni carichi di significato. Mondi diversi si incrociano tra loro: la natura, il messaggio evangelico, la tradizione ebraica, l’immaginario del Medioriente e dei popoli nordici convivono nei simboli pasquali.

Emerge un messaggio coerente che racconta l’inizio di un mondo reso tutto nuovo dalla Pasqua: il passato si trasforma e si apre a una novità inaudita; ciò che sembrava morto trova una nuova definizione; qualunque stortura o bruttezza viene rinnovata perché trovi una bellezza inattesa. Nel mondo nuovo della Pasqua c’è tutto: l’ecologia, l’alimentazione, la vita animale, la musica, i metri di misura con i quali gli uomini si riescono a orientare. È una prospettiva che coinvolge tutto e tutti: l’uomo e il cosmo sono in un solo destino.

Le piante

Il rametto, le spine, il giardino. Un giardino che torna a fiorire.

La Settimana Santa si apre con i rametti di ulivo che vengono benedetti e portati in chiesa. I cristiani creano cortei festosi e animati per le vie di paesi e città oppure riempiono chiese normalmente silenziose con un frastuono improbabile dentro il luogo sacro. È il ricordo di Gerusalemme che accoglie Gesù come un re.

Quella raccontata nel vangelo di Luca è una festa fuori luogo e piena di stranezze: Gesù è presentato come il nuovo Re Davide ma umile, semplice e pacifico (Lc 19,37). È un clima di festa guardato con un certo sospetto da chi ha potere e si crede sapiente: come se si anticipasse qualcosa che ancora non ha motivo di venire festeggiato. I rami d’ulivo o le foglie più imponenti delle palme sventolano al cielo esprimendo un’attesa, qualcosa che “promette bene” ma che ancora non è compiuto. Non a caso il ramoscello d’ulivo è il simbolo di una speranza che si riaccende nel celebre racconto dell’Arca di Noè.

Il libro della Genesi, il primo della Bibbia, racconta il tentativo di salvezza dell’umanità dall’autodistruzione rappresentata dalle acque del diluvio. Noè raccoglie sulla sua immensa arca animali e famiglie che dovranno sperimentare una nuova creazione: le colpe dell’uomo devastano il mondo, chi vive di fiducia può sperare in una terra nuova, una volta passata la burrasca. E il rametto d’ulivo in bocca alla colomba che torna da Noè (Gen 8,10) anticipa la possibilità della salvezza.

Le processioni della Domenica delle Palme ripropongono la speranza di un mondo restituito alla sua bellezza. Ogni passo di quei cammini collettivi è un anticipo di gioia ma gravato dalla convinzione che la natura rigogliosa della primavera, contesto stagionale in perfetta sintonia con il messaggio pasquale, deve fare i conti con un’altra pianta, un simbolo vegetale scomodo e infestante, brutto da vedere e motivo di dolore. La Pasqua non è la festa dell’ingenuità, della fiducia a buon mercato, delle illusioni per gli sciocchi: la primavera del cuore è accessibile solo attraversando la durezza della vita, drammaticamente rappresentata dalla corona di spine.

Gli aculei che Gesù è costretto ad indossare sono immagine della derisione, del rifiuto, della prepotenza che alcuni infliggono ad altri. L’innocente è condannato, il mite e umiliato, il buono è vittima dell’ingiustizia. La sua vita esemplare è derisa. Questa corona umiliante posta sul capo di Gesù costringe ad aprire gli occhi: l’uomo spesso predilige i segni della violenza a quelli della pace, fa così da sempre. È nella sua natura cedere alla prepotenza, tendere alla supremazia e approfittarsene di chi è stato indebolito. Rami secchi e pungenti si aggrovigliano per formare degli ostacoli alla speranza, ma la primavera li vincerà.

La sofferenza è un passaggio faticoso da accettare ma non ha la forza di annullare la promessa di bene che è racchiusa in ogni vita. I fili spinati che ancora oggi insanguinano il volto dei popoli, versione moderna della corona di spine, non riescono a fermare il desiderio di salvezza a cui i miti aspirano. La pianta del dolore portato con dignità è il segno della veridicità del messaggio evangelico perché «solo l’amore è credibile» (Hans Urs von Balthasar).

E così, all’alba del giorno nuovo, Maria di Magdala raggiunge un luogo di sepoltura, forse una vecchia cava trasformata in cimitero, per cercare il corpo di Gesù da onorare. Si attende un paesaggio arido e desolante e invece trova un giardino nel quale è sbocciata un’umanità nuova, finalmente libera dal male e dalla morte. Incontrerà una promessa di vita, una nuova creazione (Gv 20,15).

Gli animali

Pulcini, conigli, agnelli. Una fauna priva di violenza.

Il guscio che lentamente si crepa, si apre pian piano e poi libera la vita nascente del pulcino ha una forza espressiva immensa. È il mistero della vita che continua a esprimersi in tutto il suo fascino: fragilità e potenza sono insieme, nel medesimo istante e nell’unico simbolo dell’uovo. Il segno tipico della Pasqua ancora una volta parla di vita che comincia.

Cosa si nasconde nel silenzio, oltre il guscio oppure dietro la pietra di un sepolcro? L’uomo non comprende l’enormità del mistero che è la sua esistenza, ma è meravigliato quando la terra si popola di nuove creature. A Pasqua, insieme al pulcino, arrivano anche il coniglio, richiamo alla fertilità abbondante ma anche al pelo che si rigenera proprio in questa stagione; la candida colomba che ancora ricorda la fine del diluvio che aveva costretto Noè e tutti gli altri animali al tempo del nascondimento nel buio dell’arca e poi l’agnello.

Questo animale ha una storia tutta sua: il manto bianco è indice di purezze, il suo ruolo nel regno animale è un richiamo alla bontà e all’innocenza. È l’animale pacifico che nella religiosità ebraica veniva offerto a Dio nel rinnovo di un’amicizia sincera con il popolo eletto. Era soprattutto il protagonista dei segni che chiedevano a Dio di aiutare l’uomo a liberarsi dal peccato e dal male: solo un innocente, un buono, un pacifico avrebbe potuto farsi carico delle colpe e del torbidume della gente. Portare via il peccato era il primo e necessario momento di un cambiamento, di una vita nuova. La presenza dell’agnello indica una frattura con il passato tenebroso per accedere a un futuro dai colori primaverili.

Il profeta Isaia immaginava la realizzazione del Regno di Dio come la convivenza pacifica di tutti gli animali tra loro: prede e predatori rappacificati, nessuna creatura minaccia per le altre (Is 11,6). Nella festa di Pasqua il mondo viene popolato da una fauna creativa a riconciliante: finisce il tempo dei predatori, dei lupi, di chi incute timore non perché si entra in una dimensione onirica e rassicurante ma perché la gravità del male è oltrepassata dalla grandezza dell’amore sincero che si fa non-violenza e perdono.

Forse i tanti animali pasquali fatti di farina, zucchero e cioccolato che riempiono le tavole imbandite e gli scaffali delle pasticcerie, più che di dolcezza dovrebbero parlare della necessità di portare nel mondo la pace. Lo zoo di Pasqua impone l’impegno per la riconciliazione tra persone, famiglie, comunità e popoli.

Suoni, luci e colori

L’aria fresca della vitalità.

Campane a distesa, musiche festose che da tutti i campanili si spandono nell’aria e strappano un sorriso anche al più burbero dei vicini di casa: è Pasqua e la musica non manca! I colori pastello sono gli unici ammessi nell’immaginario collettivo di questo periodo e tutto è raffigurato come luminoso e soleggiato. Armoniosi sono i fiori sugli alberi, i fiocchi dei pacchi regalo, i sentimenti condivi tra le persone. La Pasqua ha la sua scala cromatica e il suo repertorio si suoni come ogni altra festa. E come ogni altra festa corre il rischio della ripetitività, potrebbe scadere nella sdolcinatezza e nell’infantilismo.

Anche questi simboli portano con sé una storia e un significato più ricco di quello che appare al primo approccio. Le campane ricordano che il messaggio della vita nuova del Cristo Risorto non è un evento fine a sé stesso e nemmeno un episodio circoscrivibile in un tempo solo e in un fazzoletto di terra: con la Pasqua si inaugura un’era di novità e di speranza senza limiti e confini. La promessa di Dio annunciata da Gesù, ovvero che il suo Regno si compirà definitivamente e per il bene di ogni persona, trova nella Resurrezione la prova della sua affidabilità.

L’annuncio cristiano allora deve spandersi ai quattro venti e superare ogni ostacolo; la fraternità inaugurata dal Cristo non può avere barriere di alcun tipo; la vita spesa per amore deve diventare criterio per ogni esistenza sulla terra. I discepoli sono cittadini di un mondo nuovo dove non ci sono segreti di sorta: la vittoria sulla morte è da annunciare ai quattro venti (Lc 12,3). Nella Pasqua la «luce che vince le tenebre» permette di vedere l’intera esistenza del cosmo in modo nuovo (Gv 1,5). E tutto questo immaginario si fa impegno quotidiano per chi si fida del Maestro – Crocefisso – Risorto.

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