AHI SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO
76 Ahi serva Italia, di dolore ostello,
77 nave sanza nocchiere in gran tempesta,
78 non donna di province, ma bordello!
Proseguendo nel loro cammino Dante e Virgilio incontrano un'anima che se nesta sola soletta, in atteggiamento fiero e disdegnoso. Virgilio le chiede indicazioni sul cammino ma lo sconosciuto non risponde, vuole sapere prima chi ha davanti. Quando Virgilio inizia le presentazioni con il nome del luogo che gli ha dato i natali, Mantua (alla latina: Mantova), l'anima espiante si precipita verso di lui per abbracciarlo, riconoscendo in Virgilio un compaesano:
67 Pur Virgilio si trasse a lei, pregando
68 che ne mostrasse la miglior salita;
69 e quella non rispuose al suo dimando,
70 ma di nostro paese e de la vita
71 ci 'nchiese; e 'l dolce duca incominciava
72 «Mantua...», e l'ombra, tutta in sé romita,
73 surse ver' lui del loco ove pria stava,
74 dicendo: «O Mantoano, io son Sordello
75 de la tua terra!»; e l'un l'altro abbracciava.
Si tratta di Sordello da Goito, presso Mantova, un famoso poeta e trovatore del XIII secolo. Questo episodio ispira in Dante la famosa invettiva nei confronti di un'Italia definita in crescendo “serva”, “nave senza timoniere”, “non signora delle sue province ma casa di prostituzione” proprio perché divisa e lacerata al suo interno da continue lotte e rivalità. Dante riconosce che questa condizione così desolata è dovuta ai politici del tempo ma soprattutto alle due somme autorità, il papa e l'imperatore, che per ambizione e miopia non adempiono ai loro doveri di guide spirituale e temporale. In un passaggio invoca Dio stesso, definendolo Sommo Giove, chiedendosi se ha rivolto lo sguardo altrove o se quanto avviene sia una “preparazione” di un “bene” che non riusciamo a comprendere. Prima di concludere l'invettiva Dante rimprovera con ironia anche Firenze e i suoi cittadini.
In questa lunga invettiva, 25 versi, il termine Italia non rappresenta solo una denominazione geografica ma per la prima volta una vera e propria nazione.
E' proprio l'incontro con Sordello a far nascere in Dante questa invettiva di natura politica (tematica presente in tutti i canti sesti) perché Sordello ha scelto una lingua sovranazionale, l'occitanico, e ha assunto quasi un ruolo profetico nei confronti dei baroni, rimproverandoli per la loro vigliaccheria (vedi il famoso Compianto in morte di Ser Blacatz). Sordello e Dante condividono lo stesso ruolo di “profeti” in nome della comune appartenenza culturale e linguistica a questa Italia.