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Tutte le strade portano in Cina

Vendere nel mercato più grande del mondo. Nel convegno di Skille il confronto fra imprenditori, analisti e manager ha presentato quali sono le opportunità e gli spazi per creare nuovi business anche per le piccole e medie imprese. Ecco gli interventi video di tutti i protagonisti della serata.

Lettura 17 min.

Sommario

Un convegno per capire meglio la Cina di oggi
Made in China vuol diventare sinonimo di high tech
La Cina ha bisogno di investire nel mondo
I dieci obiettivi di sviluppo entro il 2020
Alibaba offre alle aziende 600 milioni di clienti cinesi
«Siamo un facilitatore per le piccole imprese»

Bombassei: Ampi spazi
per la qualità delle imprese italiane
«È un mercato che vuole i nostri prodotti»
Hong Kong resta una buona porta d’accesso al Dragone
«L’Italia viene vista con attenzione per la sua genialità»
La sorpresa di un mercato che offre business alle piccole imprese
Beni e servizi per la salute: Cresce la quota del medicale

Un convegno per capire meglio la Cina di oggi

La fotografia forse più nitida sulla Cina di oggi arriva dall’ultimo Rapporto della Fondazione Italia-Cina, Oltre 250 pagine che ribaltano, ma sarebbe il caso di dire che rivelano un paese come mai finora lo si conosceva. Sia sotto il profilo sociale, sia sotto una prospettiva economica la Cina guidata da Xi Jinping, già definito il “nuovo” Mao per le riforme radicali che sta mettendo in atto, si è data una serie di indirizzi di sviluppo e di trasformazione economico-industriale. Ha posto come priorità la necessità di rivedere la sua struttura economica nazionale con un occhio alla produttività facendo molta leva sull’innovazione tecnologica e l’ammodernamento delle sue industrie. Curando molto anche il profilo dell’impatto ambientale.

La Cina da un miliardo e mezzo di abitanti ha poi varato piani di strategie sociali e demografiche per allargare la base dei consumi e dei redditi , puntando ad aumentare i livelli di salario minimo in percentuali che vanno dal 15 al 25%

Una politica chiara, declinata con puntualità e che dovrebbe far tornare la Cina entro il 2049, anno della celebrazione del centenario della repubblica comunista, a essere non solo il più grande mercato al mondo, ma anche la prima potenza economica al mondo.

E non ne fa mistero. Anzi. Lo ha indicato contando di raggiungerlo coinvolgendo anche le altre economie del mondo. E chiedendo – o sfruttando - il contributo di tutte le imprese. Ma creando allo stesso tempo anche nuove e importanti opportunità per chi è pronto a coglierle.

Skille ha voluto raccontare la Cina di oggi con un convegno .
Oltre 300 imprenditori hanno potuto ascoltare le analisi e le riflessioni intorno a questo nuovo mercato fatte da esperti e imprenditori, tutti protagonisti della nuova fase.

Il forum ha visto gli interventi di Alberto Bombassei su come e quali strategie la sua Brembo ha messo in atto per sfidare e vincere sul nuovo mercato del Dragone.

È intervenuto Rodrigo Cipriani Foresio , managing director Italia e sud Europa e general manager of Europe TMall Business Development di Alibaba , il portale di ecommerce con oltre 10 milioni di aziende iscritte e che propongono i loro prodotti a oltre 600 milioni di clienti.
A lui il compito di indicare la ricetta per sfruttare un mercato, un nuovo canale e modo di vendere destinato a crescere a vista d’occhio.
Alibaba conta di avere 2 miliardi di clienti online entro il 2020.

I due interventi più dal taglio tecnico sono stati affidati a Filippo Fasulo , coordinatore scientifico del Rapporto Cefis 2018 sulla Cina : come si sta muovendo la Cina e quali reali opportunità di opportunità di business sta creando per le imprese del mondo sono elementi che l’Italia e le sue piccole e medie imprese non possono trascurare.

Olderigo Fantacci , responsabile del desk cinese di Deloitte Italia , società di consulenza aziendale, ha invece illustrato le vie da percorrere per sbarcare in questo mercato, sia sotto il profilo burocratico, fiscale e amministrativo senza rischiare di restare incagliati in difficoltà lungo un percorso di avvicinamento.

Tutti questi interventi li potete ascoltare nei video che pubblichiamo di seguito in questo articolo .

Made in China vuol diventare sinonimo di high tech

Filippo Fasulo

Coordinatore scientifico del Centro di Ricerca aziendale della Fondazione Italia-Cina (Cesif)

È un Paese in trasformazione tecnologica, sociale ed economica, con un nuovo modello che si sta consolidando: la new normal economy. «Significa un’economia a velocità ridotta, con meno investimenti, ma più servizi, meno export, ma soprattutto più consumi interni. Consumi che chiedono e pretendono una più alta qualità».
Filippo Fasulo, coordinatore scientifico del Centro di ricerca aziendale della Fondazione Italia-Cina (CeSif) racconta di una realtà che vuole tornare a essere la prima potenza economica mondiale. «L’idea di un made in China di beni di scarsa qualità - spiega - non corrisponde più al vero, è un cambiamento che è già in corso e sta procedendo rapidamente.
Il made in China vuole diventare sinonimo di made in Italy più made in Germany . La crescita non si basa più sulla quantità, ma fa molta più attenzione alla qualità».

Perché il cittadino cinese sta sviluppando un nuovo stile di vita : «Cambiano i consumi , non c’è più solo domanda di beni di sussistenza, ma per il tempo libero, design, cura della casa e della persona »

Secondo le previsioni, aumenterà la richiesta di beni e servizi legati alla salute : «La Cina sta invecchiando e avrà un grande bisogno di farmaci e servizi. Un’opportunità per l’Italia che è forte in questi settori».

La trasformazione ha dimensione globale ed è sotto lo slogan della Nuova via della Seta : «Significa nuove relazioni bilaterali, la Cina ha bisogno di investire nel resto del mondo, ma deve farlo con una modalità che sia accettata. L’investimento nelle altre nazioni viene presentato come un mutuo beneficio. L’Italia dunque deve pensare di poter cooperare con la Cina , anche nei paesi terzi. Anche perché non potrà raggiungere l’eccellenza in tutti i settori e conterà, dunque, sull’apporto di chi questa eccellenza l’ha già».

La Cina ha bisogno di investire nel mondo

Guarda l’intervento di Filippo Fasulo

I dieci obiettivi di sviluppo entro il 2020

La Cina vuole tornare ad essere la più grande potenza economica del mondo . Non sono solo intenzioni. Lo dimostra con i fatti e i programmi di politica economica messi in campo e in fase di attuazione.
Il suo presidente, Xi Jinping, ha fermamente indicato quelle che sono le linee principali dell’azione politica futuro - da qui sicuramente fino ad almeno il 2049, quando si celebrerà il centenario della repubblica comunista - del governo cinese.

Cresce l’attenzione della Cina alla qualità della crescita con un focus sulle innovazioni tecnologiche e sulla sostenibilità ambientale

E dopo aver centralizzato gli indirizzi di politica economica ha approvato il Tredicesimo Piano quinquennale di sviluppo e che coprirà gli anni dal 2016 al 2020. Un piano che pone molta attenzione a temi caratteristici come la riduzione delle diseguaglianze economiche, maggiori incentivi ai consumi, una spinta alla trasformazione dell’industria, valorizzazione dei servizi.
Un piano di cinque anni, quindi, di obiettivi e di strategia di sviluppo ben precisi.
Vediamo allora quali sono e approfondiamo i contenuti dei dieci punti del Piano quinquennale di sviluppo al 2020.

1. Tasso di cre scita : in linea con gli obiettivi del Sogno Cinese, il Tredicesimo piano quinquennale si prefigge di crescere ad una media del 6,5% annuo nel corso del periodo di applicazione del piano. Nello specifico, questo tasso consentirebbe di crescere da un Pil di 67.700 miliardi di rmb del 2015 a 92.700 miliardi di rmb nel 2020.

2. Servizi : aumentare il peso del settore del terziario dal 50,5% al 56%.

3. Consumo energetico : contenere il totale di energia consumata nel 2020 entro 5 miliardi di tonnellate di carbone, rispetto al consumo di 4,3 miliardi del 2015.

4. Intensità energetica : ridurre entro il 2020 il consumo energetico e le emissioni di CO2 per unità di Pil rispettivamente del 15% e del 18%, in confronto ai livelli del 2015

5. Qualità dell’aria : ottenere entro il 2020 una classificazione dell’aria delle città a livello “buono” o migliore per almeno l’80% del tempo rispetto al 76,7% del 2015.

6. Energia nucleare : aumentare la capacità installata da 28,3 GigaWatt (GW) a 58 GW, con l’obiettivo di averne in programma per quella data altri 30 GW. Attualmente vi sono 26,7 GW di capacità nucleare in costruzione.

7. Rete infrastrutturale : espandere la rete ferroviaria ad alta velocità fino a 30 mila Km, partendo dal dato di 19 mila Km del 2015, e realizzare almeno 50 nuovi aeroporti dedicati all’aviazione civile.

8. Reddito pro capite : aumentare il reddito pro capite di almeno il 6,5% all’anno. Nel 2015 il tasso di crescita era stato del 7,4%.

9. Occupazione : creare 50 milioni di posti di lavoro nelle aree urbane in cinque anni.

10. Urbanizzazione : aumentare il tasso di popolazione urbana fino al 60%. Inoltre, l’obiettivo è che il 45% della popolazione urbana detenga il permesso di registrazione (hukou) urbano, un documento che dà l’accesso a servizi pubblici e del quale sono attualmente sprovvisti moltissimi cittadini migrati dalle campagne, che si trovano così senza alcuna copertura sociale.

Alibaba offre alle aziende 600 milioni di clienti cinesi

È stata la bergamasca Alma Cookware l’ultima azienda ad aver aperto un proprio spazio commerciale sul portale di e-commerce Alibaba. Lo ha fatto qualche giorno fa. L’azienda di Fornovo San Giovanni, leader nella produzione di pentole di alta qualità, va così ad ampliare la platea delle imprese orobiche (fra cui anche Foppapedretti e Kiko) e le 230 italiane in rappresentanza di più di mille brand, che stanno conquistando nuove quote di mercato nel Paese del Dragone attraverso il portale fondato dall’imprenditore Jack Ma.
Anche se possono sembra un goccia nel mare delle imprese iscritte al portale web hi-tech cinese - che oggi conta oltre 10 milioni di imprese iscritte - questa scelta è decisamente strategica rispetto alla decisione di volere presidiare un mercato sempre più aperto e ricco di opportunità per le piccole e medie imprese del made in Italy.

Mettersi in vetrina online, infatti, è una strategia che è già risultata vincente . Ci si confronta ogni giorno con una Cina fatta di consumatori inediti, che si muovono molto velocemente, che vogliono poter comprare prodotti nuovi, belli, di qualità, prodotti che fanno trend. E li vogliono subito.
Una potenzialità commerciale fatta di un miliardo di consumatori attivi, 600 milioni di questi hanno meno di 35 anni e il 90% fa acquisti solo online e solo dal proprio telefonino .

Ma per entrare in questo mercato bisogna essere preparati, imparare, conoscere e sapere chi sono i nuovi consumatori cinesi.

Erano 300 gli imprenditori bergamaschi in sala che ascoltavano. Volevano sapere come fare per sbarcare e presidiare quel mercato, come fare per vendere i propri prodotti. Dal convegno di Skille è arrivata la prima vera risposta.
L’ha data Rodrigo Cipriani Foresio , managing director Italia e Sud Europa e general manager of Europe TMall Business Development di Alibaba: «Da quando Jack Ma ha deciso, in un appartamento con altri 17 soci , di fondare Alibaba, il primo portale di ecommerce in Cina, sono passati 18 anni. E Alibaba oggi è molto più di un e-commerce. È diventata un marketplace. Vogliamo mettere in connessione aziende che intendono vendere i loro prodotti a più di 600 milioni di consumatori. Siamo un facilitatore per le imprese che cercano il mercato cinese . Le grandi società sono già in Cina. Noi guardiamo alle piccole e medie imprese».

Alibaba e le sue piattaforme tecnologiche (TMall e TMall Global), compresa l’app Alipay, il sistema di pagamento online utilizzato da 900 milioni di persone e che al pari di una banca eroga anche prestiti rateizzati ai clienti, sono diventati un ecosistema che mette a disposizione piattaforma, tecnologia, dati alle aziende ». I numeri danno ancora meglio la misura di questa infrastruttura digitale.

Ogni giorno Alibaba offre 12 milioni di prodotti nuovi , spedisce 60 milioni di pacchi al giorno , e nel 2017 ha generato 700 miliardi di dollari di ricavi .

Ma in questo rapporto ogni leva resta nelle mani delle aziende, Alibaba mette a disposizione il servizio, sarà poi l’azienda che decide come gestirlo, a cominciare dalla spedizione e consegna dei pacchi. Un modello che sta funzionando. Così si guarda al futuro. Cipriani Foresio annuncia gli obiettivi di crescita di Alibaba.

«Vogliamo realizzare il nuovo modello di New Retail, oggi l’e-commerce vale il 20% del retail. Fra dieci anni puntiamo a digitalizzare l’80% dei negozi fisici, aumentare al massimo livello la customer experience a un cliente attento e affamato di informazioni sul prodotto, sulla sua storia. E l’Italia deve essere in prima fila: ha le imprese e i prodotti importanti per soddisfare la domanda di qualità del cliente cinese . Pensiamo al vino: non si può lasciare a Francia e Messico questo mercato. L’Italia non può averne solo il 4%».

È in questa direzione che è nato «helloIta», portale su TMall . Il primo padiglione online interamente dedicato alle imprese del made in Italy che hanno già un negozio e che vogliono farsi intercettare con i loro prodotti, dal vino, all’olio, all’abbigliamento, alla cosmesi, dal consumatore cinese. Anche questo passaggio sostiene la strategia dell’ecosistema di Alibaba di arrivare ad avere entro il 2020 almeno 2 miliardi di consumatori, di cui altri 400 milioni solo asiatici .

«Siamo un facilitatore per le piccole imprese»

Guarda il video dell’intervento di Rodrigo Cipriani Foresio

Bombassei: ampi spazi per la qualità delle imprese italiane

C’è un fervore sociale ed economico in Cina che sta portando a un cambiamento epocale e storico. Lo ha raccontato il presidente della Brembo , Alberto Bombassei, al convegno «Tutte le strade portano in Cina - Vendere nel mercato più grande del mondo»: l’evento, organizzato da Skille, all’i.Lab, il centro di ricerca sui materiali di Italcementi al Kilometro Rosso al quale si sono iscritti oltre 300 imprenditori.

«Pur essendo uno Stato totalitario e sostanzialmente un regime - ha detto Bombassei - sotto la guida del suo “illuminato” presidente Xi Jinping la Cina ha aspettative e programmi che puntano a farlo tornare il Paese più forte del mondo . Oggi offre grandi possibilità a chi vuole investire».

Presente in 70 Paesi e con 10mila collaboratori, Brembo è sbarcata nella terra del Dragone all’inizio del Duemila, prima studiando attentamente il mercato e poi, fra il 2003 e il 2004 con l’acquisizione di una partecipazione in una piccola azienda.
Tre anni più tardi un secondo intervento: « Abbiamo investito su un prodotto che sul mercato cinese mancava : la nostra specializzazione è nei freni high tech per il segmento medio alto delle automobili. Oggi in Cina fatturiamo circa 300 milioni di euro e abbiamo 1.800 dipendenti: quello che produciamo là viene venduto al 100 per cento in Cina, alle grandi aziende automobilistiche mondiali come Mercedes, Bmw e Fiat che hanno aperto loro linee di produzione. Abbiamo seguito i nostri clienti e li serviamo sul posto, così come forniamo aziende automobilistiche cinesi che stanno investendo su prodotti di qualità».

Abbiamo deciso di aprire stabilimenti in Cina per essere il più vicini possibile ai nostri clienti , le case automobilistiche che hanno avviato in Cina linee di produzione

Ad aprile - ha spiegato il presidente di Brembo - apriremo un nuovo stabilimento, che sarà il più moderno di quelli che abbiamo nel mondo. Sarà un modello anche da un punto di vista ambientale ». Un segnale importante in un Paese dove buona parte dell’energia elettrica viene prodotta con centrali che bruciano carbone e dove l’inquinamento ha raggiunto livelli inimmaginabili in Europa.

Raccontando gli ultimi vent’anni, Bombassei ha spiegato di non aver mai incontrato grandi difficoltà nello sbarco in Cina di Brembo. «Neppure operando da soli. C’è meno burocrazia che in Italia e un sistema “pulito”. Certo non tutto è facilissimo, ma chi vuole intraprendere un’attività non deve diventare pazzo».

Per andare in Cina oggi bisogna studiare bene una serie di fattori. A cominciare da dove e quali prodotti sono richiesti

E aggiunge: «Ci sono ancora possibilità enormi, ma bisogna comprendere che i cinesi oggi sono diversi da quelli del passato: c’è un ceto medio-alto che triplica ogni anno e che chiede e apprezza i prodotti di qualità. Dalle macchine alla moda al cibo. L’alta qualità italiana a prezzi ragionevoli può trovare facilmente uno spazio, e la Fondazione Italia Cina può aiutare molto chi vuole investire».

«È un mercato che vuole i nostri prodotti»

Guarda il video di Alberto Bombassei

Hong Kong resta una buona porta d’accesso al Dragone

Olderigo Fantacci

Responsabile del desk cinese di Deloitte Italia

C’è un’enorme opportunità per le imprese italiane per entrare nel mercato più grande nel mondo : perché se la Cina ha indiscutibili capacità di perfezionamento del prodotto, d’altro canto è meno forte nella creatività. E così l’Italia viene vista con attenzione per la sua genialità, da utilizzare nel proprio mercato interno per rispondere alla nuova e crescente domanda di consumi di alta qualità. Ma anche per consentire al prodotto cinese di eccellere.
«È un’occasione che l’imprenditorialità italiana può cogliere, andando a vendere in Cina», spiega Olderigo Fantacci, responsabile del desk cinese di Deloitte Italia, illustrando le vie da percorrere per sbarcare in questo mercato.

Un’occasione che le piccole e medie imprese italiane possono cogliere, andando a vendere in Cina

«Prima strada è operare dall’Italia senza avere strutture in loco, attraverso agenti o distributori locali già integrati nel territorio, oppure sfruttando il canale dell’e-commerce». In quest’ultimo caso ci sono tre vie: «Il proprio sito web, appoggiandosi a una piattaforma autorizzata di cross-border, oppure una piattaforma domestica o di distributori online», continua Fantacci. Un ulteriore scenario vede, invece, la possibilità di essere presenti fisicamente in Cina, attraverso un ufficio di rappresentanza: «Una vetrina commerciale per contattare i potenziali clienti e incrementare le relazioni internazionali».

La società italiana può anche entrare nel mercato cinese «con una service company costituita in Cina , ossia una realtà che potrà promuovere le vendite direttamente a importatori o distributori . Oppure con una trading subsidiary costituita in Cina. Si potrà occupare della cessione diretta di prodotti sul mercato locale e potrà anche essere posseduta direttamente o tramite holding in Hong Kong. O ancora, si può costituire una subsidiary a Hong Kong con funzioni di trading company in Cina».

Tra le chance per vendere nel Paese del Dragone, c’è la creazione di joint venture individuando partner commerciali in Cina, oppure a Hong Kong

«Caso ancor più articolato, è la possibilità di creare un joint venture ad Hong Kong che detiene una trading subsidiary in Cina, una soluzione per operare più in generale nel mercato asiatico», conclude Fantacci. Tutti questi scenari hanno molti vantaggi, anche dal punto di vista fiscale. Diversi canali che si possono adeguare alle necessità delle imprese italiane: «La Cina non deve fare paura, ma è un’opportunità che deve essere colta».

«L’Italia viene vista con attenzione per la sua genialità»

Guarda il video di Olderigo Fantacci

La sorpresa di un mercato che offre business a piccole imprese

«È un cambio di prospettiva. E di visione strategica». La Cina di oggi ha questa capacità sugli imprenditori: fa intravedere un orizzonte nuovo di business per le piccole o medie imprese, un orizzonte forse mai nemmeno sospettato. Non più un Paese di vincoli, di limiti fatti di bassi prezzi, basso costo del lavoro, operai poco specializzati, qualità discutibile.

«Ci siamo resi conto di come tutto sia cambiato in questo Paese. Tanto che quando ne sentiamo raccontare, ci sorprendiamo per quanto ci si ritrovi spiazzati . A cominciare dal nutrire ancora i vecchi stereotipi. Solo dopo averla conosciuta e monitorata iniziamo a intravedere nella Cina di oggi opportunità reali finora mai prese o volute prendere in considerazione. Una potenzialità di business che del resto possiamo cogliere e che abbiamo già nelle nostre aziende: i nostri prodotti e le nostre specializzazioni. Basta essere capaci di metterle in connessione con gli importanti investimenti in termini di valore che questo paese sta facendo».

Evidente la necessità di un cambio di visione e di approccio a un mercato completamente nuovo rispetto al nostro immaginario

Giuliana Beretta

Consigliere delegato dell’impresa Record di Bonate Sotto

Riflette a voce alta Giuliana Beretta, imprenditrice, consigliere delegato della Record di Bonate Sotto, oltre 110 dipendenti. Mette a fattor comune la sua riflessione all’indomani della serata di Skille, giovedì scorso, dedicata ad approfondire il più grande mercato del mondo.

Anche Beretta era fra i 300 imprenditori in sala a scoprire le nuove vie commerciali e industriali che portano in Cina. Il presidente Xi Jinping ha centrato gli indirizzi di politica economica del governo cinese su obiettivi ben quantificati di crescita, di sviluppo, di ammodernamento della struttura industriale e produttiva, di consumi e di politica di benessere sociale .

Una strategia ben precisa implementata dentro i due piani «Made in China 2025» e «Le nuove vie della seta» : la Cina vuole tornare a essere il Paese economicamente più potente e si affida anche al contributo delle eccellenze nel mondo.

«In questo solco di investimenti del governo cinese, e dopo aver ascoltando le testimonianze di chi in Cina già sta sviluppando il proprio business – racconta Giuliana Beretta, accanto sul palco c’erano Alberto Bombassei a raccontare la sfida vinta della sua Brembo nella terra del Dragone, e Rodrigo Cipriani Foresio, general managing di Italia e Sud Europa del portale di ecommerce, Alibaba – ci siamo resi conto, noi imprenditori, di quanto dobbiamo cambiare prospettiva e approccio . Abbiamo due alternative. O restiamo esclusi da questo Paese, perdendo evidenti vantaggi competitivi. Oppure investire nella nostra abilità e identificare nuove nicchie di mercato e di prodotti da sviluppare per soddisfare le richieste di un Paese dai numeri di grande rilievo».

Possiamo seguire due sentieri: restare esclusi dalla Cina, perdendo vantaggi competitivi. Oppure investire nella nostra abilità e identificare nuove nicchie di mercato

Beretta, a capo di un’impresa specializzata nella produzione e fornitura di minuterie metalliche di precisione in settori che vanno dall’automotive e moto, all’aereonautica fino all’oleodinamica e gas di pressione, alle valvole industriali, aggiunge un nuovo pezzo di considerazione.
« Queste riflessioni ora vanno calate nelle nostre aziende. E chiedersi: che cosa devo fare io e come posso muovermi con la mia azienda? Tenendo conto che a brevissimo, soprattutto per le tante aziende della subfornitura, saranno le imprese nostre clienti a chiedere di prepararci a questo mercato, loro stanno già lavorando in Cina. Perché allora non avere successo anche autonomamente?».

Beretta lo spiega così: «Abbiamo i nostri prodotti che sono di eccellenza e di alta qualità, abbiamo i brevetti di impianti e di sistemi che vanno incontro alla domanda e agli investimenti che la Cina sta facendo , pensiamo solo al settore energetico, della sostenibilità e l’impatto ambientale, per l’efficientamento e il risparmio energetico delle imprese e del settore civile. Credo sia questo il cambio di mentalità da adottare: sarà la mia impresa a proporre il prodotto, a iniziare a lavorare su questo mercato per creare e cercare collaborazione con partner economici locali, imparando e adattandoci alle dinamiche locali. E anche per chi fa B2B gli strumenti e i canali moderni, come la piattaforma digitale Marco Polo , ci sono già e sono pronti». Esattamente come il mercato da un miliardo di consumatori.

Beni e servizi per la salute. Cresce la quota del medicale

Nei prossimi trent’anni la quota di popolazione cinese anziana raddoppierà: se nel 2016 le stime davano gli over 80 all’1,7%, nel 2050 si arriverà all’8,9%, mentre la fascia di chi ha tra i 60 e gli 80 anni passerà dal 14,7% al 27,6%. Secondo i dati presentati dal Cesif, Centro Studi - Fondazione Italia Cina nel corso del convegno di Skille sulla Cina, è atteso un incremento significativo di consumi di prodotti e servizi legati alla sanità. Un’opportunità per l’industria italiana, specializzata sia nella farmaceutica sia nella tecnologia medicale.

Una strada già intrapresa dall’azienda orobica Milestone, che già nel 1990 aveva avviato rapporti con il Paese del Dragone: «Siamo partiti nel 1988 come start up grazie a un’intuizione del nostro presidente, Franco Visinoni – spiega l’amministratore delegato, Diego Cortesi – e già due anni dopo iniziavamo le esportazioni». Su un fatturato da 45milioni di euro, oggi l’export rappresenta il 97% e di questo, la Cina il 15%. Il core business di Milestone, azienda da 120 dipendenti con quartier generale a Sorisole (ricerca, sviluppo e logistica) e polo produttivo a Valbrembo, è «la strumentazione a microonde – continua Cortesi – una tecnica di accelerazione dei processi di analisi applicata ai laboratori chimici, principalmente nell’ambito alimentare, farmaceutico, medicale e ambientale. Tra le ultime strade intraprese quella della strumentazione medicale che accelera la diagnosi tumorale dall’analisi dei tessuti».

Molti fattori sono cambiati da quando abbiamo iniziato a entrare in Cina e ad avere rapporti commerciali con il mercatocinese. Oggi avere un’alleanza con un partner locale è decisivo

Ed è proprio quest’ultimo settore, insieme a quello ambientale, la leva su cui Milestone, dopo aver ascoltato gli interventi al convegno di Skille, racconta dalla sua esperienza la strada più efficace per chi vuole puntare al mercato del Far East: «Già nel 1990 vedevamo nella Cina una grande opportunità – aggiunge Cortesi - quando era molto diversa da ora. Non si intravedevano ancora grandi prospettive di crescita, era solo la Cina comunista, non si facevano affari».

Nonostante ciò Milestone ha sempre reinvestito i profitti dei mercati che davano ritorni immediati, in quelli con prospettive più a lungo termine.

«La svolta – dice - è arrivata dopo 10 anni di investimenti con zero ritorni. Tra il 1998 e il 2000 l’impennata, il boom economico, dopo la riforma cinese». Ma per Milestone, il vero passaggio di crescita delle sue attività in Cina è stata la partnership cinese.

«Crediamo sia l’unico modo per sbarcare in Cina: stringere rapporti con un operatore locale affidabile . È vero che molto è cambiato da quegli anni Novanta, ma qualche criticità resta. Basti pensare che la legge che prevede la tutela della proprietà intellettuale ha solo un anno , e c’è ancora molto da fare perché la sua applicazione sia omogenea su tutto il territorio. Anche la barriera linguistica si sta abbassando : nei nostri primi viaggi si arrivava a parlare anche con la gestualità, ora spesso si parla un inglese di medio livello».

Delocalizzare la produzione in Cina? Siamo e restiamo molto attenti a questa scelta . Ma delocalizzare è un passo che oggi non stiamo considerando

Milestone è entrata nel mercato principalmente seguendo due direzioni, oggi alla base delle riforme e degli investimenti del governo cinese : « L’analisi chimica nel controllo ambientale – spiega - soprattutto per la qualità dell’aria. E l’analisi medicale nella diagnosi tumorale . La Cina è un Paese con enormi problemi ambientali, sta sviluppando una sensibilità sulla qualità della vita spinta dai trend demografici e dall’invecchiamento dei suoi cittadini. Un’opportunità, anche etica».

Grazie al partner commerciale il contenuto tecnologico della Milestone arriva in diverse aree della Cina: «Abbiamo dato l’esclusiva a questa azienda che ha 29 uffici sul territorio per la vendita della nostra strumentazione». Ma la produzione rimane saldamente a Bergamo : «Restiamo sempre molto attenti a questa scelta, delocalizzare è un passo che oggi non stiamo considerando. I nostri prodotti, ad alto contenuto tecnologico, con una qualità altissimo, sono sempre competitivi».

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