Artriti, la remissione un traguardo
ora possibile

REUMATOLOGIA. La diagnosi precoce è fondamentale: ci si dovrebbe arrivare entro 3-6 mesi dall’esordio.

Le artriti sono un gruppo di malattie infiammatorie croniche, spesso rapidamente progressive, che colpiscono complessivamente circa il 3-4% della popolazione. Il prototipo è rappresentato dall’artrite reumatoide, che si stima colpisca oltre 400.000 persone in Italia. Meno frequenti, ma comunque molto invalidanti, sono le Spondiloartriti (spondilite anchilosante, artrite psoriasica).

Le artriti colpiscono preferenzialmente giovani adulti, in particolare le donne tra i 25 e i 50 anni di età. Se non diagnosticate e trattate precocemente, queste malattie hanno un profondo impatto sulla qualità della vita sociale e lavorativa, possono portare a disabilità permanente e necessitare, per i casi più aggressivi, di ricoveri ospedalieri. Massimiliano Limonta è responsabile della Reumatologia dell’Asst Papa Giovanni XXIII.

Dottor Limonta, a quali segnali di allarme dobbiamo stare attenti?

«Le artriti si manifestano con dolore, gonfiore, calore, arrossamento e rigidità a una o più articolazioni; nel caso dell’artrite reumatoide l’interessamento artritico esordisce in modo simmetrico dalle piccole articolazioni di mani e piedi. Se la malattia non viene trattata precocemente vi è poi un interessamento aggiuntivo delle altre articolazioni: polsi, spalle , caviglie ginocchia, anche. La rigidità articolare si presenta soprattutto nelle ore mattutine, al risveglio, e migliora con il movimento nel corso della giornata. Possono essere presenti sintomi da malattia sistemica tra i quali febbre, astenia, perdita di peso».

Chi ha un’artrite potrà mai guarire?

«Fino a quarant’anni fa le artriti venivano considerate irrimediabilmente invalidanti. Oggi l’obiettivo del reumatologo è la remissione di malattia, cioè l’assenza di sintomi artritici e l’arresto dell’evoluzione del danno osseo. In pratica una guarigione controllata dai farmaci. È un obiettivo raggiungibile, grazie alle terapie ora disponibili, che garantisce al paziente una normale vita lavorativa e sociale. Circa il 40-50 per cento dei pazienti oggi va incontro a una remissione completa di malattia recuperando una qualità della vita che un tempo era negata».

Quali sono le cure disponibili?

«Tutto parte dalla diagnosi precoce. Bisogna arrivarci il prima possibile, idealmente entro 3-6 mesi dall’esordio. Nella prima fase si abbinano farmaci sintomatici ( antinfiammatori e cortisonici a basso dosaggio) alle cosiddette terapie di fondo (DMARDs). Tra le terapie di fondo tradizionali riconosciamo l’idrossiclorochina, la sulfasalazina e il methotrexate, ancora oggi la terapia maggiormente utilizzata per il trattamento dell’artrite reumatoide. In caso di mancata risposta alla terapia, o in pazienti con artriti aggressive ed a prognosi sfavorevole, si fa ricorso ai più recenti farmaci biotecnologici, una vera rivoluzione terapeutica in grado di modificare la risposta dell’organismo alla malattia neutralizzando direttamente alcune citochine alla base sia dell’infiammazione che delle erosioni articolari. L’ultima generazione di farmaci è quella dei JAK (Janus chinasi)-inibitori. Una volta ottenuto un buon controllo di malattia le terapie sintomatiche (FANS/cortisonici) vengono abbandonate».

Cosa fare quando la remissione non è raggiungibile?

«Il reumatologo fa ricorso a speciali indici validati per definire il livello di attività della malattia e calibrare di conseguenza la terapia. Questi indici tengono conto di parametri clinici (il numero di articolazioni dolenti e /o gonfie), di esami di laboratorio (indici infiammatori denominati VES e PCR) e del parere del paziente. Se non è possibile raggiungere la remissione in tutti i pazienti , è comunque possibile raggiungere e mantenere una “bassa attività di malattia”. Un obiettivo raggiungibile nella quasi totalità dei pazienti, che possono così avere una qualità della vita assolutamente soddisfacente, riprendendo il lavoro e le relazioni sociali».

Quando è possibile decidere di ridurre il dosaggio dei farmaci?

«L’artrite reumatoide ha una fase più aggressiva, che si esprime soprattutto nei primi 8-10 anni dall’esordio. Poi negli anni tende a ridurre gradualmente la sua attività senza mai peraltro scomparire. Per questo è importante utilizzare una terapia farmacologica più aggressiva fin dall’esordio di malattia, solo in questo modo potremo evitare i danni articolari permanenti. Nel corso degli anni, una volta ottenuta una persistente remissione, è possibile gradualmente ridurre le terapie farmacologiche. È comunque molto rischioso abbassare troppo velocemente la guardia, riducendo o addirittura sospendendo la terapia in autonomia».

È possibile praticare sport per chi soffre di artrite?

«Una volta ottenuta la remissione o una bassa attività di malattia il paziente può riprendere la sua vita normale. Quindi è possibile riprendere anche l’attività sportiva. Anzi, il paziente artritico, con dolore infiammatorio, sta meglio se si muove. Al contrario del paziente con artrosi (dolore meccanico), che deve invece prestare attenzione a non sottoporre a sforzi eccessivi le articolazioni colpite dal processo osteodegenerativo».

È possibile per le donne affette da artrite avere una gravidanza?

«Certamente. La gravidanza, spesso, manda in remissione l’artrite, quindi una donna può avere le gravidanze che desidera. Se necessario, esistono comunque farmaci che possono essere utilizzati anche in gravidanza e farmaci prescrivibili in allattamento. È necessario invece uno stretto monitoraggio delle pazienti dopo il parto, a causa delle possibili severe riprese di malattia , peraltro controllabili dalle terapie farmacologiche che abbiamo a disposizione».

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