Un giorno, all’improvviso, il silenzio: «Sono rinata grazie alla musica»

ELISA PAGANELLI. La perdita dell’udito e la nuova vita. «Anche il corpo può sentire, attraverso le vibrazioni».

La vita di Elisa Paganelli è cambiata in una notte. Prima era una vocal producer giovane e già affermata. Era nel bel mezzo delle prove nel suo studio a Milano, dove stava preparando un tour con Mario Lavezzi e Ornella Vanoni, ma all’improvviso il suo mondo si è oscurato. Quando si è risvegliata in ospedale era sorda. Uno choc terribile: si è disperata, pensava di dover rinunciare alla passione della sua vita.

È stata sul punto di arrendersi, tanto erano forti il dolore e il senso di perdita. Poi, però, è riuscita a reagire e andare oltre, ha spremuto tenacia e creatività, si è impegnata in mille ricerche. Smontando pregiudizi e luoghi comuni ha scoperto che la musica si può sentire anche usando sensi diversi, ascoltando le vibrazioni attraverso il corpo: «È perfino più bello», spiega con un sorriso. Ha segnato con un tatuaggio il punto speciale - all’altezza del cuore - dove ora sente il «do».

«La musica si può sentire anche usando sensi diversi, ascoltando le vibrazioni attraverso il corpo»

Così ha avviato un percorso di trasformazione e di rinascita, si è messa in gioco per imparare tutto da capo, ha preso una strada nuova come musicoterapeuta e insegnante di musica. «È successo il 2 luglio del 2012 - racconta - ora festeggio questa data come se fosse un secondo compleanno». Una metamorfosi così radicale non può mai essere priva di fatica e dolore. «Chiudi la porta - scrive Paul Coelho - cambia la musica, scuoti la polvere. Smetti di essere chi eri e trasformati in chi sei». Riuscirci è una scoperta, un grande tesoro, che ora Elisa mette a servizio dei più piccoli e delle persone più fragili, a cui dedica il suo lavoro.

La musica le scorre nel sangue, il suo strumento preferito è la voce: «Ho iniziato a cantare da bambina - ricorda -, avevo quattro o cinque anni. Ho studiato musica classica, ho imparato a suonare il pianoforte, ho cantato per 12 anni nel coro della cattedrale di Lodi, perché allora vivevo lì». Ora si è stabilita a Scanzorosciate, dove vive con suo figlio Gregorio, di 7 anni.

«A vent’anni - continua - lavoravo già come corista live e produttrice vocale. Avevo aperto uno studio a Milano, dove accoglievo artisti di rilievo del panorama italiano. Poi, il 2 luglio 2012 all’improvviso durante le prove ho avvertito vertigini fortissime e sono svenuta. La mattina dopo non sentivo più nulla. I medici mi hanno sottoposto a mille esami ma non sono riusciti a formulare una diagnosi. Non ho sordità genetica né malattie autoimmuni. Clinicamente non ho niente. Li ho pregati di aiutarmi, perché non riuscivo a rassegnarmi a ciò che mi era successo. Mi sembrava impossibile, poi ho scoperto che il mio caso rientra nelle ipoacusie improvvise, e col tempo ho conosciuto altre persone con percorsi simili al mio».

«Clinicamente non ho niente. Ho scoperto che il mio caso rientra nelle ipoacusie improvvise»

Elisa non riusciva a farsene una ragione: «Hanno tentato di curarmi con il cortisone e perfino con la terapia iperbarica - spiega - sono stata ricoverata per un mese e mezzo. Non c’è stato niente da fare. Da allora non sento più nulla dall’orecchio destro e il sinistro è peggiorato gradualmente da quando sono rimasta incinta. Ancor di più dopo che ho avuto il Covid».

All’inizio di marzo 2020 Elisa insegnava in un corso di musica ad Alzano Lombardo: «Almeno la metà dei miei allievi erano medici, infermieri o soccorritori sulle ambulanze, due di loro sono stati anche ricoverati. Anch’io ho iniziato a star male: avevo una forte tosse, sentivo un peso sul petto, anche se non ho mai avuto febbre. Mi sono resa conto di aver avuto il Covid solo dopo aver fatto l’esame sierologico. L’otorino al controllo successivo ha notato il peggioramento dell’udito e mi ha spiegato di aver riscontrato situazioni analoghe in altri pazienti che avevano avuto il Covid».

Le conseguenze sono state dolorose: «Nonostante la giovane età avevo già raggiunto un livello molto alto della mia professione, pensavo che l’avrei proseguita per sempre. Mi sentivo felice, la mia vita mi sembrava bellissima. Dopo la perdita dell’udito, invece, non riuscivo più a intonarmi, a sentire la band, non sapevo più cosa fare. Quando sono svenuta stavo facendo le prove generali per un concerto all’Idroscalo di Milano a cui non ho partecipato, perché si è svolto mentre ero ancora ricoverata in ospedale. Avrei dovuto partire per un tour, ma è saltato tutto».

Quando è uscita dall’ospedale Elisa è tornata nel suo studio, spinta dal desiderio di ritrovare ciò che amava, incapace di rinunciare: «Mi sono chiusa dentro con il mio pianoforte digitale, ho alzato le casse di amplificazione a tutto volume. Così ho scoperto la percezione sonora corporea, e per me è stata una sensazione nuova, una rivoluzione. Ero abituata ad ascoltare la musica solo con l’udito. Mi fidavo di questo, del suono che veniva prodotto dalla cassa e da me. In realtà mi sono resa conto che il corpo arriva prima, può avvertire la vibrazione della voce mentre canto».

«Mi sono resa conto che il corpo arriva prima, può avvertire la vibrazione della voce mentre canto»

C’è voluto un po’ prima che maturasse la consapevolezza di poter considerare la sordità come un’opportunità piuttosto che una perdita. «Sono partita per un viaggio in Thailandia e un giorno il mio istruttore di Yoga mi ha suggerito di non considerare più quell’evento come una perdita. L’Elisa di prima - mi ha detto - se n’è andata e non tornerà. Quella di adesso è sorda, e questa è una caratteristica come la miopia, il colore dei capelli. Fa parte di me, e potremmo anche leggerla, in positivo, come una forma di evoluzione. Così ho iniziato lentamente a cambiare prospettiva su ciò che mi era accaduto, a fare i conti con me stessa». Il cambiamento, in fondo, fa parte della vita, a volte in modo più lieve e sfumato, altre volte in modo più traumatico e complesso: «Continuo a provare un po’ di nostalgia per la vita di prima, che mi piaceva molto, ma la sordità mi ha dato la possibilità di scoprire altre cose, altrettanto appassionanti».

Elisa ha lasciato il suo studio, perché occuparsi di produzione vocale nella sua nuova condizione è diventato troppo impegnativo e stancante. «Ho iniziato a fare ricerche sulla musicoterapia, un mondo variegato e interessante, ho provato a seguire dei corsi ma mi sono trovata spesso insoddisfatta, perché si concentravano di più sull’aspetto tecnico e clinico che sulla relazione. Poi finalmente ho trovato le insegnanti giuste per me e mi sono iscritta al corso dell’Associazione Pedagogia Musicale e Musicoterapia di Giulia Cremaschi Trovesi. Ora sono arrivata al quarto anno e sono felice, perché sto imparando moltissimo».

Da anni si dedica in particolare ai bambini più piccoli, da 0 a 3 anni, e a quelli con disabilità: «Ho messo una protesi per migliorare l’udito dall’orecchio sinistro, ma quando lavoro a volte la tolgo, perché mi sono resa conto che mi è più utile concentrarmi sul respiro, sul corpo, sul rapporto con gli allievi. Poter sentire per me è diventato quasi un elemento di distrazione».

è voluto un po’ prima che maturasse la consapevolezza di poter considerare la sordità come un’opportunità piuttosto che una perdita

Per Elisa la musica non rappresentava solo un lavoro e il cuore pulsante della sua esistenza, ma una fonte di gioia, relax e auto terapia. «Mi sono chiesta: e i bambini sordi come faranno? Così ho iniziato a sperimentare qualche elemento di musicoterapia su di me. Ho provato a capire che cosa mi trasmettevano le vibrazioni, come potevo distinguere le note alte e basse e i diversi strumenti, per imparare a cantare di nuovo insieme agli altri. Ho dovuto provare a riappropriarmi di me stessa. Non mi sono più esibita in concerto, salvo rare occasioni, ma canto ancora facendo musicoterapia, tutto il giorno e tutti i giorni, anche se in contesti diversi. Sono sempre io, ma in versione 2.0 e un po’ bionica».

Quando è rimasta incinta le si è aperto, in modo inaspettato, un nuovo orizzonte: «Durante il corso pre-parto, chiacchierando con l’ostetrica, è nata l’idea di organizzare qualche incontro con le mamme che partorivano nello stesso periodo. In passato avevo seguito corsi di canto in gravidanza, canto carnatico e propedeutica musicale. Mettendo insieme questi stimoli, ho lavorato con le altre mamme sulla respirazione e sulla vocalizzazione, poi sono nate le prime canzoncine dedicate ai nostri bambini. L’idea di fondo era quella di facilitare la comunicazione tra genitori e figli. Altri semplici motivi sono nati dalla mia vita quotidiana quando mio figlio era piccolo: i momenti critici come quello in cui lo mettevo nel seggiolino in auto, ma ogni passaggio era accompagnato dal canto. Poi questa esperienza è cresciuta con lui, l’ho approfondita dal punto di vista della pedagogia musicale scoprendo alto e basso, veloce e lento, forte e piano con semplici giochi a misura di bambino con i pupazzi, le girandole, i foulard. Sono nate così “Le Musicoccole”, attività per i piccoli da 0 a 3 anni, di cui ho depositato il marchio. Cerco di offrire ai genitori elementi per conoscere e usare la voce, e con essi un incentivo per stare con i bambini, cantare insieme, costruire strumenti con materiali di riciclo».

«All’inizio uscire era fastidioso, e per superare le difficoltà ho dovuto imparare i codici del mondo dei sordi, con una cultura e un’identità forte che non conoscevo».

Elisa ha trovato una nuova direzione come professionista e come persona: «All’inizio uscire era fastidioso, e per superare le difficoltà ho dovuto imparare i codici del mondo dei sordi, con una cultura e un’identità forte che non conoscevo. Mi sono scontrata con tanti stereotipi che potrebbero essere facilmente smontati da una maggiore attenzione e sensibilità. Sto imparando la Lis (Lingua dei segni), risorsa importantissima, sia sul lavoro sia dal punto di vista personale. Non sempre riesco a sentire e a capire, perché a volte, semplicemente, sono stanca. Quando c’erano le mascherine era un disastro e mi domandavo: e se poi a un certo punto le batterie della protesi si esaurissero e non potessi ricaricarle? Ho imparato a mettere in moto la creatività, a coltivare talenti che non sapevo di avere. Mi sono tatuata sul braccio una frase che mio padre diceva spesso: ricorda di essere autentica e semplice».

© RIPRODUZIONE RISERVATA