In Cattedrale le tele del Ceresa salvate dallo scorrere tempo e dai topi

ARTE. Dopo accurati restauri vengono esposte due opere del pittore del ’600: «San Giovanni Battista» e «Madonna col Bambino in gloria, con i Santi Carlo Borromeo e Giovanni Battista». L’indagine sui quadri ha rivelato informazioni sulla tecnica e i successivi ritocchi.

Due dipinti di Carlo Ceresa restituiti al loro splendore originale. Il 3 maggio alle 18,30, verranno presentati i restauri del «San Giovanni Battista» e della «Madonna col Bambino in gloria, con i Santi Carlo Borromeo e Giovanni Battista», in Città Alta, nella Cattedrale di Sant’Alessandro, dove resteranno esposti fino al 19 maggio. Entrambi i dipinti, opere del Ceresa, provengono dall’Alta Valle Brembana, il primo dalla chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista di Mezzoldo e il secondo dall’antica chiesa plebana di Santa Brigida.

La corretta attribuzione

«Il dipinto che presenta “San Giovanni Battista” – racconta don Giovanni Gusmini, che per primo ha ipotizzato che il quadro fosse di mano Ceresa –, emerse nel 2013 dagli ambienti di deposito attigui alla chiesa parrocchiale di Mezzoldo. A lungo considerato opera di un anonimo pittore secentesco, è risultato essere in realtà un’opera assai precoce di Carlo Ceresa (San Giovanni Bianco, 1609 - Bergamo, 1679)». «Questa tela di Mezzoldo era in buono stato – spiega Giovanni Valagussa, storico dell’arte –, ma era “sporca” di vecchie vernici e di polvere. Ora, dopo il restauro, è più luminosa e si vedono i dettagli della natura sullo sfondo e soprattutto ne è venuto fuori questo viso impressionante del Battista, lungo e stretto, che somiglia molto alle prime cose note di Ceresa, che sono attorno al 1630-35. Quindi si tratta di un’opera giovanile di Ceresa e questo si vede molto bene anche dal fatto che segue in modo puntuale lo schema di questa gamba che sporge in avanti, una gamba arcuata: è uno schema che usa anche in altri dipinti e viene da una stampa. Un Ceresa alle prime armi quindi che “copia” le stampe e ne trae dei dipinti come in parecchi altri casi».

Colori molto limpidi

Diversa, invece, la tela proveniente da Santa Brigida. «L’altro dipinto – continua Valagussa – è un Ceresa completamente diverso, un Ceresa anni ’50-‘60. È un quadro abbastanza

importante, una tipica pala d’altare del Ceresa (olio su tela, cm 195 x 131), mentre il primo è un quadro più piccolo (olio su tela, cm 104 x 80). Era poco conosciuta perché situato nella vecchia chiesa plebana di Santa Brigida, appeso in alto, molto malconcio, poco visto e con un po’ di problemi conservativi perché aveva delle ridipinture molto estese di un vecchio restauro. Quindi il suo recupero è stato interessante, sono venuti fuori i suoi colori molto limpidi e brillanti e poi soprattutto sui rossi è venuto fuori, molto interessante, che le parti scure dei rossi sono fatte con la lacca, che è tipico della scuola veneziana del ‘500 questa particolare tecnica e che io sappia non si era mai visto così chiaramente che la usasse anche Ceresa». «Entrambe le tele – aggiunge Tiziano Villa, restauratore che si è occupato di entrambe le opere – erano state restaurate più volte in passato (intervenendo sia sul supporto, sia sul film pittorico). Restauri che hanno in parte salvato le opere e in parte ridipinto, non solo ritoccato, cambiandone alcune connotazioni. I topi avevano rosicchiato il supporto in tela di Santa Brigida, mentre entrambe le tele originali erano molto deboli, sottili, lacerate in più punti. Dal punto di vista, invece, estetico i restauri passati avevano ricoperto le numerose microcadute di colore, fortunatamente non estese, con debordanti ridipinture».

Ridipinture sovrapposte

I restauri hanno previsto quindi la rifoderatura di entrambe le tele, la loro pulitura, eseguita per gradi, strato per strato e in tempi successivi, valutando di volta in volta cosa rimuovere. «Dopo la pulitura – continua – la tela di Mezzoldo si può confermare con assoluta certezza al Ceresa: lo sfondo e la vegetazione erano completamente ridipinti dai restauri vecchi ed era completamente celato, mentre l’originale ora visibile risulta molto raffinato, come dimostra lo sfondato di luce del cielo e l’uso particolare di resinati per i verdi. Una bella scoperta. La pala grande invece ha richiesto un lavoro molto impegnativo, le analisi scientifiche avevano confermato che gran parte della pala fosse ridipinta, lo sfondo e i due Santi in particolare erano quasi totalmente rifatti. In particolare i mantelli rossi dei due Santi, presentavano ben due ridipinture sovrapposte. Il film pittorico in lacca rossa originale presentava numerose micro lacune, pertanto la scelta metodologica di ritocco pittorico ha ricostruito parziale le mancanze evidenziando il colore originale rimasto: tale metodologia ricompone la visione della pala nel suo complesso, mentre da una visione ravvicinata il ritocco risulta riconoscibile. È stato un lavoro certosino, di mesi». I dipinti torneranno poi nelle rispettive chiese. Alla presentazione interverranno anche Romina Russo, consigliera alla cultura Provincia di Bergamo e gli amministratori dei Comuni di Altobrembo promotori e sostenitori del Progetto «Le terre dei Baschenis», che hanno finanziato i restauri dei due dipinti di Carlo Ceresa.

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