Il prof. Caudano, la nausea da calcio e la sindrome da tifoso spremuto. «Solo l’Atalanta, ma tutto il resto basta»

storia.

Lettura 2 min.

S arà che il professor Caudano ha assorbito per anni la sapienza antica, la quale in greco amava raccomandare “medén ágan” (“nulla di troppo”) e in latino “est modus in rebus” (“c’è misura nelle cose”). Sarà che lui stesso, a prescindere da letture e studi, è persona moderata e lontana dagli eccessi. Sarà che nel tempo tutti ci trasformiamo. Fatto sta che giovedì sera, ultima sera di un bellissimo settembre, gli è accaduto di fare una cosa che lo ha fatto pensare. E che nella piccola gestione della sua vita potrebbe avere conseguenze non secondarie. Si era seduto in poltrona dopo cena, aveva da leggere solo un paio di temi assegnati a casa, e quasi d’istinto ha acceso il televisore per assistere a Napoli - Spartak Moskva. Gli è però bastata un’immagine; gli è bastata una frase del cronista (una banalità sulla classifica del girone), e d’istinto ha spento, come per un accesso di nausea. Irrevocabilmente. “L’Atalanta la guardo, e mi piace anche, come ieri sera, che è stata granitica, lucida, solida”, ha pensato poi quasi con stizza, “perché la amo da quasi quarant’anni, perché è parte della mia esistenza e perché dei calciatori so tutto, neanche fossero miei parenti; avverto un’appartenenza che va oltre il gioco e sconfina nell’identità, anche se sono bergamasco d’adozione e d’elezione, non di nascita. Ma le altre…”. Le altre Caudano non vuole più guardarle. Se n’era già accorto domenica. Un’occhiata all’Empoli che giocava contro il Bologna di Barrow, il finale del derby di Roma e niente più.