I campioni che si sono persi/4 René Houseman: il genio argentino che segnava (quasi sempre) da sbronzo

storia.

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Q ualcuno lo chiamava “el loco”, ma vista la quantità media di fuori di testa nel campionato argentino era come dire “Mario Rossi”, decisamente poco significativo. Del resto è difficile mettere bene a fuoco uno come René Houseman, detto anche “el hueso”, l’osso, per il suo fisico minuto: uno che ha passato la vita a cercare di distruggersi ma anche regalato autentiche perle, calcistiche e non. Particolare non secondario, ha pure vinto un campionato del Mondo nel 1978 con l’Argentina. Luis Cesar Menotti l’aveva voluto a ogni costo tra i convocati, rinunciando ad altri giocatori. Su tutti quel ragazzino che non ha ancora 18 anni ma che con l’Argentinos Juniors sta dando spettacolo: sì, lui, come si chiama…? Ecco sì, Diego Armando Maradona. Houseman è un personaggio degno di un libro di Osvaldo Soriano, l’emblema di un calcio povero, poverissimo, ma ricco di fantasia. Di partite interminabili nei peggiori barrios, su campi dove si fa fatica a trovare la terra, figuriamoci un ciuffo d’erba e con le baracche sullo sfondo. A due anni la famiglia di René si trasferisce a Bajo Belgrano, a nord di Buenos Aires: non ha l’acqua corrente in casa, gira con una saponetta in tasca e aspetta i temporali per lavarsi (uno dei primi soprannomi è “cerdo”, maiale), ma gioca per ore in strada con quel fisico minuto, i capelli sempre lunghi e sporchi, una faccia già incredibilmente sofferta per essere un bambino. Sembra quasi già vecchio. Ecco, Houseman è senza età, piccolo (1 metro e 65), nervoso, irrequieto, con un dribbling fulminante: povero come la periferia delle periferie dove cresce.