Caudano e una notte insonne alla ricerca dell’«inizio della fine» dell’Atalanta dei sogni. Arbitri, infortuni, scelte. Oppure...

storia.

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M artedì sera. Troppo facile e sconsolante il paragone: sullo stesso schermo che ventiquattr’ore prima ospitava le immagini dal Gewiss Stadium e di un’Atalanta ancora irriconoscibile, capace soltanto di strappare piuttosto immeritatamente un punto contro la Salernitana; su quello stesso schermo, scorrono le azioni di cui è teatro l’Estatdio de la Cerámica di Villareal. Troppo facile e sconsolante l’ordine di pensieri che assediano il professor Caudano: lì, l’Atalanta dell’andata, a settembre, ottenne un pareggio prestigioso e convincente, passando in vantaggio con Freuler e riacciuffandola nel finale, ahi dolore, con Gosens. E poi: Villareal è più piccola di Bergamo, eppure la sua squadra è in semifinale di Champions e la sua casa sta assistendo a una memorabile sfida contro il Liverpool. Già, il Liverpool: battuto in Inghilterra un anno e mezzo fa, dall’Atalanta, uno zero a due leggendario. Rete della rinascita di Ilicic e, ahi dolore, raddoppio di Gosens. I gialli spagnoli vanno sul doppio vantaggio e portano la sfida in equilibrio. Il catino giallo ribolle di entusiasmo. “Poteva, doveva essere così anche il nostro vecchio e seminuovo impianto”, soffre il buon Elvio. Poi, gli Inglesi, grazie a una papera e mezzo del portiere spagnolo, spengono le ambizioni dei loro rivali. Solita storia, dei grandi che alla fine ce la fanno. “Come il Borussia Dortmund o il Psg con noi”, chiosa il professore davanti al suo teleschermo. Ma non è tanto la fine dei sogni del piccolo Villareal ad angosciarlo. Ovvio: è l’Atalanta.