Caudano contestato dai suoi studenti. L’amarezza, la vittoria dell’Atalanta e quella del cuore: una maglia per Eltaf

storia.

Lettura 4 min.

V enerdì. Un signore pingue e corpulento, dentro un cappotto scuro e un poco datato, con dentro la borsa il suo Virgilio e Myricae di Pascoli, sale la scala della stazione. Lo ha depositato il treno proveniente da Milano delle 8.53. Il mattino è freddo, di nuvole basse. Oltre i vetri che danno su Piazzale degli Alpini, Città Alta però si vede, ed è una gemma incoronata dalle mura. A ritroso, c’è un intercity da Ancona, notturno. Prima ancora, un locale da Jesi. Un viaggio folle iniziato a mezzanotte e trentatré. Ma prima ancora ci sono una faticosa partita di sedicesimi di finale d’Europa League e una mattinata scolastica convulsa. Djimsiti in doppietta, come Hateboer due anni fa. Gente che non è che dia del tu al goal… “E se allora il risultato sul Valencia era stato più largo, è anche vero che l’Atalanta era al completo e aveva in campo il Papu, Ilicic e Zapata”, ha provato a consolarsi il professor Caudano, tanto perplesso all’inizio, con quella formazione in cui, a suo parere, de Roon, Pessina, Pasalic e Malinowskij dietro e intorno a Muriel creavano più che altro un tappo… Quanto alla mattinata di giovedì, il professor Caudano al “Leonardo da Vinci” fa vita a sé. Usando le parole che Leopardi spende per il suo Islandese, si potrebbe dire che desidera “non dando molestia a chicchessia, non procurando in modo alcuno di avanzare il suo stato, non contendendo con altri per nessun bene del mondo, vivere una vita oscura e tranquilla”. Peccato che giovedì mattina, per restare al poeta di Recanati, si sia dovuto rendere conto del fatto che non sempre si può “non offendendo alcuno, fuggire che gli altri non ti offendano”.