La notte di Coppa, la Liberazione, l’abbraccio fra Charles e Aleksej: il giorno dopo del prof. Caudano

storia. Il racconto di Stefano Corsi

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A ngelino aveva deciso di venire nel pomeriggio di giovedì, 25 aprile. Alle 14 e 15, orario bislacco da lui stesso richiesto. Chissà perché. Il professor Caudano spera perché dopo c’era una partita di pallone. Lui, per parte sua, ha proposto ad alcuni amici di celebrare la mattina della Liberazione alla sua maniera. Senza retorica. “Se vi va” (pudica formula per dire “se mi date un passaggio”) “andiamo a San Benedetto Belbo e, sui suoi luoghi delle vacanze d’infanzia, vi leggo un racconto di Fenoglio, un racconto legato alla Resistenza, ma di quelli alla sua maniera”. E avrebbe voluto dire “alla mia maniera”. Cioè senza retorica e capaci di sorprendere, come deve fare la vera letteratura, che aiuta a vedere le cose da un punto di vista altro, originale, anche provocatorio. Claudio si fida. Alla fine le macchine che partono per San Benedetto, scendono a Belbo e risalgono sull’altro crinale della collina sono addirittura tre. Elvio siede su quella di Claudio, che subito lo stimola sulla semifinale della sera prima. Lui ha la loquacità di chi ha vinto una sfida temuta, contro un avversario ostico e nei cui confronti esista fiera rivalità. Per il divertimento di tutti i presenti nell’abitacolo, gli esce quasi un editoriale improvvisato: “Grande vittoria, amici! E particolarmente gradita! La attendevo dal giorno successivo alla sfida di andata, quando mi imbufalii vedendo il titolo di una trasmissione sportiva che nel sottopancia recitava: «Fiorentina, un piede in finale». In fondo, era spocchia e mancanza di rispetto, perché ci avevano battuto di una sola rete, non di tre o quattro, e noi sul nostro campo uno 0-1 dovremmo aver fama di poterlo ribaltare…”.