L’Atalanta, la sua gente, il campo e la piazza: perché tutta questa gioia

commento. L’editoriale di Roberto Belingheri

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L’ immagine dei puzzle è sempre nota, dalla scatola. Ma è tanto più bella quando la si mette insieme, pezzo dopo pezzo. Sappiamo cosa sta facendo l’Atalanta in questa stagione, ma occorre rimettere insieme i pezzi, perché l’immagine sia ancora più nitida. L’Atalanta, quando ha riconquistato l’Europa con Gasperini, non calcava un campo continentale da 27 anni: quest’anno è in piena corsa per tutto, dalla Champions in giù. Di nuovo. L’Atalanta nei suoi 117 anni di storia aveva raggiunto una sola volta una semifinale europea. Quest’anno capita di nuovo. L’Atalanta nei suoi 117 anni di storia ha giocato 5 finali di Coppa Italia. Quest’anno giocherà la sesta. Tutto insieme: un campionato da piazzamento europeo, un’Europa da vertici assoluti, la Coppa Italia fino all’atto finale. Tutto insieme adesso, un concentrato di quel che bisnonni, nonni e padri hanno vissuto, prima, a piccoli pezzi. Ecco perché esplosioni di gioia come quelle di mercoledì notte in Porta Nuova non devono stupire più di tanto: non è solo la gioia per la finale conquistata. E’ una sommatoria di gioie, è quasi, ancora dopo 8 anni, incredulità di fronte a un’asticella che sembra non fermarsi mai nella sua salita verso l’alto. E’ la gioia per essere così «diversi» da un calcio che ci piace sempre meno, quello delle furbizie, delle piccole slealtà che sporcano una partita.