Teleriscaldamento, nel mirino di Arera l’aumento dei prezzi e gli extraprofitti

Caro bollette. L’indagine dell’Autorità di regolazione dell’energia: in alcuni casi all’innalzamento delle tariffe per gli utenti finali non è corrisposto un analogo incremento dei costi di produzione.

L’Arera, l’Autorità di regolazione per l’energia, accende un «alert» sul teleriscaldamento: i prezzi stanno crescendo anche lì, con «potenziali extraprofitti» per le società. È quanto si legge nella relazione che conclude un’indagine conoscitiva sul teleriscaldamento avviata a marzo. Per l’Arera, infatti, si evidenziano «potenziali criticità sia in relazione alle dinamiche di mercato, sia, limitatamente ad alcuni contesti, all’equità dei prezzi applicati»: «I prezzi applicati dagli esercenti del servizio di teleriscaldamento», specifica il documento, «sono risultati in genere superiori al costo di erogazione di un servizio equivalente tramite caldaia a gas». Il tema è certo tecnico, ma anche concreto; solo in città, sono circa 30.500 gli appartamenti allacciati al teleriscaldamento e gli aumenti nell’ultimo anno erano stati quantificati in una percentuale del 35%. La relazione dell’Arera in realtà non si focalizza su specifici contesti territoriali, e dunque nemmeno sulla Bergamasca, ma traccia dei lineamenti generali del settore. «L’incremento delle quotazioni del gas può determinare potenziali extraprofitti esclusivamente nei sistemi di teleriscaldamento caratterizzati da un ampio ricorso a fonti energetiche alternative al gas ed economiche, ove il prezzo sia determinato sulla base del metodo del costo evitato, o sia comunque indicizzato al gas».

Tra le questioni sollevate dall’Arera, in sostanza, c’è anche la possibilità che alcuni gestori possano maturare degli «extraprofitti», derivanti dal fatto che l’aumento dei prezzi (sostenuti dall’utente) è superiore all’aumento dei costi di produzione (sostenuti dal gestore). «Nelle reti caratterizzate dall’utilizzo di fonti energetiche con bassi costi variabili (rifiuti e geotermico)», è un ulteriore passaggio del documento, «all’incremento dei prezzi del servizio (tipicamente indicizzati alle quotazioni del gas naturale) non è seguito un corrispondente aumento dei costi variabili di produzione». La divaricazione tra il livello di costi e ricavi, spiega perciò l’Arera, ha così «determinato una crescita significativa dei margini destinati alla remunerazione del capitale investito, con potenziali extraprofitti per gli operatori del settore».

Che fare, dunque? L’Arera indica la necessità di «valutare l’introduzione di una regolazione cost reflective delle tariffe del servizio di teleriscaldamento, mediante l’individuazione di criteri generali per la determinazione delle stesse, comprensivi delle modalità di recupero dei costi di capitale e dei costi operativi, nonché di regole di separazione contabile per l’attribuzione dei costi comuni a più attività»; in questa maniera nei sistemi di teleriscaldamento caratterizzati da minori costi di produzione di energia termica, sottolinea l’Autorità, «sarebbe inoltre possibile trasferire parte dei benefici agli utenti, con positive ricadute economiche e sociali». La garanzia per gli esercenti di recuperare i costi sostenuti e di ottenere un adeguato tasso di remunerazione del capitale investito «potrebbe assicurare un contesto favorevole per un ulteriore sviluppo del settore, anche in presenza di una riduzione dei prezzi del servizio». A2A, la principale realtà del settore in Bergamasca (tramite A2A Calore e Servizi), non commenta, anche perché la relazione non si concentra appunto su territori specifici.

Resta fuori dalla relazione dell’Arera – poiché non inerente all’indagine – il fatto che per gli utenti del teleriscaldamento non è stata applicata l’agevolazione dell’Iva che invece il governo Draghi aveva introdotto in estate per l’elettricità e il metano: una beffa, dovuta a un vuoto normativo, che al momento pare non venire sanata neanche dal nuovo Decreto Aiuti-quater che il nuovo governo Meloni ha definito nella giornata di giovedì.

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