Medicina, accesso senza il test. «Così i laureati saranno troppi»

LA RIFORMA . Basterà superare gli esami del primo semestre. Marinoni (Ordine dei medici): «Serve una giusta programmazione». Anaao e Fimmg: «Ricadute negative».

Il primo passo è ormai fatto: nei giorni scorsi, il comitato ristretto della Commissione istruzione del Senato ha dato il via libera al testo base per la riforma dell’accesso al corso di laurea in Medicina. Una mezza rivoluzione che, in sintesi, si basa su un principio: il primo semestre sarà aperto a tutti, senza più test d’ingresso, ma il passaggio al secondo semestre – e dunque la prosecuzione del percorso – sarà vincolato al superamento degli esami previsti in quella prima parte d’anno (chi non li passa potrà continuare in altre facoltà scientifiche, da indicare subito). Quanto al numero chiuso, il testo licenziato dalla Commissione del Senato indica che, «in coerenza con il fabbisogno di professionisti determinato dal Servizio sanitario nazionale», si dovranno «individuare le modalità per rendere sostenibile il numero complessivo di iscrizioni al secondo semestre», anche «attraverso il potenziamento delle capacità ricettive delle università, nel rispetto di standard innovativi relativi alla qualità della formazione». L’orizzonte dell’entrata in vigore della riforma è l’anno accademico 2025/2026 (per il 2024/2025 dovrebbe restare ancora in vigore il test). Quando tutto sarà ufficiale, le ricadute saranno anche locali: a Bergamo ha infatti sede la School of Medicine and Surgery, corso di laurea in Medicina in lingua inglese diretto dall’Università di Milano-Bicocca in partnership con l’Università del Surrey (Regno Unito), l’Università di Bergamo e l’Asst Papa Giovanni.

Il mondo della sanità accoglie con freddezza e scetticismo le novità. «Il numero di posti a Medicina è stato progressivamente aumentato, per il nuovo anno oltre i 20mila in Italia – premette Guido Marinoni, presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo –. Siamo passati da una carenza assoluta, e quando lo dicevamo anni fa nessuno ci ascoltava, alla frenesia di aumentare continuamente i posti. Nel 2034 avremo 132mila medici attivi in più rispetto a oggi: aumentare a dismisura i medici non serve senza la giusta programmazione, se non abbiamo abbastanza infermieri, se non rendiamo più attrattive le specialità e le discipline che non vengono scelte oggi». Di «follia populista» parla Stefano Magnone, segretario regionale dell’Anaao-Assomed, sindacato dei medici ospedalieri: «Ci saranno ricadute negative, su più livelli. Oggi siamo inondati di ricorsi al Tar del Lazio contro i test d’ingresso, con questa novità partiranno i ricorsi ai vari Tar regionali per chi non è stato ammesso al secondo semestre. Ampliando a dismisura i posti si pongono due problemi: la qualità dell’insegnamento e la sostenibilità di un sistema che possa assorbire tutti questi medici». Come rileva anche Ivan Carrara, segretario regionale della Fimmg (sindacato dei medici di medicina generale) e coordinatore del polo didattico di Bergamo del Corso di formazione specifica in Medicina generale, «far laureare troppi medici creerà il rischio di una generazione di disoccupati, i migliori se ne andranno all’estero. Tra l’altro, nei primi sei mesi non si affrontano esami clinici, ma corsi come Fisica o Chimica: non sembra una soluzione particolarmente efficace».

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