Guardia medica, pressione sulla catena dell’emergenza

IL CASO. Aumentano le chiamate al 118 per motivi non gravi. Richieste di diagnosi perfino ai volontari soccorritori: «I pazienti sono disorientati».

Infermieri come vigili. Rispondono al telefono, accolgono e registrano i pazienti in pronto soccorso, smistano. «Chiami il 116.117, visti i suoi sintomi non gravi si faccia visitare dal suo medico lunedì» e via consigliando. Poi c’è il 112, il numero unico delle emergenze-urgenze. Che, come tale, non è fatto – come pure il pronto soccorso – per un lieve mal di pancia o qualche linea di febbre.

Ma si sa, in questo periodo di crisi profonda per la continuità assistenziale (l’ex guardia medica), vai da chi ti risponde. E il sistema rischia di esplodere. Stante che la maggior parte degli 11 medici di guardia medica fuori servizio per malattia – come comunicato con certificato a ridosso dell’inizio del turno di guardia nel ponte caldo del 2 giugno – è rientrata lunedì al lavoro, resta comunque alta l’attenzione per ciò che dovrebbe essere garantito dalle 20 alle 8 del mattino e dalle 20 del venerdì alle 8 del lunedì. Guardia medica, appunto.

Mentre si attendono notizie da Ats sul numero dei medici che hanno aderito al nuovo bando per tenere aperte le 27 sedi sparse per la provincia – è la rassicurazione data dal direttore generale Massimo Giupponi nei giorni scorsi dopo che invece il piano dei turni di giugno diffuso dalla stessa Ats prevedeva 20 delle 27 sedi temporaneamente sospese –; mentre giovedì scorso erano soltanto 3 le sedi aperte (Bergamo, Grumello e Trescore). Mentre ancora, nella notte tra domenica e lunedì il servizio risultava scoperto in tutta la provincia con, in sostituzione, medici che rispondevano al telefono da Brescia, Milano e Cremona, ecco che nel frattempo ci si rivolge altrove perché, spesso, al 116.117 che è il numero della guardia medica, non risponde nessuno. «Ho chiamato – spiega una signora della alta Valle Seriana –, mi ha risposto il disco chiedendo da dove chiamassi e, in attesa che mi girassero il medico disponibile più vicino, sono rimasta in attesa due ore. È assurdo».

Tanti, sempre più, chiamano invece il 112 o il 118. Per una fortunata coincidenza, da poco anche a Bergamo è attiva la Centrale medica integrata di Areu. «È la centrale su cui vengono girate alcune chiamate che arrivano al 118 – spiega Oliviero Valoti, direttore del 118 Bergamo –, quelle che dopo un primo triage vengono classificate in codice bianco o verde: un medico consiglia dove recarsi, oppure invia la prescrizione». Valoti parla di un «aumento di chiamate al 118, è evidente: senza guardia medica o addirittura senza medico di base, la gente cosa può fare? Ma occorre ricordare che noi operiamo nell’emergenza, nell’urgenza. Occorre risolvere al più presto questa crisi: serve rivedere la gestione operativa della continuità assistenziale».

Anche i pronto soccorso sono sul chi va là. «Gli accessi al pronto soccorso sono costantemente monitorati – spiegano dall’Asst Papa Giovanni XXIII – e all’utenza vengono date, ove possibile, risposte che permettano di non creare imbuti, per esempio invitando a contattare il 116 117 per richiedere assistenza, prestazioni o consigli sanitari non urgenti anche relativamente alla Guardia medica turistica». Informazioni che, «per il momento, hanno evitato di congestionare il servizio di pronto soccorso», spiegano. Anche dall’Asst Bergamo Est viene confermato un «lieve incremento di casi che può avere più cause. Proseguiamo nel monitoraggio attento dell’andamento dell’attività dei nostri pronto soccorso, come previsto dalle indicazioni regionali, condividendole con gli operatori direttamente impegnati sul campo».

12 ore per un’antitetanica

Ma in questa situazione c’è anche chi medico non è, eppure si vede interpellato su mal di gola e febbre. Sono i volontari delle associazioni di pubblica assistenza, delle varie Croci blu, rosse o verdi. «A Gromo – spiega Valerio Zucchelli della Croce Blu – la guardia medica non esiste più almeno da un anno e mezzo: molti entrano nella nostra sede a chiedere diagnosi che non possiamo ovviamente fare». Anche a Sarnico, alla Croce Blu Basso Sebino, la cui sede è a 4 metri da quella della guardia medica, stessa scena: «Ci chiamano al citofono – spiega il direttore Omar Presti –, sono disorientati, non sanno più a chi rivolgersi. Ci troviamo a dover portare gente al pronto soccorso e aspettare 12 ore per un’antitetanica. Ed è anche successo di avere una di queste persone arrivate perché volevano la guardia medica che, con un infarto in corso, abbiamo soccorso attivando il 112».

Terza categoria – dopo la catena dell’emergenza-urgenza e i volontari soccorritori – su cui la crisi della guardia medica riversa la sua pressione è quella dei medici specialisti. «Io sono neurologo – spiega uno di loro –, ma negli ultimi tempi ho molti pazienti che mi chiamano anche per questione di gastroenterologia o cardiologiche: non trovano la guardia medica, i medici di medicina generale sono pochi e oberati di lavoro, e mi ritrovo, come tanti altri colleghi, a fare il loro vicario».

Sulla carenza di medici di medicina generale e di medici di continuità assistenziale ieri l’assessore regionale al elfare Guido Bertolaso, rispondendo all’interrogazione presentata dal Consigliere Ivan Rota (Lombardia Migliore) ha detto: «Ho chiesto al ministro della Salute Orazio Schillaci di riprendere in considerazione il documento per risolvere le nuove modalità di coinvolgimento e di individuazione dei profili dei medici di famiglia, è necessario un intervento a livello governativo». E sui medici a gettone, in risposta all’interrogazione di Nicola Di Marco (M5Stelle): «È un tema che riguarda tutte le Regioni, non solo la Lombardia. La soluzione va individuata nell’incentivare il lavoro dei medici nelle professionalità più colpite dal fenomeno (psichiatria, assistenza ospedaliera e pronto soccorso) anche attraverso l’aumento degli stipendi. Su questi temi stiamo lavorando con il governo».

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