«Contro il Covid ora abbiamo le armi: 20 milioni di vite salvate con i vaccini»

L’intervista. Parla Alberto Mantovani, direttore di Humanitas. Sul New England Journal studio sugli «anticorpi primitivi»: ricerche con il «Papa Giovanni».

«La vicenda del Covid non è chiusa, ma siamo in una situazione decisamente migliore. Tre anni fa non avevamo nulla contro la pandemia, ora abbiamo gli strumenti per affrontarla». Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas e professore emerito di Humanitas University, tra i luminari della medicina italiana, intreccia il passato, il presente e il futuro della pandemia e delle sfide per la salute.

Rinnova l’appello ai fragili per la quarta o la quinta dose, riflette sugli «effetti indiretti» della pandemia, soprattutto coltiva continuamente la strada della ricerca: nei giorni scorsi, insieme a Cecilia Garlanda (Humanitas University) e al loro team, ha pubblicato sul «New England Journal of Medicine» (la più prestigiosa rivista scientifica) uno studio dedicato agli «anticorpi primitivi», le cui implicazioni mostrano una potenzialità sempre più crescente per la diagnosi e il trattamento di infezioni, patologie autoimmuni e neurodegenerative.

Per l’immediato futuro Mantovani ribadisce che va conservata una preoccupazione, «quella per i soggetti fragili, a cui va ribadito l’invito a vaccinarsi. I vaccini bivalenti, cioè l’ultima generazione di vaccini, inducono anticorpi che in misura significativa coprono tutte le varianti di Omicron che conosciamo, incluse quelle che hanno avuto recentemente l’attenzione dei media. Nello scenario futuro è auspicabile un richiamo annuale insieme all’antinfluenzale»

Scenario di ottimismo

Con la pandemia si è attraversato un periodo difficilissimo, rimarca Mantovani: «Le stime più attendibili parlano di 15 milioni di morti nel mondo. La situazione attuale, grazie ai vaccini e grazie al fatto che il virus è circolato dando un po’ di immunità naturale, è infinitamente migliore. Solo nel primo anno di campagna, i vaccini hanno salvato 19,8 milioni di vite: un impatto straordinario. Lo scenario globale ci fa essere ottimisti. La vicenda della pandemia non è chiusa, ma abbiamo gli strumenti per affrontarla».

Per l’immediato futuro Mantovani ribadisce che va conservata una preoccupazione, «quella per i soggetti fragili, a cui va ribadito l’invito a vaccinarsi. I vaccini bivalenti, cioè l’ultima generazione di vaccini, inducono anticorpi che in misura significativa coprono tutte le varianti di Omicron che conosciamo, incluse quelle che hanno avuto recentemente l’attenzione dei media. Nello scenario futuro è auspicabile un richiamo annuale insieme all’antinfluenzale».

Molecole come «prima linea» di difesa

La ricerca, intanto, non si ferma: è recentissima la pubblicazione di uno studio di Humanitas sugli «anticorpi primitivi» sul New England Journal of Medicine: Mantovani spiega che è un

« lavoro di ricerca su quella che è la “prima linea” di difesa, costituita da un certo numero di molecole che si comportano come anticorpi. Questa “prima linea” è quella che dà il segnale d’allarme alla risposta adattativa per oltre il 90-95% dei microbi. Finora non c’è stata una comprensione completa di questi antenati degli anticorpi. La diagnostica delle malattie infettive, incluso il Covid-19, si basa però su molte di queste molecole. Grazie a degli studi fatti anche all’ospedale di Bergamo, insieme al professor Alessandro Rambaldi (direttore dell’Unità di Ematologia e del Dipartimento di Oncologia ed Ematologia del “Papa Giovanni”, ndr) e altri medici, abbiamo definito come queste molecole possano costituire un indicatore prezioso».

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