Alpinismo in lutto per la scomparsa di Augusto Azzoni

L’ULTIMO SALUTO. Era nel Club Alpino Accademico Italiano.

Sono stati celebrati venerdì 26 aprile al tempio votivo di Bergamo i funerali di Augusto Azzoni, figura molto nota nel mondo dell’alpinismo bergamasco. Azzoni, di professione geologo, è morto all’età di 65 anni a causa di una grave malattia che lo aveva colpito. Lascia la moglie Piera Bagini e i tre figli Francesco, Giacomo e Alessandro, rispettivamente di 25, 23 e 21 anni. Viveva in città, in via Nullo, dopo essere cresciuto in Città Alta. Tra i numerosi partecipanti al funerale - celebrato al Tempio Votivo da don Roberto Cividini, collaboratore parrocchiale della parrocchia di Sant’Antonio da Padova a Valtesse, suo amico sin dai tempi della scuola – c’erano le persone che l’hanno conosciuto sia nel mondo professionale, sia nel mondo dell’alpinismo.

«Ha lavorato come geologo, per anni all’Ismes (Istituto sperimentale modelli e strutture), finché l’istituto ha avuto la sede a Bergamo, poi come libero professionista, collaborando con tanti Comuni della Val Brembana e dalla Valtellina, ma anche con la Provincia di Bergamo – ricorda Maria Pia Bagini, sorella della moglie –. Era molto competente e preciso, ma al contempo umano e sempre disponibile. Ha lavorato sino all’ultimo, facendosi aiutare dalla moglie». La malattia l’aveva senza dubbio segnato. «Anche negli ultimi tempi usciva spesso per camminare, soffriva per il decadimento fisico che stava vivendo», prosegue Bagini.

La passione per l’alpinismo era nata prestissimo. «Nel 1980 partecipò alla spedizione del Cai Bergamo sul Pukajirka, in Perù – racconta Alessandra Gaffuri, compagna di tante salite –. L’anno successivo ha partecipato a quella sul Nanga Parbat, in Pakistan: lì per poco non ha raggiunto la vetta e durante la discesa ha subito un congelamento ai piedi che comportò l’amputazione delle dita. Ha ripreso comunque a camminare e ha vissuto tante salite, come la Patagonia e lo Yosemite». Per i suoi meriti sportivi, nel 1989 Azzoni era stato ammesso nel Club alpino accademico italiano ed è stato presidente del gruppo centrale.

«Negli ultimi anni ha sempre praticato l’arrampicata e lo sci alpinismo – prosegue ancora Gaffuri –. Quando andavo ad arrampicare, la sua presenza dava sicurezza e tranquillità in ogni momento: era una garanzia su cui poter contare. Era ben voluto e amato da tutti».

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