Sulle riforme
è l’ora dei fatti

Nel suo intervento alle Camere per la presentazione del programma di governo, Mario Draghi ha tra l’altro affermato che gli investimenti che scaturiranno dal «Piano nazionale di ripresa e resilienza» non garantiranno un innalzamento duraturo del ritmo di crescita se non saranno accompagnati da riforme che sciolgano i nodi che frenano lo sviluppo e gli investimenti privati. Ha, poi, fatto esplicito riferimento alle riforme della Pubblica Amministrazione, del fisco e della giustizia, da tempo richiesteci dall’Europa e tutte funzionali ad agevolare un processo di crescita. Ha anche affermato, però, che si aspetta un apporto concreto e fattivo da parte del Parlamento, tenuto conto che accanto alle riforme da lui annunciate ve ne sono altre da realizzare, tutte di stretta competenza parlamentare.

Il referendum del 2020 - che ha stabilito la riduzione dei Parlamentari da 600 a 400 e dei Senatori da 315 a 200 - rende necessari il cambiamento della legge elettorale, che è il contrappeso più importante alla riduzione dei parlamentari, e alcune «correzioni» costituzionali indispensabili per il corretto svolgimento della prossima legislatura. Sul tipo di sistema elettorale da adottare il dibattito è ancora aperto tra proporzionale e maggioritario e, per il momento, sono state solo ridefinite le circoscrizioni elettorali. Al riguardo occorrerà tenere presente che la Consulta ha giudicato incostituzionali - in quanto ritenute «alterazioni della rappresentanza democratica» - le liste bloccate e l’attribuzione del premio di maggioranza. Vi è poi, come detto, la necessità di alcune «correzioni» costituzionali. Riducendosi il numero dei parlamentari, si rende necessaria anche la modifica dell’art.83 della Costituzione, per la riduzione da tre a due dei delegati per regione. Una terza riforma Costituzionale (art. 57) si impone per la sostituzione della base «regionale», prevista per l’elezione del Senato, con quella «circoscrizionale», onde evitare che in alcune regioni anche il terzo partito per voti ricevuti rischi di non eleggere senatori. Si rende indispensabile anche una riforma dei Regolamenti parlamentari, solo avviata, per garantire il pluralismo nella composizione delle «Commissioni» e per assicurare tempi certi alle iniziative del governo.

Vi sono, poi, alcune riforme già avviate che andrebbero completate, come quella, che ha già ottenuto la prima delle quattro votazioni, che introduce il «referendum propositivo» come importante forma di democrazia diretta. Inoltre, la Commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama ha già dato il via libera alla riforma dell’art. 58 per uniformare l’elettorato attivo e passivo per Camera e Senato (18 e 25 anni). Questa riforma, dando vita ad un «Bicameralismo perfettissimo», potrebbe anche suggerire l’opportunità di differenziare i compiti tra Camera e Senato, con la costituzione del «Senato delle Regioni».

Non si potrà infine non tener conto che la burrasca pandemica, oltre ad aver reso evidenti le gravi inefficienze del sistema sanitario, ha ulteriormente esasperato i già palesi «conflitti di attribuzioni di poteri» tra Regioni e Stato e che esiste una forte pressione delle regioni del Nord per ottenere maggiori autonomie. Tutto ciò ha da tempo alimentato un dibattito incentrato sull’opportunità di una ridefinizione della stessa architettura istituzionale. In proposito c’è chi si è spinto, come l’ex segretario del Pd Zingaretti, fino al punto da auspicare un largo accordo per una riforma «federalista», che darebbe finalmente vita ad un organico processo riformatore, ormai da molti anni allo stesso tempo continuamente atteso e contrastato. Protagonista di questo accordo dovrebbe essere proprio Matteo Salvini, nato politicamente ai tempi in cui Gianfranco Miglio, sostenitore di un’Italia federale nell’ambito di un’Europa federale, pensava ad un «federalismo fiscale, con la destinazione dei tributi laddove la ricchezza fosse stata effettivamente prodotta, ma tenendo conto di una quota destinata a finalità di redistribuzione territoriale».

Aprire ad una stagione di riforme così ambiziosa dovrebbe essere uno degli obiettivi primari per un Parlamento che con una larga maggioranza sostiene l’attuale governo.

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