L’Europa in lockdown
L’Italia sia prudente

Se sul fronte Covid in Europa il contagio galoppa, in Italia rimane nella norma e racconta una realtà tutto sommato sotto controllo, quanto meno gestibile negli ospedali. Questo nemico infernale continua a galoppare da Parigi a Praga, l’età media dei positivi è di nuovo aumentata con seri rischi per le fasce d’età più deboli. Nel nostro Paese i casi viaggiano sulle 1.500 persone positive al giorno, tenendo conto del saliscendi di tamponi (sabato erano 83 mila, domenica 103 mila). Nell’ultimo mese i contagiati risultati positivi oscillavano in media tra i mille e i 2 mila casi. Quanto ai decessi, finora sono sotto ai venti al giorno, anche se sabato scorso le morti sono state 24. Si registra anche un lieve aumento dei ricoveri: gestibile, come abbiamo detto (le persone in terapia intensiva sono 222). Una situazione tedesca, o polacca, potremmo dire. Perché nel resto dell’Unione (dove ci sono stati finora oltre 200 mila vittime) la situazione è nettamente più grave e si parla apertamente di seconda ondata. La Spagna ha un tasso di malati 10 volte superiore all’Italia, ma è soprattutto la Francia che preoccupa, con 10 mila positivi al giorno. Un dipartimento su due è stato dichiarato «zona rossa».

La situazione non è buona nemmeno nei Paesi del Nord: Belgio (1.200 contagi al giorno), Olanda, Austria e Ungheria. L’Inghilterra teme un nuovo picco e persino in Svizzera i contagi sono cresciuti in modo esponenziale. Il Regno Unito in particolare potrebbe tornare a ottobre a un livello di 50.000 contagi da coronavirus al giorno (contro i 3.900 di domenica scorsa) e di 200 morti quotidiani se il rimbalzo dei casi non verrà fermato nelle prossime ore. Nel bollettino di guerra non manca la Repubblica Ceca, che registra un’impennata simile alla Francia (il governo ha proclamato lo stato d’emergenza e il ministro della Sanità Adam Vojtech si è addirittura dimesso). La lista si allunga se prendiamo in considerazione Romania e Montenegro. La Svezia ha una situazione simile all’Italia anche se come è noto non è mai stata in regime di lockdown (forse il mistero si spiega con la minore densità demografica e le distanze infinitamente più ampie che nella Penisola).

Dunque, per concludere, l’Italia sta meglio di altri Paesi, ma non è assolutamente il caso di cantare vittoria. La situazione – Dio non voglia – potrebbe rovesciarsi in pochi giorni, vista l’altissima capacità e velocità di contagio del Covid. Serve ancora grande prudenza; anche, come ha detto il ministro Speranza «per non vanificare i sacrifici fatti finora».

Dall’Organizzazione mondiale della sanità non arriva nessuna buona notizia, anzi. La situazione della pandemia in Europa «è molto grave, i casi settimanali hanno superato quelli segnalati quando il contagio ha raggiunto per la prima volta il picco a marzo». Lo ha detto qualche giorno fa il direttore dell’Oms Europa, Hans Kluge, che fotografa la lotta al Covid-19 come una battaglia che ora si rischia di perdere: «La scorsa settimana, il conteggio settimanale ha superato i 300 mila contagi. E più della metà dei Paesi europei ha segnalato un aumento dei casi superiore al 10 per cento nelle ultime 2 settimane».

Se guardiamo oltre il cortile di casa nostra il quadro è addirittura drammatico: si rischia di perdere questa battaglia finché non arriveranno i vaccini. Anche in Italia la chiusura delle frontiere non è certo a tenuta stagna, dunque l’imperativo è non abbassare la guardia. Certo, rispetto a marzo oggi l’Europa possiede una migliore capacità di testing e di gestione terapeutica e – soprattutto – le statistiche includono anche gli asintomatici. Ma non illudiamoci. Siamo nell’occhio del ciclone, dove come è noto regna la calma apparente ma tutto può rivelarsi effimero.

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