Le truppe in Ucraina ma Macron non convince

MONDO. Da febbraio, a intervalli regolari, il presidente francese Emmanuel Macron pungola i colleghi europei con l’idea di mandare truppe in Ucraina.

E il 2 maggio, facendosi intervistare dal settimanale inglese «The Economist», cioè parlando a un pubblico anglosassone che sa sensibile a certi richiami, non ha mancato di riproporre il tema, dicendo che «il nostro obiettivo è che la Russia non possa mai vincere in Ucraina» e che «se la Russia sfondasse in prima linea e se ci fosse una richiesta ucraina, cosa che per ora non avviene, dovremmo legittimamente porci la domanda», cioè se inviare o meno in Ucraina soldati dei diversi Paesi europei. Macron ha aggiunto anche altre considerazioni: che impedire alla Russia di vincere è l’unico modo per impedirle, poi, di invadere altri Paesi come i Baltici, la Polonia, la Romania, la Moldavia; che i leader europei hanno già cambiato molte idee in questi due anni, fornendo armi sempre più potenti agli ucraini come non era previsto all’inizio; e che la Francia ha già fatto operazioni di questo tipo nel Sahel su richiesta dei Governi interessati.

A Macron va dato atto di un certo coraggio, forse collegato al fatto che, non potendo comunque correre per un terzo mandato presidenziale, si sente politicamente più libero. E non sfugge a nessuno che dietro le sue prese di posizione c’è la perenne volontà (siamo tra l’altro in epoca di elezioni europee) di riportare la Francia al centro della Ue, dove il crollo dell’asse franco-tedesco ha creato un vuoto di influenza e potere che per ora nessuno riesce a colmare.

E fin qui tutto normale. È però nella sostanza che la sua idea non convince. E non solo noi, da sempre convinti che la guerra andava spenta il prima possibile, ma anche il resto dei leader europei. Proprio per quel che dice Macron stesso. Da quando la Russia ha aggredito l’Ucraina, il 24 febbraio del 2022, i Paesi europei hanno pian piano aumentato l’impegno, arrivando ora a sdoganare i cacciabombardieri e le armi atte a colpire il territorio russo. Nel frattempo, Usa, Ue e alleati hanno investito nella resistenza ucraina, tra armi, aiuti umanitari e sostegni finanziari, una cifra totale vicina ai 300 miliardi di dollari. Per non parlare dell’assistenza Nato: è un segreto di Pulcinella il fatto che essa già da tempo operi in Ucraina. Questa escalation ha prodotto i risultati sperati? Non sembra, se siamo ridotti a temere uno sfondamento da parte dei russi.

Questo stato di cose (non per la situazione al fronte, ancora recuperabile, ma per la strategia politica) potrebbe essere rovesciato in un solo caso: e cioè sei Paesi Ue e la Nato entrassero in guerra contro la Russia. Ma non è questo che propone Macron, e di sicuro non è ciò che vogliono gli altri: non gli Usa, non la Ue, non la Nato. La controprova sta negli esempi che il presidente francese avanza. Lui dice che la Russia, se vincesse in Ucraina, invaderebbe altri Paesi, che sono tutti nella Nato. Ma proprio se vincesse in Ucraina, raggiungendo cioè l’obiettivo dell’aggressione, perché la Russia dovrebbe dichiarare guerra alla Nato? Gettarsi nello scontro con un insieme di Paesi che, prima di questa guerra, già contavano per il 57% di tutte le spese militari del pianeta?

E poi Macron cita con orgoglio gli interventi francesi nel Sahel. Ma proprio in Africa un numero crescente di Stati (Niger, Mali, Burkina Faso, Ciad, Gabon) si sta rivoltando contro la presenza francese, che quindi non può essere presa a felice esempio. In definitiva, le parole di Macron confermano che sia la Russia che l’Europa, non accettando di porre fine alla guerra il prima possibile, si ritrovano ora in un vicolo cieco da cui si può uscire solo con la vittoria. Purtroppo né l’una né l’altra sanno come ottenerla né sanno che cosa sia ciò che, sui campi dell’Ucraina, si potrà chiamare vittoria.

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