L’Atalanta saprà voltare pagina: è sempre successo dopo le sconfitte (il rinvio, l’Uefa, i tifosi: cosa insegna la nevicata)

Le partite secche sono fatte così. L’Atalanta batte Juventus e Napoli ed è in corsa scudetto, il Villarreal è 13° in Liga, non vince mai. Eppure arriva a Bergamo, fa l’impresa, passa agli ottavi di Champions League e condanna l’Atalanta, dopo una partita vinta con pienissimo merito, ai sedicesimi di Europa League. Niente da dire: le partite secche sono fatte così, ribaltano i valori, squadre che stanno male tirano fuori tutto quel che hanno, squadre sulla carta favorite magari inciampano. Quel che ha fatto il Villarreal qui l’ha fatto l’Atalanta in casa dello Shakhtar, l’ha rifatto l’Atalanta in casa dell’Ajax. A volte sei martello, altre sei incudine. Si cade in piedi o quasi, comunque. Perché il pareggio dello Young Boys a Manchester (nonostante il Manchester…) garantisce all’Atalanta di proseguire la sua quinta avventura europea consecutiva.

Sarà Europa League, competizione con la quale l’Atalanta ha conti da regolare, e non pochi. Ci sono quei sedicesimi di finale contro il Borussia Dortmund che ancora non abbiamo digerito, ci sono i rigori di Copenhagen. Sembra una vita fa. Ma quel che solo cinque anni fa sembrava un sogno, non può essere considerato una «diminutio» adesso.

Non è la Champions, ma resta grande calcio. Resta quell’Europa inseguita per trent’anni senza mai centrarla, quell’Europa che per vedere l’effetto che fa si organizzavano scampagnate estive. Per cui certo, la sberla è potente e si fa sentire, ma in Champions League non ci sono partite facili, nemmeno contro lo Young Boys. Il rammarico va più ai punti buttati a Berna, forse, che non a questa bastonata. Ora sarà quel che sarà: lo dirà l’urna dell’Uefa lunedì prossimo. Ci sarà tempo per analizzare, commentare, prevedere quel che potrà accadere sul cammino dell’Atalanta. Prima, c’è il Verona da battere per andare oltre la Champions, per continuare la straordinaria corsa che l’Atalanta sta facendo in campionato: Napoli era solo una manciata di giorni fa, impossibile dimenticare, impossibile credere ora che il libro si sia chiuso perché stiamo dicendo addio - o, speriamo, arrivederci, alla Champions League.

Questo è l’aspetto che più di tutti deve rincuorare: le sconfitte - poche, ma potenti - non hanno mai scoraggiato questa squadra. Non lo fu Dortmund, perché poi arrivò un settimo posto. Non lo fu Copenhagen, perché poi cominciò tutto il resto, la rincorsa alla Champions. Non lo furono le due finali di Coppa Italia perse nella maniera che tutti ricordiamo.

Il progetto dell’Atalanta va oltre le partite singole, perché guarda avanti, perché programma. Lo dimostra il rinnovo di contratto di Gasperini, fresco di stampa. Lo dimostrano le indiscrezioni, sempre più solide, sul fatto che a gennaio l’Atalanta rilancerà sul mercato con un investimento importante per rinforzare l’attacco. Ecco, forse qui si può innestare un ragionamento: non di solo attacco vive il calcio, e magari un occhio ai difensori sulla piazza sarebbe anche da buttare. Se non per subito, per giugno. Perché con 13 gol subiti in un girone qualificarsi diventa davvero complicato.

Tutto il resto lo vedremo, lo racconteremo. Perché niente è finito contro quel palo di Muriel, niente è finito dietro i gol del Villarreal. C’è ancora l’Atalanta, e Bergamo è in piedi ad applaudirla.

Intanto, la vicenda della partita rimandata ha segnato una sconfitta soprattutto per l’Uefa e i suoi protocolli a rigidità variabile. Rigidissimi se si tratta di levare i teloni da un campo tre ore prima della partita (pare soprattutto per esigenze tecniche delle tv), anche se su quel campo sta per scatenarsi una bufera di neve prevista da circa una settimana da tutti i servizi meteo, affidabili e non. La nevicata su Bergamo nella sera dell’8 dicembre 2021 era un punto fermo nella storia della meteorologia. Eppure, tre ore prima e nel momento esatto in cui si scatenava l’inferno, qualche maresciallo dell’Uefa ha dato l’ordine: si tolgano i teloni. E un campo arrivato perfetto alle 18 è stato investito dalla nevicata, rendendo vani i tentativi di rendere decente il terreno di gioco. La stessa rigidità sui protocolli è stata applicata poi per la fissazione dell’orario del recupero. 16.30 e stop, perché per l’Uefa è inviolabile il principio in forza del quale le competizioni non si devono sovrapporre. Dopodiché, però, si gioca alle 19.

Dice il tifoso medio: l’Uefa è la stessa che, di fronte alla bufera della Super League, ha alzato i muri sostenendo che il calcio è della gente, eccetera. Poi però fissa un orario che è il contrario di quel che dice il buon senso, e soprattutto il contrario dell’interesse del tifoso, che di giovedì, alle 16,30, mediamente lavora. Obiezione: ma quel campo avrebbe pregiudicato lo spettacolo e l’incolumità dei giocatori. Contro-obiezione: in dicembre si gioca su campi anche peggiori, soprattutto dalla Svizzera in su. Può essere che le due squadre preferissero giocare su un campo in buone condizioni anziché su quel fondo ricoperto da qualche centimetro di nevischio. E ci sta, per carità.

Ma allora, cosa insegna questa vicenda? Insegna che della gente importa pochissimo, a tutti. Che lo spettacolo, e il business conseguente, viene prima di tutto. Che l’interesse per il risultato viene prima – moltissimo prima – della probabilità di raggiungerlo grazie a un campo migliore. Che l’istituzione del calcio tutela se stessa e le sue regolette molto più della gente che il calcio attrae a sé grazie alla passione. Che quella passione è utile in quanto motore della “spesa”, in quanto portatrice di denari che passano dalle tasche dei singoli ai bilanci delle società per biglietti, abbonamenti, prodotti televisivi, merchandising dalla maglietta alla mutanda. Tutto bello, tutto già sotto gli occhi di tutti da tempo. C’è voluta la bufera dell’8 dicembre per renderlo palese, per dare una spolverata alla retorica stantia dei “nostri tifosi sempre al primo posto”. Non gliene importa nulla, e la verità è questa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA