Per le calze Bresciani nuovi mercati in Africa

IN AZIENDA. La realtà di Spirano punta forte sull’artigianalità dei capi. Export in 43 Paesi, Usa top.

La bravura artigianale del calzificio Bresciani arriva a soddisfare le richieste più disparate, tra cui quelle di sei presidenti dell’Unione Europea oltre a un monarca (per ragione di privacy l’azienda non può ovviamente dare indicazioni più precise, ma il dato è accertato) che ordinano le calze proprio dai produttori di Spirano. Un lavoro artigianale, quello di realizzare calzini (per il 97%) da uomo che va avanti dal 1970, quando il fondatore, Mario Bresciani, ha dato inizio all’attività che è oggi portata avanti dalla seconda generazione, i figli Massimiliano e Fabio.

«A noi piace dire che siamo un grande artigiano, facciamo infatti ancora dodici passaggi manuali – ha esordito il presidente Massimiliano Bresciani in apertura all’iniziativa «2 ore in azienda» organizzata in collaborazione con Confindustria Bergamo, a cui ha fatto seguito la visita ai reparti produttivi. «Un progetto che permette alle imprese di raccontarsi, confrontarsi, conoscersi, far vedere che cosa hanno fatto e cosa potrebbero fare e per fare sistema» ha sottolineato il vice presidente della Piccola industria, Matteo Assolari.

La sfida ai giganti del lusso

La sfida per gli artigiani di Spirano che contano un organico di 29 dipendenti e un fatturato di 3,2 milioni di euro (in crescita del 10% al primo trimestre di quest’anno) è proprio quella di riuscire ad operare in un contesto fatto di grandi brand del lusso.

Il calzificio lancia la prima calza a marchio Bresciani nel 1980, ma continua a lavorare soprattutto per conto terzi: «Ci confrontiamo e collaboriamo con i giganti della moda e questo non è semplice da gestire – ha detto Bresciani –, lavorare con loro significa che è già tutto schedato e bisogna solo seguire le indicazioni». I gruppi con cui collabora il calzificio sono ormai tutti di proprietà francese anche se sono composti da team per la maggior parte italiani: «Il beneficio delle aziende italiane sta andando all’estero – ha rimarcato il presidente –. Prima hanno acquistato i marchi e adesso vogliono assicurarsi la filiera. Al tempo stesso è per noi indispensabile collaborare con loro perché richiedono standard qualitativi molto alti che ti consentono di rimanere nel mercato». Durante il fermo imposto dalla pandemia è nata l’idea di rinfrescare il marchio e aprire il sito di e-commerce. Resta sul tavolo l’idea di investire in un piccolo punto vendita ma per farlo è necessario ampliare l’offerta prodotto per sostenere i costi.

Oltre cento filati diversi

Basta fare un passo all’interno del sito di produzione per rendersi conto di cosa significa la qualità del made in Italy. A cominciare dal magazzino che è un’esplosione di colori, e che conta oltre 100 filati diversi (dalla seta, al cotone, al kashmir e fino alla lana). «Si lavora con rocche già tinte con temperatura a umidità costante – ha spiegato Massimiliano – il filato viene nella maggior parte dei casi lavorato e filato in Italia e anche le tintorie sono per la maggior parte italiane». Al calzificio Bresciani vengono prodotti circa 360mila calzini all’anno. Ancora uno tra i pochi a vantare di avere l’intero processo produttivo in Italia. Con una percentuale di export dell’83%, vende in 43 paesi: il mercato di punta sono gli Usa, seguiti dall’Europa.

Le frontiere dell’export

È recente la firma di un contratto di distribuzione in Cina così come l’apertura a nuovi mercati come l’Africa. Oltre venti le operaie che con grande precisione affiancano le macchine dall’inizio alla fine del ciclo produttivo: «Abbiamo 18 macchine (le più innovative, ndr) in grado di realizzare la chiusura della punta in modo automatico e 18 che sono fatte ancora con il metodo manuale dalle operaie, a cui segue la sistemazione dei piccoli difetti o la finitura a mano» ha mostrato Bresciani. È degli ultimi due anni l’ingresso in organico di sette nuove leve che hanno garantito anche un ricambio generazionale all’azienda. Vi è poi il reparto di lavaggio e asciugatura per testare la solidità del colore e il restringimento. Dopo che le calze vengono stirate e appaiate si passa alle fasi finali: la realizzazione del fiocchetto, il marchio e l’etichetta, fino al confezionamento.

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