Evasione fiscale, i dati dei sindacati
Bergamo provincia «a medio rischio»

I sindacati riaccendono i riflettori sul problema dell’evasione fiscale che continua ad essere irrisolto. Per Cgil, Cisl e Uil una riduzione strutturale dell’evasione porterebbe a una corretta redistribuzione della ricchezza prodotta, evitando di colpire prevalentemente, come accade oggi, i redditi fissi.

Se infatti si portasse il livello italiano di evasione fiscale a quello francese o tedesco si avrebbero benefici, rispettivamente, per 65 e 80 miliardi di euro all’anno, una cifra enorme che viene sottratta alla collettività e che, se recuperata, permetterebbe di rilanciare lo sviluppo e di ridurre le tasse che gravano sui cittadini e sulle imprese.

Secondo una stima, l’evasione ammonta a 180 miliardi euro, 60 miliardi in più di Francia e Germania. E l’87% dell’Irpef è pagata da lavoratori dipendenti e pensionati. Tuttavia 600 mila soggetti hanno un patrimonio finanziario superiore a 500 mila euro e il 60% di questi è un lavoratore autonomo. Quanto alla fedeltà fiscale - secondo i sindacati - gli autonomi dichiarano circa la metà del loro reddito e coloro che vivono di rendita meno del 20% del loro reddito. Va ricordato che gli evasori usufruiscono dei servizi pubblici (sanità, scuola, forze di polizia, trasporti, servizi sociali) che sono pagati dai contribuenti onesti.

Tracciabilità dei pagamenti, trasmissione telematica dei corrispettivi e contrasto di interessi tra venditore e compratore sono alcuni dei capisaldi della ricetta sindacale. Ma occorrono anche più controlli e sanzioni.

La Cgil di Bergamo e l’Ires hanno elaborato proprio nelle scorse settimane una ricerca sul problema che «produce un ammanco nel bilancio dello Stato, minando la sua capacità di erogare servizi» e comporta «una disparità di trattamento tra individui con pari capacità contributiva». Secondo le stime, la tassa più evasa è l’Irpef, l’imposta sul reddito, pagata da autonomi e imprenditori: il 63% del dovuto, cioè circa 32-33 miliardi di euro, non arriva al fisco. Più evasa ancora è l’Iva, l’imposta sugli scambi di beni e servizi (ogni anno 35 miliardi di euro di Iva non vengano versati).

La ricerca ha elaborato un indice di «rischio di evasione» che si basa sulla discrepanza tra reddito dichiarato e livello di benessere. I risultati ottenuti hanno consentito di individuare tre gruppi di province in Lombardia: quelle ad elevato rischio di evasione (Brescia, Sondrio, Como, Varese e Mantova), quelle a rischio di evasione intermedio (Bergamo, Cremona e Pavia) e quelle a contenuto rischio di evasione (Milano, Monza-Brianza, Lecco e Lodi).

La provincia di Bergamo presenta livelli non molto elevati del rischio di evasione, anche in virtù della forte incidenza del valore aggiunto da attività manifatturiere, accompagnata dalla bassa percentuale di ricchezza (al confronto con le altre province lombarde) prodotta dal settore dei servizi e dall’agricoltura. Anche i Comuni danno il loro contributo alla lotta all’evasione ma le cifre sono esigue. In dieci anni (febbraio 2009-aprile 2019) sono state accertate somme evase per 109 milioni. Il Comune di Bergamo è comunque quarto, tra i virtuosi, con 4,8 milioni di euro accertati.

La Cisl ha di recente rilanciato il progetto di legge di iniziativa popolare «Per un fisco più equo e giusto», che punta da un lato «alla riduzione della pressione fiscale sui contribuenti», dall’altro ad introdurre una imposta ordinaria sulla ricchezza netta mobiliare ed immobiliare, con l’esclusione della prima casa e dei titoli di Stato e soglia di esenzione entro i 500 mila euro. La Cisl considera inoltre cruciale introdurre anche un meccanismo di contrasto di interessi fra acquirenti e venditori, attraverso il riconoscimento all’acquirente di detrazioni sulle spese relative a beni e servizi.

E dato che l’attuale sistema di detrazioni fiscali per soggetti con familiari a carico sembra avvantaggiare soprattutto i livelli di reddito più elevati, la Cisl sollecita anche una sua revisione.

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