Alice Vitali, a Berlino per battere il neuroblastoma infantile

LA STORIA. Da Berbenno è volata a Londra per 3 anni. Ora in Germania per un dottorato in Oncologia pediatrica: «Una scelta desiderata ma non è facile vivere all’estero».

Alice Vitali, 28 anni di Berbenno, ha frequentato il liceo scientifico Lussana per poi studiare Biotecnologie all’università Bicocca di Milano e completare la magistrale in Pharmaceutical Biotechnologies a Padova. Dopo la laurea la scelta di partire per l’estero ha condotto Alice a Londra dove, all’Ucl Institute of Child Health, ha iniziato a lavorare sulla terapia Car-T, un’innovativa metodologia in campo onco-ematologico basata sui linfociti T, un particolare tipo di globuli bianchi del nostro sistema immunitario.

L’oncologia pediatrica

«Viene effettuato un prelievo di cellule dal sangue del paziente per estrarne i linfociti – spiega Alice Vitali –: una volta terminatone l’isolamento, questi specifici globuli bianchi iniziano un processo di ingegnerizzazione che introduce nei linfociti il recettore chimerico sintetico Car capace di riconoscere le cellule tumorali. A questo punto, i linfociti Car-T possono essere infusi nel sangue del paziente dove potranno riconoscere, attaccare e distruggere le cellule tumorali».

Tre anni a Londra

Dopo tre anni a Londra Alice sceglie di partire per svolgere un dottorato in Oncologia pediatrica alla Charité Universitätsmedizin di Berlino focalizzandosi in particolar modo sul neuroblastoma infantile. Da Berbenno a Londra e Berlino, tenendo come fil rouge la passione per la ricerca e un contesto di metropoli urbana. «Nonostante lo stile di vita frenetico mi piace tantissimo vivere in una grande città – commenta Alice –: mi trasmette l’idea di avere tante opportunità, poter imparare qualsiasi cosa a qualsiasi età. Londra e Berlino sono entrambe città molto giovani, ma al contempo realtà in cui non c’è un’età limite per nulla».

Una scelta desiderata ma non sempre facile che ha portato con sé tante sfide: «Il primo impatto a Berlino non è stato come mi aspettavo – rivela Alice –: quella che mi immaginavo come una città internazionale e avanzata, si è rivelata in realtà ai miei occhi una metropoli piuttosto fredda e chiusa. Vivere in Germania non è facile, mi sono sentita persa a causa di una burocrazia complessa rispetto all’esperienza di Londra con una burocrazia molto più agevolata e un clima di supporto. Qui ho percepito una mancata efficienza e, di conseguenza, un ideale crollato: in Italia abbiamo una visione della Germania molto idealizzata, ho scoperto che non corrisponde al reale e ciò all’inizio mi ha spiazzato».

Abbattere i pregiudizi

Questa esperienza ha permesso ad Alice di riconoscere che troppo spesso viviamo di pregiudizi nei confronti di persone e culture: «È bello e sfidante scontrarsi con questi pregiudizi e smontarli, ci si rende conto di non dover mai giudicare nulla se non lo si vive direttamente».

Un’esperienza che ha reso Alice flessibile e in grado di adattarsi a ogni contesto: «Mi sono trasferita un po’ di volte: Padova, Londra e ora Berlino ricominciando sempre da capo in luoghi dove non conoscevo nessuno – racconta –: questo non è stato sempre facile, a volte mi sono sentita sola. Tuttavia sono scelte che ho preso in funzione di un obiettivo maggiore ed è proprio questo obiettivo il motore per superare la nostalgia di casa».

Berlino, non è tutto oro...

La tecnologia e i voli low-cost rendono più facilmente sopportabile la distanza da famiglia, amici e dal fidanzato Stefano, conosciuto durante il tirocinio a Londra. «Ci siamo conosciuti a Londra, lui è tornato in Italia e io sono partita per la Germania – spiega –: all’inizio è stato complesso trovare un equilibrio, ma stiamo entrambi facendo un percorso di crescita e ci supportiamo a vicenda».

Il futuro ancora incerto

Rispetto al futuro Alice non ha una scelta predefinita e si lascia aperte varie possibilità: «Sicuramente non voglio rimanere in Germania, non fa per me, però vedo un futuro aperto. Da un lato vorrei rientrare in Italia perché ci sono molte cose che mi mancano, ma mi piacerebbe molto anche tornare a Londra».

Affetti lontani ma «vicini»

Durante i vari spostamenti la vita di Alice si è intrecciata con quella di persone provenienti da Paesi diversi con cui ha stretto amicizie che si protraggono fino ad ora: «Tengo molto all’amicizia, mi è sempre piaciuto il fatto di poter conoscere belle persone che possono diventare parte della mia cerchia e arricchirmi, cerco sempre di tenere i contatti costruiti sparsi per l’Europa».

L’ambiente internazionale

Da casa Alice riceve quotidianamente grande supporto e incoraggiamento verso la sua determinazione a raggiungere gli obiettivi che si è preposta: «I miei genitori mi hanno supportato sempre, mia mamma è brasiliana e anche lei in passato ha vissuto vari periodi all’estero, l’abbiamo un po’ nel Dna». Alice si è confrontata con la lingua tedesca per la prima volta a Berlino e, se per vivere in città questo non è stato un ostacolo in quanto tutti parlano fluentemente inglese, per alcuni settori ha costituito una barriera importante inizialmente.

«Quanto è bella l’Italia»

Sul lavoro, ad esempio, trovandosi a essere l’unica straniera in un team locale, era spesso facile per i colleghi dimenticarsi di parlare inglese, escludendo in questo modo Alice dalla conversazione. «I rapporti con i tedeschi rimangono sempre a livello di cordialità, sono molto freddi rispetto a noi – spiega la ragazza –: ho conosciuto persone internazionali con cui ho stretto amicizie, ma con i nativi è molto più complesso e lungo, non si fidano a primo impatto». Un’esperienza fatta di scoperte e contrasti che ha portato Alice a riconsiderare le proprie opinioni e a guadagnare una nuova visione sulla vita. «Da quando vivo all’estero ho rivalutato molto l’Italia: se della Germania abbiamo una visione idealizzata, dell’Italia abbiamo una visione che potremmo definire de-idealizzata – spiega Alice –: pensiamo sempre l’Italia sia carente in tutto, mi sono accorta solo qui che il nostro Paese è invece bellissimo, dovremmo valorizzarci di più perché purtroppo non lo facciamo mai».

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