Bossetti affranto e chiuso in se stesso
Al legale: «Non mi aspettavo l’ergastolo»

Chiuso in se stesso, affranto per l’esito di una sentenza che non s’aspettava, annichilito da quella pena accessoria che potrebbe in futuro negargli la patria potestà sui figli, l’unica cosa per la quale tira avanti, come ha confidato al suo avvocato Claudio Salvagni.

Chi ha avuto modo di vedere Massimo Bossetti nelle ultime 48 ore, e cioè dopo che gli è piovuto addosso l’ergastolo, lo racconta così. Mangia, dorme (anche se con qualche difficoltà), ma la pena inflittagli per l’omicidio di Yara Gambirasio - la tredicenne di Brembate Sopra trovata morta nel febbraio 2011 in un campo a Chignolo - gli ha per il momento tolto la voglia di parlare, di incontrare gli altri detenuti. Per questo sabato ha disertato la Messa in carcere, appuntamento al quale non era finora mai mancato.

«Mi stanno uccidendo dentro», ha confidato al suo legale. L’ergastolo non se l’aspettava, ha fatto capire a chi ha avuto modo di parlargli: il muratore di Mapello confidava in un altro esito del processo di primo grado. In questi giorni pare frastornato da quella parola, ergastolo. Anche se chi lo conosce sa che presto uscirà dallo sconforto che lo attanaglia in questi giorni e ricomincerà a battersi in vista del processo d’appello.

Le speranze, quelle non le ha perse. È, però, affranto sia per la gravità della sentenza, sia per il timore di dover rinunciare a vedere i figli. E comunque, la perdita della potestà genitoriale non vuol dire che non potrà più vedere i figli. Finché sono minorenni, tutto dipenderà da Marita, la moglie, anche gli incontri in carcere col padre.

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