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Perché parlare di Clubhouse, il social network del momento che mette al centro le discussioni (a voce)

Articolo. È un bla bla continuo quello sul “social della parola”, esclusivo e ancora misterioso ai più, ma capace di portare una boccata d’aria fresca nello stanco universo delle personalità digitali. Marco Carrara, conduttore televisivo bergamasco esperto di social network, ci ha spiegato come funziona

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In questi giorni il mondo degli appassionati di tecnologia, nuove app e social network è diviso nettamente in due fronti a causa di Clubhouse. Il nuovo social dedicato alla voce e alla parola, dentro al quale è possibile avventurarsi in discussioni, confronti e ascolti, infatti, è ancora a disposizione solo degli “appleisti”, ovvero di chi possiede un iPhone, mentre chi usa Android dovrà attendere ancora un po’.

Sul blog ufficiale dell’applicazione gli sviluppatori hanno dichiarato un mese fa che inizieranno presto a lavorare sulla versione del loro prodotto per Android, un canale preferenziale riservato alla mela morsicata che molti hanno letto come marketing, ma che in realtà è abbastanza comune in ogni applicazione, visto che Android richiede agli sviluppatori un numero di specifiche nettamente superiore rispetto ad Apple, perché viaggia su un numero più variegato di dispositivi.

Svelato il primo mistero sul perché, al momento, Clubhouse sia a disposizione di una cerchia ristretta di utenti, abbiamo comunque cercato di capire qualcosa di più rispetto a cosa sia l’applicazione più “chiacchierata” – è proprio il caso di dirlo – di questo periodo. Per farlo al meglio abbiamo scelto un Virgilio pronto ad accompagnarci nella bolgia infernale dei social, il conduttore televisivo e esperto in materia Marco Carrara, conduttore televisivo bergamasco che di Clubhouse si è appassionato e ne sta sfruttando al meglio le potenzialità.

Clubhouse, cos’è e come funziona

Si tratta di un social media che si basa totalmente sulla voce e sui contenuti audio. Per chi si registra l’unica immagine che è possibile caricare è quella del proprio profilo e nient’altro. All’interno della piattaforma ci si muove per parlare e ascoltare, partecipando alle conversazioni che si svolgono dentro le “room”, ovvero le chat tematiche alle quali si può scegliere di partecipare in base all’argomento proposto. Il creatore della room è colui che gestisce le conversazioni. Quando si entra in una chat, infatti, lo si fa principalmente per ascoltare, mentre il diritto di parola va chiesto espressamente all’organizzatore della sessione. Questo è un punto fondamentale del funzionamento del social, perché la netiquette, ovvero la serie di buone maniere per l’utilizzo, è stata organizzata in modo che fin da subito gli utenti potessero dialogare fra loro in maniera ordinata.

Marco Carrara, conduttore di Timeline, il programma dedicato ai social su Rai3, è stato da subito attivo e costante su Clubhouse con due appuntamenti regolari: “Ho dato vita a delle room specifiche, la prima si chiama ‘All talk’ e ho scelto questo nome perché rappresenta esattamente ciò che voglio fare. È un appuntamento settimanale molto libero per chiacchierare e scambiarsi opinioni su un tema in cui tutti possono intervenire. L’altra room, invece, la organizzo con altri quattro moderatori e si chiama ‘Business talk’. Questo appuntamento è quotidiano e dedicato al mondo del lavoro, con temi che ogni giorno vengono approfonditi sia da noi sia dalle esperienze di chi è invitato a partecipare”.

Chi la usa e quanto è davvero esclusiva

Clubhouse sta generando grandi rumors attorno a sé, grazie anche al potere del marketing e di una comunicazione efficace. Una delle sue prime caratteristiche, infatti, è stata la gestione di una certa esclusività – non a caso gli è stato dato un nome che richiama ai club di golf. Per entrare nel social occorre un invito, ovvero un messaggio mandato da un tuo contatto che ti permetta di entrare nel meraviglioso mondo di Clubhouse e in cui condividere, a tua volta, la lunga lista di contatti e numeri di telefono della tua rubrica. In realtà non è poi così impossibile ottenere un invito e le possibilità di “chiamata” dall’interno non sono a numero chiuso e Carrara spiega molto bene questo meccanismo: “Il sistema degli inviti è usato spesso per le app americane e non solo e serve, innanzitutto, per creare una selezione all’ingresso per i primi utenti. In questo modo i creatori possono testare l’app su utenti reali e verificati”.

Anche in questo caso, dunque, alla base di una scelta di “esclusione” c’è solo la necessità di perfezionare un’app nata ufficialmente solo la scorsa primavera, che si sta diffondendo in buona parte del mondo. Nonostante questo, l’uomo è un animale curioso e se non può arrivare ad ottenere qualcosa che brama si spinge ovunque. Ecco come è successo che in Cina si è arrivati addirittura alla vendita degli inviti sulla loro versione di subito.it, ovvero il sito di vendita di oggetti usarti Xianyu.

Ovviamente l’app è stata un successo anche per le celebrità che hanno cominciato a usarla e diffonderla. Iscrivendosi ci si potrebbe imbattere in una conversazione di Elon Musk, o di icone americane come Oprah Winfrey e il rapper Drake, ma non solo. Sono tantissimi gli attori, i musicisti, influencer a vario titolo che sono approdati sull’app e hanno iniziato a farla vivere, ma in Clubhouse trovano spazio anche molti professionisti. Per certi aspetti, infatti, è più interessante cosa hanno da dire i grandi geni dell’informatica rispetto a cosa possono mostrare nelle loro foto i vip, per questo Clubhouse si avvicina più al mondo di Linkedin che a quello di Instagram.

Su Clubhouse vince il contenuto – spiega Marco – Ciò che si propone su Instagram non è detto che vada bene per Clubhouse. Vedo molti influencer fare fatica in questo senso, ma io stesso valgo come caso specifico: in 20 giorni ho guadagnato 10 mila follower, mentre su Instagram ho impiegato anni ad ottenerne molti meno”.

Si può essere creativi solo parlando?

Facebook, Instagram, TikTok ci hanno insegnato che la creatività è tutto per attrarre pubblico a sé, ma Clubhouse ha un grande limite: si usa solo la voce. “Nonostante questo – spiega Carrara – Si può essere molto creativi e anzi, paradossalmente, anche di più che in altri casi. La voce non è limitante, il modo in cui la si utilizza, la si modera e gestisce può annoiare o dare ritmo e in questo c’è il successo o meno di molte room”. Inoltre, continua a spiegare: “C’è un patrimonio umano straordinario che offre costantemente spunti e idee su ciò che si può approfondire e discutere”.

Perché usarla

Personalmente ciò che mi ha colpito è proprio l’audio. In un anno in cui questo strumento è stato dominante, con la crescita esponenziale di audiolibri e podcast questo progetto mi ha estremamente affascinato, ma io parto dal presupposto che mi piace ascoltare”. Se da una parte, dunque, il conduttore di Timeline è stato affascinato da una forma di fruizione a lui congeniale, dall’altro ammette che ha conosciuto: “più persone in venti giorni su Clubhouse che in un anno normale. Offre la possibilità di scambiarsi contatti e in tal senso ha un aspetto fondamentale, ovvero la Bio”.

A differenza di Instagram o Twitter, infatti, la piattaforma permette di scrivere una biografia lunga e dettagliata per presentarsi al meglio e questo è il vero biglietto da visita di Clubhouse secondo Carrara: “Quando qualcuno parla e dice qualcosa che mi interessa, l’unica azione che dentro la room posso fare è cliccare la sua icona e leggere la sua biografia, se è fatta bene porta a un networking di lavoro molto intenso”.

Marketing

Al momento le potenzialità di marketing di Clubhouse sono ancora molto ridotte. Ciò che si ottiene dalla piattaforma è il networking, ovvero stringere contatti e relazioni. Di certo gli sviluppatori stanno raccogliendo una marea di dati, voci e numeri di telefono, ma gli esperimenti che sono stati fatti a livello di presentazioni commerciali (vedi la presentazione del disco di Nitro sopra citata) non ha ancora un controvalore in download o acquisti. Quante persone hanno scaricato o acquistato quel prodotto perché lo hanno sentito su Clubhouse rispetto ad altre parti è una domanda che ancora non ha risposta.

La piattaforma vale molto sul mercato perché potenzialmente sarà uno strumento di marketing al pari di Twitter e Linkedin (più paragonabili a Clubhouse rispetto a Fb e IG) ma di fatto non sta ancora monetizzando nulla, è un valore in perdita basato sulle potenzialità.

Cosa diventerà

Gli esempi e le possibili predizioni le chiediamo direttamente a Carrara: “Clubhouse è sbocciata nella scorsa primavera negli Stati Uniti e in Italia da gennaio. Dovendo stare noi un po’ più a casa, c’è stata più facilità nel fruire di un’esperienza di questo tipo, nella nostra vita precedente forse non avrebbe preso piede così rapidamente. Casi di ciò che può diventare e dell’utilizzo che se ne può fare ce ne sono già in giro per il mondo. In Germania ci sono politici che fanno room in cui rispondono a domande di utenti e cittadini. Io, per esempio, due settimane fa ho fatto la prima presentazione editoriale sulla piattaforma e il rapper Nitro ha presentato il suo disco. Bisogna capire se tutto questo avrà un ritorno economico per poi convertire ciò che si presenta sulle room in effettivi download”.

In conclusione è bene sapere che nessuna delle discussioni svolte su Clubhouse viene registrata e che purtroppo non esiste ancora un modo per certificare l’identità di una persona, soprattutto di un vip (la famosa spunta blu accanto ai profili ufficiali per intenderci) e questo potrebbe essere un problema, perché se è facile riconoscere il volto di qualcuno, meno probabile è sapere qual è il tono della sua voce.

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