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Dalla sciata con Papa Giovanni Paolo II alle vette della Norvegia. Cesare Pisoni e lo snowboard alpinismo

Articolo. Nonostante gli anni passino e da ormai due decenni sia passato dall’altra parte “della cattedra”, Cesare Pisoni non ha mai perso la voglia di gareggiare. Il direttore tecnico della Nazionale italiana di snowboard ha conservato quello spirito avventuriero che lo ha spinto a conoscere la tavola e a viverla sia come una passione che come un mezzo di trasporto nell’ambiente che maggiormente conosce: quello della montagna

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Cesare Pisoni nella discesa lungo la Val del Re

Cresciuto a Valcanale, Cesare Pisoni ha saputo trasformare le conoscenze che ha appreso da atleta per trasmetterle ai suoi allievi. Tra i trofei vinti in qualità di allenatore spiccano titoli olimpici, iridati e Coppe del Mondo. Un filotto che lo ha reso uno dei tecnici più amati delle discipline invernali, con un segreto: quello di essere a cinquantacinque anni ancora un atleta a tutto tondo.

La dimostrazione è arrivata lo scorso anno, quando si è laureato campione italiano di snowboard alpinismo per la decima volta nella sua carriera . Parliamo di uno sport meno conosciuto rispetto al “cugino” sci, ma che al tempo stesso consente agli appassionati di montagna di vivere quelle sensazioni che solo una discesa sulla neve fresca sa regalare.

«A livello di gare cambia poco rispetto allo skialp, anzi, sino a quando era contemplata in regolamento la tecnica libera (di conseguenza l’utilizzo di qualsiasi mezzo per affrontare le prove), non mancava l’occasione di usare lo snowboard all’interno dello sci alpinismo. Un esempio è quello rappresentato dalla Tre Rifugi di una quindicina d’anni fa quando, insieme a Giancarlo Costa, abbiamo centrato il podio utilizzando la tavola invece che gli sci, perché sulla neve fresca si va chiaramente più veloci – ricorda Cesare – In passato le gare di snowboard alpinismo prevedevano l’utilizzo esclusivo delle ciaspole per salire e poi la discesa con la tavola portata in spalla, tuttavia ora le cose sono cambiate e si possono utilizzare sia gli sci corti che la splitboard, guadagnando parecchio nella performance, in quanto più leggeri. Grazie ad alcuni studi di biomeccanica, è stato dimostrato che un chilo in meno sui piedi equivale a sei/sette sulle spalle».

Come si può notare, Pisoni non è solo uno sportivo, ma anche un grande conoscitore della scienza che gira attorno allo sport. Il tecnico orobico ha conseguito nel 1998 la laurea specialistica in Scienze e Tecniche delle Attività Fisiche e Sportive presso l’Université de Bourgogne a Digione e nel 2002 il master di secondo livello in Metodologia dell’Allenamento presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Roma Tor Vergata. Studi che gli hanno permesso di provare sui suoi atleti metodi di allenamento innovativi e di stare sempre al passo con la tecnologia, come dimostrato dalla scelta di puntare sulla splitboard nello snowboard alpinismo. Una tavola “divisa in due” che permette di muoversi con grande disinvoltura in montagna.

«Non ce ne sono moltissime in giro perché comunque il costo è assai elevato. L’acquisto dell’attrezzo può arrivare anche a superare i mille euro. Nonostante ciò, nel periodo del Covid c’è stato un boom perché l’unico modo per muoversi con gli impianti chiusi era quello. La sliptboard è una sorta di “tavola a metà” sotto la quale si possono mettere le pelli a salire e che si può unire grazie a un particolare meccanismo in discesa, che la trasforma come in un attrezzo normale modificando la posizione degli attacchi e consente di sfruttare le scarpe di sci alpinismo, più rigide e più facili da utilizzare».

«Nel 2019 – continua Pisoni – Costa mi ha proposto di partecipare all’Arctic Sliptboard Challenge in Norvegia dove ho vissuto un’esperienza bellissima. Sappiamo come negli sport di resistenza gli scandinavi dominano, motivo per cui, nonostante sia abituato a partire in testa, mi sono ritrovato tredicesimo. Progressivamente ho ripreso i vari avversari sino al primo, a cui ho dato circa trenta secondi in salita gestendo poi il vantaggio in discesa. È stata la prima volta che con lo snowboard alpinismo andassi fuori dalle Alpi ed è stato molto divertente anche perché nei giorni successivi ci siamo fermati a visitare i fiordi».

La comparsa della splitboard è la conferma che lo snowboard alpinismo è cambiato radicalmente nel corso degli anni, soprattutto quando Cesare ha iniziato a praticare questo sport. Correva l’anno 1989 e a Lizzola, dove il tecnico seriano svolgeva il servizio come maestro di sci, è arrivata la prima tavola grazie a Maurizio Piffari, all’epoca atleta della Nazionale di freestyle e futuro gestore del Rifugio Barbellino.

«Mi ha prestato la tavola che aveva acquistato in Canada e sono rimasto affascinato, tant’è che una settimana dopo sono andato a Bergamo al Cominelli Sport Due per acquistarne una. Mi ero divertito talmente tanto che non potevo farne a meno. Da quel momento ho deciso di puntare sullo snowboard alpino perché all’epoca andava molto di moda l’hard, ma il legame con l’alpinismo c’era già. In effetti i primi scarponi da snowboard erano quelli da sci alpinismo, semplicemente colorati in maniera differente affinché le aziende potessero spacciarli come nuovi modelli».

Valcanale è diventato il luogo ideale dove svolgere l’attività da snowboarder e avventurarsi nel panorama innevato in cui osservare con più attenzione la natura e scoprire dettagli che in estate scompaiono. Il luogo del cuore di Cesare, però, è l’Adamello, dove ha fatto un incontro che gli ha cambiato la vita.

«Era il 1988, stavo facendo il militare al Passo del Tonale e al Rifugio Caduti dell’Adamello alle Lobbie è arrivato Papa Giovanni Paolo II. Lui amava sciare e già in precedenza era venuto un’altra volta con il presidente della Repubblica Sandro Pertini. Questa volta era tornato da solo e, essendo noi alpini di stanza in zona, abbiamo svolto una dimostrazione sciistica per il Santo Padre – racconta Pisoni – Da quel momento sono sempre rimasto legato a quel luogo perché, quando svolgo il corso per maestri di sci, porto sempre i miei allievi alle Lobbie per affrontare il modulo di freeride e scendere con lo snowboard».

Nonostante la passione per la montagna bresciana, il tecnico azzurro rimane legatissimo alle sue vette, dove ha portato anche alcuni atleti come Michela Moioli e Maurizio Bormolini tracciando alcuni percorsi che possano avvicinare a questo sport anche chi con la tavola non ha grande dimestichezza. «Con Michela siamo stati sia alla Corna Pian che a Livigno, dove ho avuto modo di fare attività anche con Thomas Bormolini. Oltre a loro anche Aaron March e Gabriel Messner fanno snowboard alpinismo utilizzando come me gli “scietti”, mentre Omar Visintin e Emmanuel Perathoner preferiscono la sliptboard – conclude l’allenatore seriano – Non essendoci molti collegamenti fra gli impianti, le Orobie sono perfette per l’alpinismo, motivo per cui ci sono vari percorsi, dal Rifugio Calvi dove si svolge il Trofeo Parravicini, allo stesso Colere insieme a Lizzola. Un esempio è anche quanto accade al Rifugio Curò: il gestore Fabio Rizzi ha deciso di aprire durante il ponte del 25 aprile offrendo un servizio con la teleferica per portare su gli attrezzi e poi svolgere una serie di escursioni su un terreno ancora particolarmente innevato».