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Dariush Mehrjui, mille sfumature di cinema iraniano

Articolo. Dariush Mehrjui, uno dei più importanti registi e sceneggiatori del cinema iraniano, è stato ucciso il 14 ottobre nella sua abitazione, insieme alla moglie Vahideh Mohammadifar. La notizia dell’omicidio ha creato un’ondata di tristezza e shock tra gli iraniani, in particolare tra i cineasti e gli appassionati di cinema. Lo ricordiamo con una panoramica dei suoi film più belli

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The Cow, Dariush Mehrjui

Dariush Mehrjui nasce nel 1939 a Teheran. Il suo primo film, «Diamond 33», esce nel 1967. Un film d’azione poliziesco, che fallisce al botteghino e non riesce ad attirare l’attenzione della critica. Per il suo secondo film, «The Cow» (1969), il regista sceglie invece una storia iraniana. Si tratta della storia di un uomo del villaggio chiamato Mash Hassan, la cui unica felicità dipende da una mucca da mungere che dà nutrimento a lui e alla sua famiglia. L’interesse di Mash Hassan per la sua mucca non è un interesse ordinario: è insolito, pieno di malinconia e follia. Mash parla alla mucca, dà l’acqua all’animale con la mano, lo lava nel fiume.

Durante un viaggio di Mash Hassan, la mucca muore senza motivo. La moglie del protagonista è confusa e preoccupata e chiede aiuto agli abitanti del villaggio per informare il marito di questo sfortunato incidente. Questi seppelliscono la mucca nel cortile della casa di Mash Hasan e decidono di mentire, dicendo che la mucca è scappata. Quando Mash Hassan torna dalla città, va prima di tutto alla stalla per chiedere come sta la mucca, ma della mucca non si hanno notizie. I compaesani cercano allora di aiutarlo ad accettare la notizia della fuga della mucca, ma Mash Hassan non la accetta e li attacca con rabbia. I residenti sono costretti quindi ad ammettere che la mucca è morta, ma Mash Hassan crede che i “Bluris” (un gruppo di abitanti del villaggio che rubano per vivere) abbiano rubato il suo animale. A poco a poco, i segni della follia compaiono. Mash Hassan pensa di essere una mucca, inizia a mangiare foraggio e fa i versi della mucca. Il finale è amaro e scioccante.

«The Cow» (disponibile su Mubi) non solo partecipa a prestigiosi festival internazionali (come Cannes, Berlino, Los Angeles e Mosca), ma vince anche alcuni premi prestigiosi, tra cui uno al Festival del Cinema di Venezia. Inoltre, la produzione del film «The Cow» porta il nome di Dariush Mehrjui accanto a registi di livello mondiale come Akira Kurosawa, il grande regista giapponese, e Satya Chitra, indiano.

Il cinema prima della rivoluzione del 1978

Altro film che riesce ad attirare l’attenzione della comunità cinematografica internazionale è «The Postman» (1970). Il lungometraggio vince l’Interfilm Award al Festival internazionale del cinema di Berlino e viene proiettato al Festival di Cannes.

Nel 1973, Dariush Mehrjui, che si è ormai assicurato una posizione come regista di rilievo nel cinema iraniano, si presenta al pubblico con un film controverso intitolato «Il ciclo di Mina». La storia è quella del traffico di sangue negli ospedali di Teheran. Oltre ad ottenere ottimi risultati al botteghino, il film riceve numerosi premi. Si tratta infatti di un lungometraggio in grado di affrontare in modo critico un problema sociale in Iran. Dopo la proiezione del film, nasce inoltre l’Organizzazione iraniana per le trasfusioni di sangue, un evento importante e vitale per la società iraniana.

Dalla rivoluzione ad «Hamoun»

Dopo la rivoluzione 1978, Dariush Mehrjui gira un film intitolato «La scuola dalla quale siamo fuggiti». Insoddisfatti dell’atmosfera autoritaria che vige nel loro ambiente scolastico, alcuni studenti mettono in scena uno spettacolo e vengono puniti. Nell’atto successivo realizzano un giornale e presentano le loro critiche, ma questa volta il bibliotecario e un altro insegnante si pongono al loro fianco nella protesta. Il film non viene proiettato a causa della sua storia di contestazione, che sembrava inopportuna al nuovo regime. Solo dieci anni dopo ne sarebbe stata rilasciata una versione censurata. Il regista emigra in Francia dopo che il suo film viene bandito e vi rimane fino al 1985.

Tornato in Iran, con «The Tenants», Dariush Mehrjui dimostra ancora una volta di essere un regista con idee e capacità. Nel 1987 diventa il film più venduto dell’anno. Segue, nel 1989, «Hamoun», un altro dei film più importanti della sua carriera. In questo film surreale, l’attore Khosrow Shakibai interpreta il ruolo di un uomo tormentato e pazzo, innamorato di sua moglie Mahshid. Ma Mahshid non può più tollerare i giochi folli del marito e lo lascia con il loro figlioletto.

«Banu», un film che elogia «Viridiana» di Buñuel

Nel 1991, Dariush Mehrjui dirige il film «Banu», con una sceneggiatura scritta da lui stesso ma con una libera interpretazione del film «Viridiana», capolavoro di Luis Buñuel, regista d’avanguardia e surrealista spagnolo. In questo film, una donna, Banu, assume ruolo centrale. Maryam è una donna ricca e gentile, lasciata dal marito Mahmoud per vivere con un’altra donna.

Alcuni critici hanno considerato la donna del film come un simbolo della patria o dell’Iran, che viene distrutto dagli oppressi che lo hanno governato. Il film viene bandito a causa di queste impressioni e esce nelle sale solo sette anni dopo.

L’attenzione di Mehrjui alla posizione di donne

Come già anticipato con «Banu», Mehrjui è uno dei pochi cineasti iraniani che nei suoi lavori presta particolare attenzione alle donne e al loro ruolo reale nella famiglia e nella società. Ci sono tre film che hanno mostrato donne con grandi capacità di scegliere e prendere il controllo del proprio percorso di vita.

Nel film «Sara» (1992), la protagonista è una madre, una casalinga che ha dovuto chiedere un prestito alla banca in cui lavorava il marito, per pagargli le cure. Mente al marito dicendo che si tratta dell’eredità di suo padre e per saldare il debito, cuce e decora abiti da sposa di notte. Il film è un libero adattamento dell’opera teatrale «A Doll’s House» di Henrik Ibsen, il grande drammaturgo norvegese.

Nel film successivo «Pari», Mehrjui gira un adattamento non autorizzato da due racconti scritti dall’autore americano Salinger. Al centro, la storia di una giovane studentessa universitaria. L’ultimo lungometraggio della “trilogia dedicata alle donne” è «Lila» (1995). Il film dà voce a Lila, una giovane ragazza innamorata di suo marito e della vita prospera e felice che condivide con lui. Poiché la donna non può avere figli, però, deve accettare che il marito si risposi.

Da «Pear Tree» al controverso «Santouri»

Dariush Mehrjui realizza il film «Pear Tree» nel 1997. La storia è quella di uno scrittore di nome Mahmoud che arriva nel giardino di suo padre a Damavand per finire il suo libro. Qui ricorda il suo passato, anche se il pero del giardino dell’infanzia è seccato e non riesce più a dare frutti. Il film ha il merito di introdurre l’attrice Golshifteh Farahani, che aveva solo 14 anni all’epoca, ma in breve diventa una star del cinema iraniano.

Il film «Santouri» (2017) è uno dei più controversi realizzati da Mehrjui. Al centro, un giovane artista di nome Ali, cantante e suonatore di dulcimer. L’amore tra lui e una ragazza di nome Haniyeh porta a un bel matrimonio, ma presto la felicità di Ali si trasforma in miseria e amarezza. Le sue opere sono censurate, non può cantare alle feste, e lui stesso cade nella trappola della droga. A causa della sempre maggiore repressione e censura dello spazio artistico iraniano, il film viene bandito, sebbene alcuni dischi di contrabbando siano ancora oggi venduti sul mercato nero.

Dal 2012 al 2018, Mehrjui realizza altri sei film. Questi non riescono però ad attirare la critica e non hanno successo nemmeno al botteghino. Nonostante ciò, Mehrjui resta uno dei più importanti e influenti registi nella storia del cinema iraniano, dotato di straordinarie capacità di adattamento di importanti opere letterarie dell’Iran e del mondo. Il suo nome resterà per sempre inciso nella storia del cinema iraniano e non solo.

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