Caravaggio, modellista record
Rifà il santuario con 10mila pezzi

«Quante ore gli dedico al giorno? Almeno sei. Però da sei anni e mezzo. Esclusi ovviamente gli straordinari». Ci scherza sopra Mario Grasselli, pensionato di Caravaggio, ma quella che sta realizzando nel garage di casa sua, in via San Francesco d’Assisi, è davvero un’opera unica.

«Quante ore gli dedico al giorno? Almeno sei. Però da sei anni e mezzo. Esclusi ovviamente gli straordinari». Ci scherza sopra Mario Grasselli, pensionato di Caravaggio, ma quella che sta realizzando nel garage di casa sua, in via San Francesco d’Assisi, è davvero un’opera unica. Classe 1940, appunto da oltre sei anni sta infatti lavorando a un modello in scala del santuario della Beata Vergine del Fonte, il luogo di culto caravaggino noto in tutto il mondo e meta di milioni di pellegrini. «Inizialmente pensavo di fare un veliero storico, come gli altri cinque che ho già costruito – spiega –, ma quando sono stato a Londra per farmi consegnare una copia dei progetti originali, non me li hanno dati».

Tornato un po’ amareggiato dall’Inghilterra, Grasselli non si è perso d’animo: «A quel punto mi sono guardato in giro qui a Caravaggio: la prima tentazione è stata quella di realizzare un modello in legno della chiesa parrocchiale dei Santi Fermo e Rustico. Ma poi mi sono detto: è troppo semplice da fare». Già, perché Grasselli è un perfezionista nato. Pignolo quasi fino alla mania, sei anni fa ha puntato gli occhi sul santuario caravaggino. E da quel giorno ha cominciato a costruirlo nel suo garage. Non un lavoro raffazzonato o superficiale, ma un concentrato di meticolosità e raffinatezza, attraverso l’utilizzo di legni differenti in modo da riprodurre esattamente il colore esterno del luogo di culto.

Il risultato sono 10 mila pezzi di legno di varie dimensioni – ma perlopiù minuscoli – che formano il modello in scala sessanta volte più piccolo dell’originale. Un lavoro tanto dettagliato quanto necessariamente lento: per terminare il lavoro ci vorrà ancora un anno e mezzo, anche se il «grosso» è ormai stato costruito. «Va detto che, prima di iniziare – spiega il modellista – ho trascorso tre mesi interi, tutti i giorni, a prendere le misure e scattare fotografie al santuario. Volevo che il modello fosse assolutamente identico all’originale». Dopodiché, nel laboratorio in garage, Grasselli ha cominciato il lavoro vero e proprio: ha realizzato una struttura in ferro da usare come basamento e, pian piano, ha dato vita al modello in scala.

Tra l’altro il suo progetto prevede che anche l’interno del santuario venga riprodotto fedelmente: ha per esempio già realizzato l’altare, con le 1.500 piastrelle identiche all’originale. Soltanto per l’altare, con le colonne e le balaustre uguali a quello vero, ha lavorato per dieci mesi di fila. «Ci sono poi gli altari laterali, quelli più piccoli – spiega entusiasta –, che tra l’altro sono uno diverso dall’altro, anche se non si vede». In effetti ciascun altare ha una forma leggermente differente dagli altri, più visibile nella realtà ma quasi impercettibile per un modello in scala uno a sessanta. Questo ovviamente per chiunque, tranne che per Grasselli: «Sono sempre stato una persona piuttosto paziente – sottolinea – e un lavoro comunque così lungo non mi ha mai annoiato, perché sono appassionato. Qualche volta ho pensato di lasciar perdere tutto, ma dopo cinque minuti ero ancora qui nel laboratorio, al lavoro. Tra l’altro uso tre diversi tipi di legno: l’acero per simulare il marmo, la betulla per gli interni e il faggio per i mattoni del santuario». I capitelli sono dei minuscoli capolavori: per ciascuno – grande qualche millimetro – servono otto ore di lavoro. Grasselli ha lavorato per anni nel campo della meccanizzazione da «Assanelli & Bettani» di Caravaggio e anche sul lavoro era sempre stato preciso e perfezionista. Ora quell’esperienza e quella bravura manuale le ha trasferite nel modellismo.

E non soltanto nel progetto del santuario: in casa il settantatreenne caravaggino ha anche alcuni modelli di barche storiche, anch’esse riprodotte nella minuzia dei particolari. E chiedergli se abbia acquistato i set in scatola preconfezionati da montare equivale a offenderlo: «Macché scatole da montare – risponde –: anche qui ho fatto tutto da zero, basandomi sui disegni originali. Due anni fa, per caso, senza aver mai partecipato prima ad alcun concorso, a Monza mi hanno assegnato il premio “Best di categoria” per uno dei modelli», spiega tra la Royal Caroline e la HMS Victory. È stato poi un crescendo, con 16 medaglie d’oro, 4 d’argento e 4 premi «Best», il migliore nel suo campo. Difficile capire quali riconoscimenti potrà presto ottenere con il santuario: forse finire nel Guinness dei primati? Grasselli si accontenterebbe di vedere esposta la propria opera al pubblico, in modo che tutti la possano vedere.

«In effetti non so ancora bene dove potrà essere collocata quest’opera, spero in un luogo pubblico – evidenzia il pensionato –: tra l’altro sto anche predisponendo un pistone che solleverà in automatico il tetto e la cupola del santuario, in modo che si possa vedere l’interno, anch’esso uguale a quello vero, con tanto di altare, scale e panche». E chissà che fatica realizzare le panche in miniatura. «Macché – conclude Grasselli –: è la cosa più semplice».

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