«Zucche» sulla via del cimitero
Halloween? Tradizione nostrana

Scavando sotto la montagna consumistica di zucche di plastica, è possibile che i nipoti trovino traccia dei bisnonni. In Val Brembana, dice lo studioso Claudio Gotti «i ragazzi costruivano lanterne con le zucche e le mettevano sulla strada del cimitero».

Scavando sotto la montagna consumistica di zucche di plastica, è possibile che i nipoti trovino traccia dei bisnonni. In Val Brembana, afferma lo studioso di cultura popolare Claudio Gotti «i ragazzi costruivano lanterne con le zucche e le mettevano sulla strada del cimitero».

Una tradizione simile c'era anche Ponte Nossa. Don Martino Campagnoni, autore di un libro sul folklore bergamasco, spiega però che il rispetto per i defunti è sempre stato assoluto: «Le tradizioni ricollegabili ai tempi più antichi sono alimentari: il cibo di orzo e di fave. Nella religione romana i sacerdoti di Giove, dio della vita, non potevano neppure toccare le fave, associate alla sfera della morte».

Il cibo dei morti che i vivi condividono nel loro giorno, è poi diventato un dolce simbolico: le fave dei morti, il pane dei morti, un modo di ricordare un vincolo e un'alleanza. «In termini di devozione, la stessa traccia si ritrova nell'usanza di "ndà a to i morcc" andare a prendere i morti, in Val di Scalve, Valcanale, Bani di Ardesio e Val Camonica. La sera di Ognissanti al vespro tutti dovevano essere in casa quando suonava la campana. Poi si usciva e in processione si raggiungeva il cimitero».

Lo stesso gesto è documentato a Stabello in Val Brembana, dove per i morti si preparavano castagne e patate lessate e sbucciate. Per un giorno i defunti vengono riportati a casa perché ritrovino il calore della famiglia. A Brembate invece il giorno dei morti si distribuivano ai poveri due some di pane.

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