La parola ai ventenni:
«Non chiamateci bamboccioni»

Parlano i giovani: il settimanale diocesano www.santalessandro.org ha inaugurato una nuova sezione del sito, i «Pensieri ribelli». A scrivere i pezzi è un gruppo di ventenni curiosi, agguerriti, impegnati, entusiasti…

Parlano i giovani: il settimanale diocesano www.santalessandro.org ha inaugurato una nuova sezione del sito, i «Pensieri ribelli». A scrivere i pezzi è un gruppo di ventenni curiosi, agguerriti, impegnati, entusiasti…

Un gruppo aperto e in evoluzione. Il settimanale avvia così un piccolo «laboratorio redazionale», che pian piano prenderà forme diverse. Per una volta saranno i giovani a parlare, e non soltanto di giovani, per offrire il loro punto di vista sulla realtà, e contribuire al dibattito su attualità, cultura, associazioni, parrocchie, oratori….

E altro ancora. Si parla molto di giovani, di questi tempi, e non sempre in toni elogiativi, accade spesso che li si chiami «bamboccioni», quando non si decidono a uscire di casa. Ma la questione non è così semplice, come spiega Matteo Bianchi nel suo «Noi figli di papà».

«Non ho ancora capito se posso considerarmi “bamboccione”… vivo ancora in casa con i genitori, ma a 23 anni, il vivere sotto il tetto famigliare è ritenuto ancora socialmente accettabile… per lo meno accettabile secondo un certo tipo di giornalismo che riporta, con una certa dose di sconcerto e un velato imbarazzo, le statistiche che vedono i giovani italiani restii a stabilirsi per conto proprio, fuori da casa di mamma e papà, rispetto ai loro coetanei del resto d’Europa».

IL BAMBOCCIONE

«In questi anni d’esasperazione mediatica sull’argomento, si è venuto a creare lo stereotipo del “bamboccione”: il ragazzotto che è proverbialmente fuori corso all’università, che si sveglia tardi restando in pigiama fino a sera, che non lavora, amante del cosiddetto “cazzeggio”, pigro ed indolente all’idea di abbandonare le comodità di casa e le cure materne, incapace di cucinarsi il pranzo o rifarsi il letto da solo.

A questa figura del “bamboccione”, palesemente delineata come negativa nell’epoca dell’arrivismo assoluto, vengono di frequente affiancate, dalla stampa, le figure di giovani che, rispetto ai loro coetanei “bamboccioni”, sono riusciti nella vita diventando giovanissimi manager o promettenti imprenditori. Ho letto spesso articoli (in riviste contraddistinte da un alto dosaggio di pubblicità di orologi, abiti e mocassini firmati) che, presentando la storia di questi giovani che ce l’avevano fatta, ne intessevano le lodi e i pregi, lasciando prefigurare l’amara morale della favola: «l’Italia di domani la faranno loro, non i bamboccioni…».

«Ovviamente sto esagerando, ma è proprio questa la sensazione che mi lasciano quei reportage, cioè l’innato bisogno di dividere i giovani in due categorie: quelli che stanno in pigiama tutto il giorno ( i “bamboccioni”) e quelli invece che a 26 anni sono già “arrivati”; dividere i perdenti dai vincenti».

Leggi tutto l’articolo qui: http://www.santalessandro.org/2014/02/noi-figli-di-papa/

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