«In meno di 7 mesi 8 morti sul lavoro
La sicurezza non sempre è la priorità»

Dopo l’infortunio mortale costato la vita a Rudi Asiatico, Cgil, Cisl e Uil puntano il dito contro le condizioni di lavoro in cantieri e stabilimenti. Il senatore Calderoli: «Non si può morire sul posto di lavoro. Non lo possiamo accettare».

Riprende la tragica conta delle morti sul lavoro, già otto da inizio anno, con il decesso di oggi, mercoledì 17 luglio, all’ospedale «San Gerardo» di Monza di un operaio edile di Sant’Omobono, Rudi Asiatico, 44 anni, che lascia nel dolore la moglie e un bimbo di due anni e mezzo. L’infortunio il 16 luglio in un cantiere privato in una villetta di Varedo, in Brianza, dove l’operaio era impegnato a lavorare sul tetto del fabbricato. Improvvisamente, per cause in via di accertamento, è precipitato da una altezza di sei metri, riportando le ferite gravi che nella giornata di oggi l’hanno portato al decesso.

«Purtroppo la nostra provincia piange ancora la tragica scomparsa di un lavoratore che stava svolgendo la propria mansione e lascia nel dolore i suoi famigliari – hanno detto i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil e delle sigle delle categorie edili Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil. È l’ottavo lavoratore a perdere la vita dall’inizio del 2019». I sindacati tornano a puntare il dito contro le condizioni di lavoro in cantieri e stabilimenti, dove «la sicurezza non sempre è la priorità: per ogni commessa e in ogni appalto le imprese devono garantire che le fasi lavorative vadano di pari passo con il rispetto scrupoloso delle norme di sicurezza previste dalla legge, mettendo in atto tutte le iniziative utile ad evitare cadute dall’alto come purtroppo accaduto. Ciascun soggetto deve garantire come priorità il “lavoro sicuro”, condizione che passa attraverso momenti formativi adeguati ed efficaci, che sviluppi ulteriormente il valore della prevenzione. Le imprese sono chiamate ad adottare tutte le misure necessarie ed utili a garanzia di standard di sicurezza adeguati alle attività da svolgere; riteniamo che oggi esistano gli strumenti necessari per evitare incidenti cosi gravi».

«È necessario stanziare adeguate risorse aggiuntive per sostenere il sistema della prevenzione regionale», commentano per Cgil, Cisl e Uil di Bergamo Angelo Chiari, Danilo Mazzola e Saverio Capuzziello. «È inaccettabile che oggi si conti l’ottavo morto sul lavoro da inizio anno. Nei primi cinque mesi del 2019 (a maggio) i dati Inail registrano sette infortuni mortali, uno in più rispetto allo stesso periodo del 2018. Continuiamo a provare un fortissimo sgomento di fronte a questa tragica sequenza di incidenti».

«Siamo addolorati di dover registrare l’ennesima morte di un lavoratore edile, aggiungono Giuseppe Mancin per Feneal Uil, Simone Alloni di Filca Cisl e Luciana Fratus di Fillea Cgil di Bergamo. «Non possiamo accettare che un settore, quello dell’edilizia, strategico per l’economia del paese salga alla ribalta delle cronache così spesso, per tragici incidenti mortali, quando invece dovrebbero essere la qualità, l’innovazione e gli investimenti a venire discussi, condizioni indispensabili alla crescita del settore».

Sull’argomento è intervenuto anche il senatore bergamasco e vice presidente del Senato, Roberto Calderoli: «Una preghiera per l’operaio bergamasco che ha perso la vita in un cantiere, piangiamo per questa ennesima vita persa sul lavoro. Ma, a prescindere dall’episodio, su cui faranno chiarezza i magistrati, continuo a ritenere inaccettabile che in Italia ci siano purtroppo più di due morti al giorno sui luoghi di lavoro. In questi anni si è fatto molto, soprattutto in Lombardia (dove la Giunta Fontana ha stanziato importanti risorse per aumentare la prevenzione e i controlli), per aumentare la sicurezza sui luoghi di lavoro ma questi incidenti ci dicono che non è ancora abbastanza, che non è mai abbastanza, che bisogna investire ancora di più nella prevenzione e nei controlli e che ci deve essere maggiore impegno da parte di tutte le istituzioni coinvolte per fare di più per tutelare chi lavora. Non si può morire o rimanere feriti sul posto di lavoro. Non lo possiamo accettare».

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