Atalanta, tre schiaffoni
Ma adesso basta svolazzi

Tre indizi incattiviscono i pensieri. Sballottata per i primi 20' a Firenze due settimane fa, imbrigliata per l'intero primo tempo col Genoa otto giorni fa al Comunale, impallinata ora dal Bologna al quarto d'ora e poi balbettante fino alla mezzora. Che succede all'ultima Atalanta?
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Tre indizi incattiviscono i pensieri. Sballottata per i primi 20' a Firenze due settimane fa, imbrigliata per l'intero primo tempo col Genoa otto giorni fa al Comunale, impallinata ora dal Bologna al quarto d'ora e poi balbettante fino alla mezzora. Che succede all'ultima Atalanta? Diversi gli avversari e la dinamica dei cosiddetti episodi, c'è una costante nelle ultime tre sconfitte consecutive ed è il fatto che gli «altri» siano entrati in campo e in partita prima e meglio dei nerazzurri. Giocando e nascondendo la palla la Fiorentina, costruendo muri il Genoa, semplicemente aggredendo il Bologna. E l'Atalanta? L'ultima versione, quella dei 3 ko, stenta a entrare in partita, lo fa adeguandosi agli avversari e solo dopo aver ricevuto uno schiaffone. Solo allora inizia a giocare.

Vedi la parte centrale del primo tempo di Firenze, la ripresa col Genoa, l'ultimo quarto d'ora del primo tempo e i primi 20' del secondo, adesso a Bologna. Perché? Questione di «approccio» (ma cos'è in effetti questo approccio)? Questione di gambe, perché in molti si sono spremuti nel filotto di 13 punti in 5 partite culminato con la vittoria con l'Inter? Questione di «pancia», piena, e di «testa», più vuota, dopo il filotto che ha portato i nostri a 18 punti (20 sul campo), un gradino sotto le grandi? Probabilmente la verità è un mix.

È indubbio che l'Atalanta, quasi sempre la stessa, si sia tirata il collo nel filotto d'oro dei 5 risultati utili consecutivi e che la benzina latiti soprattutto negli uomini-chiave; è possibile che la vittoria con l'Inter, nemmeno troppo sofferta, abbia indotto inconsapevolmente i nostri ad allentare un po' le briglie; è plausibile (e preoccupante) che la classifica, quel limbo a metà tra la zona retrocessione e i sogni di gloria, abbia annacquato l'appetito. Trasformando una squadra aggressiva, vorace, cinica nella controfigura svagata, a volte leziosa, spesso troppo tenera per avversari incattiviti dalla necessità, vedi Genoa e Bologna.

E ora? Non è detto che i tre schiaffoni non facciano bene. L'Atalanta dà il meglio quando è sotto pressione e ora che il tesoretto dei 13 punti in 5 partite si è parzialmente ridotto non è più il tempo degli svolazzi. Urge ritrovare la versione «arrabbiata» e concreta, urgono giocatori sul pezzo, tutti, perché ne bastano un paio sotto tono per steccare. Urgono almeno 4 punti nelle prossime due partite casalinghe, col Parma sabato e con l'Udinese prima di Natale (in mezzo c'è la Juventus a Torino), non meno di cinque a fine andata. Vorrebbe dire girare a 23 punti in classifica, 25 sul campo, presumibilmente lontano dalla zona calda e dai rimpianti per le occasioni perse.

Simone Pesce

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