La salute
Lunedì 12 Gennaio 2015
«Attaccamento e autismo»
Oppenhiem presenta nuove cure
In disparte, distaccati, più interessati agli oggetti che alle persone. Un’immagine convenzionale dei bambini autistici in cui non si ritrova David Oppenheim, membro senior del «Center for the study of child development» dell’Università di Haifa (Israele). Il professore mostrerà i risultati delle sue ultime ricerche alla conferenza internazionale su «Attaccamento e autismo: l’importanza dell’insightfullness genitoriale», il 31 gennaio e il 1° febbraio a Roma.
Una due giorni di formazione promossa dall’Istituto di Ortofonologia (IdO) nell’Aula magna dell’Istituto comprensivo Regina Elena- Secondo l’esperto è, infatti, possibile parlare di attaccamento anche per una persona autistica: «In una nostra ricerca, così come in altre, abbiamo dimostrato che i bambini con autismo si affezionano alle loro madri in modi che sono molto simili a quelli di bambini con sviluppo tipico. Però i loro comportamenti di attaccamento - i modi specifici in cui mostrano il loro attaccamento - possono essere diversi. Come accade per i bambini normodotati, i minori con autismo hanno un attaccamento sicuro ai loro caregiver, li usano come base sicura per esplorare l’ambiente e come fonte di conforto quando sono stressati. La maggior parte delle ricerche sull’attaccamento nell’autismo è stata realizzata con le madri, ma si suppone che i bambini sviluppino un attaccamento anche verso i loro padri e altri operatori sanitari, proprio come i minori normodotati».
«I bambini con autismo - prosegue Oppenheim - a volte mostrano il loro bisogno di vicinanza, comfort e sicurezza in modi diversi rispetto ai minori con sviluppo tipico. A volte sembrano disinteressati agli altri o meno influenzati dall’andirivieni delle figure di attaccamento. Ciò può indurre i genitori e i terapisti a conclusioni sbagliate, pensando che i bambini non ne abbiano bisogno. Questo, a sua volta, può aumentare l’angoscia del minore. Comprendere l’importanza dell’attaccamento ci aiuta a capire meglio le difficoltà dei bambini con autismo nel cercare l’intimità e il comfort».
«In Israele - conclude Oppenheim - stiamo lavorando sul tema della “insightfulness”, la capacità di vedere le cose dal punto di vista del bambino, con le madri di minori con autismo, e come questa contribuisca a garantire l’attaccamento nell’autismo».
Il seminario dell’IdO sarà l’occasione per presentare i risultati delle ricerche israeliane sulla relazione insightfulness materno-tipologia di attaccamento nei figli autistici. Sarà presente all’evento anche Ayelet Erez, membro della Clinica per la psicoterapia psicodinamica dell’età evolutiva del Ministero della Salute di Haifa. Una collaborazione scientifica, quella tra l’Italia e Israele in tema di autismo, che si rafforza sempre di più. L’Università di Haifa a Roma porrà l’attenzione sul rapporto insightfulness-attaccamento nell’autismo, ovvero sulla capacità del genitore di guardare il mondo attraverso gli occhi del figlio (insightfulness) e sulle potenzialità del bambino di rispondere a questa «comprensione empatica».
«L’IdO è in sintonia con questo approccio teorico e terapeutico- evidenzia Magda Di Renzo, responsabile del Servizio terapie dell’Istituto -, un’impostazione che mette sempre il bambino al centro dell’osservazione e della terapia e che richiede agli adulti (clinici, genitori, insegnanti) lo sforzo di comprendere in “quali luoghi” il bambino abita per poterlo raggiungere. Un impegno che chiama genitori e terapeuti a trovare insieme i mezzi comunicativi atti a favorire il processo empatico e il dispiegamento delle abilità cognitive. Solo una comprensione adeguata dei limiti e delle potenzialità del bambino - conclude Di Renzo - permette il rispetto dei suoi tempi di sviluppo e di un progetto su misura».
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