Onorabilità, no grazie

di Giorgio Gandola

«Chi è colpevole (anche solo in primo grado) di reati di carattere societario o contro la pubblica amministrazione si deve dimettere dai vertici delle aziende pubbliche». Frase chiara, concetto cristallino, intenzioni legittime quelle del ministero dell’Economia

«Chi è colpevole (anche solo in primo grado) di reati di carattere societario o contro la pubblica amministrazione si deve dimettere dai vertici delle aziende pubbliche».

Frase chiara, concetto cristallino, intenzioni legittime quelle del ministero dell’Economia nel chiedere alle suddette aziende di Stato di inserire il passaggio nel loro statuto.

Una novità voluta dal premier Renzi e dal ministro Padoan (che si chiama Pier Carlo) per spingere sull’acceleratore della trasparenza e dell’onestà. Risultato, un disastro. Prima l’assemblea degli azionisti dell’Eni e due giorni fa quella di Finmeccanica hanno bocciato la norma con due motivazioni del tutto differenti.

All’Eni «perché nessuna azienda al mondo ce l’ha», frase fatta tutta da verificare, anche perché nessuna azienda pubblica al mondo viene coinvolta negli intrighi della politica come quelle italiane. Il no di Finmeccanica è molto più fattuale: «perché hanno detto no anche all’Eni».

Dopo aver preso atto della porta sbattuta in faccia al governo, che aveva fortemente voluto i requisiti di onorabilità, vale la pena sottolineare che il punto numero uno all’ordine del giorno delle due assemblee è effettivamente scottante. L’onorabilità è di per sè un valore non negoziabile per sedersi su poltrone così impegnative ed esposte, ma è anche vero che i meccanismi a volte cervellotici della giustizia italiana sono fatti apposta per vedere colpevoli dietro ogni ficus beniamina. Nel dubbio e se fossimo stati nel governo, invece di sollecitarla, l’onorabilità l’avremmo imposta.

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