Seminario per la città
Segno di speranza

In questi giorni la Diocesi di Bergamo ricorda gli anniversari di fondazione del Seminario, avvenuta quattro secoli e mezzo orsono, e di costruzione dell’attuale in Città Alta, inaugurato cinquant’anni fa. Si tratta di celebrazioni capaci di suscitare un qualche interesse per la nostra convivenza sociale o sono semplicemente destinate alla memoria della Chiesa e di coloro che si riconoscono in essa? Senza addentrarmi nelle dense vicende storiche che hanno accompagnato la nascita e lo sviluppo di questa singolare istituzione, mi sembra possano essere pertinenti alcune ragioni che interessano la comunità nel suo insieme. Il termine Seminario evoca in molti l’immagine sbrigativa de «la fabbrica dei preti»: un sistema ben congegnato, che prepara giovani uomini a sostenere la complessa e articolata organizzazione della Chiesa distribuita su un territorio. In realtà, il radicamento del Seminario nella nostra terra, ha rappresentato in maniera originale, anche se non unica, la necessità di un costante e organico impegno educativo nei confronti della giovani generazioni. Non si tratta semplicemente di formare degli operatori pastorali, ma di introdurre alla vita nella sua vastità, sostenuti dalla convinzione che il Vangelo offra un’ispirazione densa di umanità a questa impresa. Oggi più di ieri siamo interpellati circa la plausibilità dell’educazione e i soggetti decisivi rappresentati dalla famiglia e dalla scuola.

Al momento del mio arrivo a Bergamo, ormai quasi nove anni orsono, sono rimasto profondamente e positivamente colpito dal rapporto virtuoso tra famiglia, parrocchia e seminario: mi è apparso evidente come questi rapporti non solo abbiano raggiunto un buon esito nella formazione dei ragazzi, ma siano stati capaci di valorizzare le potenzialità di ciascuno dei soggetti coinvolti. La convinta collaborazione tra coloro che avvertono la responsabilità dell’educazione per il bene delle giovani generazioni, rimane una delle condizioni fondamentali da perseguire.

La parola Seminario evoca, senza troppa fatica, anche l’immagine della vita contadina: il seme e la seminagione, la cura e la coltivazione. Aleggia tra queste coordinate la misteriosa esperienza a cui diamo il nome di vocazione. Per molto tempo abbiamo attribuito la vocazione proprio a coloro che sarebbero diventati preti o comunque consacrati a Dio. Il termine ha poi assunto significati sempre più ampi.

Oggi sembra non voler dire più nulla, se non una naturale attitudine ad un’opera. In realtà, la vocazione è una continua provocazione, soprattutto in tempi in cui la tentazione del ripiegamento su di sé è sempre in agguato. Vocazione dice che la vita non si fa da soli, che nessuno si è fatto o si fa da solo e che la relazione con il prossimo è decisiva per la vita e il suo avvenire. Il mio prossimo diventa la mia vocazione e se il mio prossimo è addirittura Dio, il suo appello, la sua Parola sono capaci di illuminare e orientare l’esistenza in tutte le sue dimensioni.

La figura e l’esperienza del Seminario, evidentemente connotata dal progressivo riconoscimento di una vocazione, apre ad ogni persona e soprattutto alle giovani generazioni un orizzonte affascinante, in cui la serietà della libertà di ciascuno e l’appello all’incontro significativo con gli altri e con Dio, possono delineare una speranza non affidata solo al talento, all’impegno o alla fatalità.

Sul portale del Seminario di Bergamo è posta la gigantesca statua di Papa Giovanni, il Santo che vi ha compiuto i suoi studi ed insegnato; il Papa che ha desiderato che l’attuale costruzione sorgesse nel luogo dove la vediamo. Ai piedi della statua sta l’iscrizione «Seminarium». Evoca tempi antichi, una storia che affonda nel tempo, i cui frutti sono stati migliaia di preti al servizio della Chiesa in Bergamo e nel mondo, capaci di lasciare un’impronta nella vita, nella coscienza, nella fede di una moltitudine. Un’impronta che connota il nostro territorio, perché a partire dal loro ministero è cresciuta un’umanità ricca di radicate solidarietà, di impegni sociali impressionanti, di generosità sorprendenti.

La Chiesa di Bergamo, con riconoscenza e fedeltà, non vuol custodire solo una storia. Appartiene ai nostri convincimenti la certezza che la storia continua, anche in forme nuove, e avremo ancora la gioia di incontrare giovani che attraverso il Seminario diventeranno amici di Dio e dunque amici di ogni persona umana.

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