Quando i cittadini
risolvono i problemi

«Concorrenza sleale nei trasporti». Non era mai capitato di vedere applicata all’ambito famigliare una definizione tipica del campo economico, eppure è successo ad alcuni genitori con figli che frequentano l’Istituto alberghiero di San Pellegrino per aver organizzato uno scuolabus. Finora avevamo assistito alla battaglia legale sul fenomeno Uber Pop, l’app di una multinazionale americana che consentiva a chiunque di improvvisarsi autista, anche in Italia.

Ma in quel caso - anche se dal punto di vista del cittadino era gioco facile tifare per l’autostop super economico di Uber - si trattava di una rivendicazione di categoria comprensibile Una richiesta dei taxisti di mezzo mondo perché venisse fatta rispettare la normativa che evita l’abusivismo e la giungla delle tariffe. E soprattutto era una diatriba tra aziende. Simile ma profondamente diversa nelle motivazioni è la vicenda di San Pellegrino. Qui non c’è stata l’esigenza di tagliare i costi da parte delle famiglie (anche se l’avrebbero desiderato) per ridurre le spese degli abbonamenti (quest’anno aumentati!) dei pullman pubblici, ma di riorganizzare un servizio che il pubblico non è più in grado di garantire. Quindi semplici cittadini che risolvono da soli i problemi di uno Stato deficitario. Nulla di illegale, apparentemente.

Anzi, il privato che mette una toppa al pubblico sempre più in difficoltà dovrebbe ricevere una medaglia di merito. Ma nella fantasiosa galassia delle normative italiane, c’è spazio anche per l’assurdo. Un gruppo di genitori che si organizza, pagando di più, per offrire ai propri figli un trasporto scolastico adeguato viene tacciato di concorrenza sleale. Certo, questi genitori dell’Istituto alberghiero sono stati talmente bravi che non si sono accontentati di affittare due pullman per l’anno scolastico trasformandoli in semplici scuolabus, ma con l’operatore privato hanno pure disegnato due tratte, da Isola-Valle San Martino e dall’Hinterland cittadino verso San Pellegrino, con tanto di orario unico (andata e ritorno) e di fermate nei paesi toccati lungo il percorso. Come dire: un servizio coi fiocchi. E soprattutto vicino a casa, perché il problema era anche questo, oltre al sovraffollamento. Evitare l’effetto taxista per i genitori, obbligati a portare i figli con l’auto alla fermata del pullman, per alcuni distante anche 5 chilometri.

Questa «spinta dal basso» nel sistema dei trasporti, mai sperimentata sul nostro territorio, è stata stoppata alla vigilia del suono della campanella. Dalla Provincia, l’ente territoriale deputato a gestire il piano del trasporto su gomma tramite appalto ad aziende private, è stata spedita una lettera all’Associazione dei genitori dell’Alberghiero nella quale il «servizio fai da te» viene bollato come una sorta di concorrenza sleale, dunque non attivabile. La norma regionale che la Provincia deve applicare, sarà senz’altro legittima e da rispettare, ma in questo momento storico suona davvero come una beffa. Ma come? Il Governo quest’anno ha tagliato 155 milioni alla Regione Lombardia (rabboccati con 105 milioni prelevati dalle casse del Pirellone) sul trasporto pubblico locale, mettendo in ginocchio il sistema e il cittadino cosa deve fare? Subire.

Vietato organizzarsi per risolvere problemi che uno Stato, sempre più centralista e lontano dagli enti intermedi (Regioni, Province e Comuni), non sa più gestire a pieno regime. Ora, nessuno auspica l’anarchia nei trasporti, ma una sussidiarietà territoriale sì. Tanto più se l’iniziativa è limitata a una piccola esperienza locale, ben organizzata e pure autotassata con tanto di sovrapprezzo. E soprattutto se il 2016 si annuncia ancora più cupo sui trasferimenti statali. A conferma che la politica dei tagli ha lo sguardo corto, il caso San Pellegrino dimostra che comunque l’utente è disposto a pagare di più se il servizio è efficiente. Dunque, nei trasporti, risparmiare significa creare danno. Margini di miglioramento del servizio e di ottimizzazione della rete ci possono essere, ma lo Stato dopo la scure sui finanziamenti non tagli le gambe anche ai cittadini che sanno fare meglio. Delle due l’una: o lo Stato smette di tagliare o cambia la normativa sui trasporti lasciando spazio ai privati, come già accade in altre nazioni.

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