La beffa dell’Uefa
azzeccagarbugli

L’avvocato Azzecca-garbugli può cambiare mestiere quando vuole. Oppure può mandare il curriculum all’Uefa. La notizia: all’Uefa sono riusciti in ciò che sembrava impossibile: scrivere la sentenza sul caso Milan. Perché dopo l’udienza del 19 giugno, il dispositivo era atteso per il 20, al massimo il 21. Siamo arrivati al 27, dopo un rincorrersi di voci da far impallidire un covo delle peggiori pettegole. Un anno, no due anni, no un anno ma con megamaximulta. Alla fine, il risultato sfiora il metafisico: parlare di due anni per dire uno.

Parlare di due stagioni per fare la faccia cattiva, nascondendo la sentenza vera tra parentesi: una competizione nelle prossime due stagioni, «qualora si qualificasse». Siamo di fronte a un organismo, l’Uefa, che il 27 di giugno con la mano sinistra finge di non sapere che il Milan è qualificato alla prossima Europa League, perché la stagione si chiude formalmente il 30 giugno e dunque non si può dire quel che tutti sanno e le classifiche testimoniano. Ma è la stessa Uefa che il 20 giugno, con la mano destra, ha certificato i risultati del campionato scorso sorteggiando i gironi dei preliminari di Europa League, col nome dell’Atalanta comodamente infilato nell’urna.

Tutto questo per dire cosa: che le sentenze si rispettano, tutte. Per carità. Ma si possono anche commentare. E questa è una sentenza che sfida il ridicolo. Volevano trovare il modo di non bastonare il Milan, lasciando aperto ai rossoneri il portone del Tas. Ma non potevano perdere la faccia, perché è l’Uefa ad aver imposto le (sacrosante) regole su trasparenza dei bilanci, fair play finanziario e tanti blablabla contabili. Quindi si sono inventati questo artificio lessicale, una competizione nelle prossime due stagioni, che dice tutto e dice niente: le dieci righe meno comprensibili della storia dell’Uefa. Al punto che ieri pomeriggio persino i massimi esperti della materia compulsavano messaggi: due anni, no uno, aspetta che non si capisce, uno, due, ma forse però. Fino alla resa: volevano far sembrare due anni, ma è uno.

Un anno solo, senza aggiungere nulla. Non il secondo anno di squalifica, non la multa di cui tanto si vociferava nei giorni scorsi. Questo significa una cosa: che l’Uefa ha messo il Tas con le spalle al muro, non ci saranno vie di mezzo nella sentenza sul ricorso del Milan. Il Tas non potrà dimezzare la squalifica, o togliere la multa. Quasi impossibile che si passi da un anno alla multa. Di fatto, potrà solo confermare la squalifica, o salvare il Milan. Ma salvare chi? Una società sulla cui proprietà da mesi si addensa la tipica nebbia di Milano. Una società cui da mesi viene contestato il mancato rispetto delle regole Uefa (altrimenti non saremmo a questo punto). Una società che negli ultimi giorni ha trovato soci possibili in America, anzi no in Inghilterra, anzi no in America. Ma non il primo, quello misterioso. Il secondo, i magnati del baseball. Ma poi no, torna il primo e si svela: il classico «zio d’America», partito dalla Calabria e che ha fatto i soldi, tanti soldi. E a uno così quando pensa al Milan cosa va a capitare? Piantato in asso sul più bello dal cinese che non caccia i soldi per l’aumento di capitale, però si permette il lusso di alzare il prezzo proprio quando la sua società è in attesa di una sentenza vitale. Se non siamo al grottesco, poco ci manca.

In tutto questo di serio cosa c’è? Ci sarebbero, se fossero considerati, i diritti delle società che non spendono più di quel che possono, tipo Atalanta e Fiorentina, per esempio. Ma che vuoi che siano, due società che non sanno se il 26 di luglio dovranno giocarsi il futuro in Europa oppure un’amichevole coi dilettanti. Chissenefrega. Anzi, diciamo grazie all’Uefa, che ci anima questa estate senza Italia ai Mondiali. Che ci fa andare in vacanza e ci regala la telenovela a gratis. Occhio solo in certi autogrill: potrebbero provare a vendervi un pezzo di Milan, ma magari dentro c’è un mattone.

© RIPRODUZIONE RISERVATA