Nigeriane ridotte in schiavitù e costrette a prostituirsi in Bergamasca

Prometteva a ragazze nigeriane un lavoro sicuro in Italia dietro il pagamento di 2500 euro, per poi costringerle a prostituirsi e pretendere una cifra venti venti volte superiore, esercitando condizionamenti psicologici attraverso riti magici che avrebbero avuto ripercussioni negative anche sui loro parenti. Questo il metodo usato da Felicia Igibinigun, 40enne pluripregiudicata nigeriana residente in Italia da anni, arrestata dai carabinieri della Compagnia di Treviglio nel suo appartamento di Lallio, al termine di accurate indagini eseguite in collaborazione con la Direzione distrettuale antimafia di Brescia. La donna, in regime di custodia cautelare nel carcere di Bergamo, è accusata di favoreggiamento della prostituzione, dell’entrata e permanenza di clandestini in Italia, ma anche della tratta di persone, e riduzione e mantenimento in schiavitù.

Oggetto del suo redditizio e illecito lavoro erano quattordici ragazze connazionali di età compresa tra i 20 e 23 anni, attratte dal miraggio di un lavoro onesto e sicuro, magari in qualche negozio. Ma una volta arrivate in Italia via Parigi, già la sera stessa le giovani venivano obbligate a prostituirsi in strada, nella zona di Lallio, Osio Sotto e Dalmine, ma anche tra Cassano (Milano) e Treviglio. Per ottenere il passaporto falso e il biglietto dell’aereo avrebbero dovuto sborsare 50 mila Nayara (moneta nazionale nigeriana, equivalente a 2.500 euro): una cifra abbordabile se non fosse che appena in Italia, la donna arrestata pretendeva dalle ragazze 50 mila euro. Il lavoro della donna indagata non si limitava alla gestione del suo losco traffico. Infatti, nel suo appartamento di Lallio, riceveva le ragazze e attuava riti magici nei loro confronti, inducendole a continuare nell’attività e a mantenere il silenzio, indirizzando la maledizione qualora avessero parlato e si fossero rifiutate di prostituirsi. Il lavoro dei carabinieri e della Direzione distrettuale antimafia di Brescia prosegue infatti in questo senso, appunto per scoprire se Felicia Igibinigun ingaggiasse le ragazze tramite una rete organizzata presente in Nigeria, in grado di procurare soprattutto i passaporti falsi.(08/03/2007)

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