«In città almeno 10 mila islamici»
Sale di preghiera, crescita nell’hinterland

«Su un totale di oltre 140 mila immigrati sul territorio orobico, quasi il 45% è di fede islamica. A Bergamo sono almeno diecimila. Non si può negare che a determinare chiusure siano eventi tragici legati al terrorismo. Ma da qui si deve partire: va definito una volta per tutte che il terrorismo è terrorismo e basta, e che la religione non c’entra nulla, ma per questo serve un impegno culturale e politico».

Don Massimo Rizzi, responsabile dell’Ufficio migranti e dell’Ufficio dialogo interreligioso per la Diocesi di Bergamo, di islam se ne intende: ordinato sacerdote nel 1998, dal 2000 è stato inviato a specializzarsi in islamistica dapprima in Egitto, al Dar Comboni del Cairo, quindi a Roma, al Pisai (Pontificio istituto studi arabi e islamistica); parla anche l’arabo ed è licenziato in Teologia e in islamistica. E ribadisce: «Non è accettabile né tantomeno sussiste l’equivalenza terrorista uguale islamico». A creare diffidenza nell’opinione pubblica c’è il fatto che anche a Bergamo si sia scoperto che in diversi centri islamici e in diverse occasioni siano transitati predicatori ritenuti dalle forze di polizia di mezzo mondo «reclutatori» di combattenti per l’Isis. Questo non rassicura.

«Le comunità islamiche dovrebbero capire che è importante che si assumano in prima persona la responsabilità di vigilare su chi entra in casa loro – sottolinea don Rizzi –. Ma non si può escludere che chi ha invitato questi predicatori ignorasse chi realmente fossero queste persone. Di certo, le varie associazioni islamiche che vivono a Bergamo dovrebbero seguire trasparenza e sincerità verso istituzioni e residenti: è la condizione per un confronto sui luoghi di preghiera».

L’unico centro di preghiera riconosciuto in città e provincia è quello che si chiama comunemente moschea di via Cenisio, che fa campo al centro islamico di cui è vicepresidente Mohamed Saleh e che è affiliato all’Ucoii, Unione comunità islamiche d’Italia. «La crescita in questi ultimi anni dei luoghi anche di preghiera nell’hinterland e su tutta la provincia è stata importante – continua don Massimo Rizzi –. Nella stragrande maggioranza si tratta di centri ufficialmente riconosciuti solo come sedi di varie associazioni».

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