Yara, il pm: puzzle quasi completato
«Indagine a elenchi, senza testimoni»

Conferenza stampa degli inquirenti dopo il fermo di Massimo Bossetti. Il procuratore capo Dettori: «Polemiche aride e stupide sulle cifre impiegate per l’indagine: di fronte ad un’adolescente uccisa, lo Stato non deve badare a spese».

«Il puzzle è quasi completato. Ma ci guardiamo bene dal considerare il caso ancora chiuso. Ci sono gravi indizi di reato e necessità di esigenze cautelari». Quello della tragica fine di Yara Gambirasio, e dell’arresto di Massimo Giuseppe Bossetti, in cella da lunedì 16 giugno. «È stata un’indagine faticosissima, ma ogni giorno qualche tassello andava a completare il puzzle» ammette il pm Letizia Ruggeri nella conferenza stampa in corso in Procura. «Non avete idea di quanta fatica è stata fatta in un’indagine a elenchi, con nessun testimone e ben poche telecamere funzionanti. Nei primi mesi è stato un incubo».

Poi la svolta, purtroppo tragica: «Il ritrovamento del cadavere di Yara ha dato una svolta alle indagini. Come è noto i cadaveri danno informazioni e sapete che sugli slip è stato localizzato questo dna: è stato il faro alla luce del quale proseguire le indagini».

Partendo da un punto fermo «Dopo aver riesumato il cadavere di Guerinoni, non abbiamo avuto più nessun dubbio sul fatto che fosse il padre del soggetto che stavamo cercando».

«Un’indagine impossibile, affascinante» ha aggiunto il procuratore capo Francesco Dettori. Che si è tolto qualche sassolino dalla scarpa: «Sono stati impegnati svariati milioni di euro: un impegno di spesa che si è prestato a critiche totalmente ingiustificate visto il risultato al quale si è pervenuto. Quando c’è di mezzo la morte di un’adolescente di 13 anni, lo Stato non deve badare a spese. Sono state polemiche aride e stupide». E ha aggiunto: «Non ci sono state contraddizioni nel percorso investigativo basato su una linea operativa strettamente scientifica, dall’individuazione della madre del presunto autore fino all’individuazione della persona che conoscete».

Ma la strada è stata difficilissima: «Indagine lunga, faticosa, dalle vicende alterne: contradditoria e sorprendente» ha ricordato la Ruggeri. Nel corso della quale sono state prese in considerazione le 120 mila utenze transitate nelle 24 ore dalla scomparsa di Yara nella cella telefonica tra Mapello e Brembate Sopra. E ancora, l’entusiasmo dopo aver scoperto un dna compatibile e lo sconforto per non riuscire a trovare la persona giusta nell’ambito della famiglia Guerinoni: «Avevamo coperto tutta la famiglia fino al 1815 e a tratti fino al secolo precedente ma non lo trovavamo», ha ricordato la pm. E poi la Val del Riso, Gorno, «Abbiamo sentito tutti gli anziani del posto viventi e in grado di rispondere. Ma non è emerso niente». Fino alle vecchie maniere: «C’è stato chiuso per 3 mesi in via Fratelli Bronzetti a scartabellare libroni alti un metro: un lavoro da topi di biblioteca. E questo dà la misura della fatica, di un lavoro a tappeto senza lasciare alcuna traccia».

«C’è stato un apporto della scienza nelle indagini come forse mai in precedenza»: lo ha detto Mario Parente, comandante del Ros, sulle indagini per la morte di Yara Gambirasio, aggiungendo che «è stato un lavoro enorme, una prova enorme di professionalità» perché «è stato difficilissimo isolare il Dna’un’operazione di assoluta avanguardia nel settore. E non è vero che sono mancati fondi per le indagini». Per Raffaele Grassi, direttore dello Sco (Servizio centrale operativo) della polizia, «è un caso unico che potrà essere illustrato nelle scuole di polizia giudiziaria».

«Abbiamo dato il nome a un marziano, perché sembrava fosse stato un marziano a scendere a prendere la piccola Yara», il commento del questore Fortunato Finolli. «Devo dire grazie a tutti i carabinieri e le forze dell’ordine per questo lavoro», aggiunge Antonio Bandiera, comandante provinciale dei carabinieri: «È stato davvero un grande lavoro di squadra».

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