Grande succeso per Lech Walesa:
«Bisogna agire per cambiare»

Grande successo di pubblico, martedì sera al Teatro Donizetti, per ascoltare il premio Nobel per la pace, Lech Walesa, leader di Solidarnosc, a Bergamo per aprire le iniziative di «Molte fedi sotto lo stesso cielo». In un teatro tutto esaurito, Walesa ha rievocato la storia di quel periodo, soffermandosi poi sul ruolo dell'Europa oggi e sulla necessità di trovare un'intesa con la Cina.

Tutti temi che il premio Nobel per la pace ha ripercorso anche nell'intervista rilasciata al nostro giornale nel corso di una visita avvenuta nella redazione martedì pomeriggio. «Credete in voi - ha rimarcato ancora Walesa -: bisogna agire per cambiare, ed è solo questione di tempo. Io ne sono la prova vivente»

Di seguito, ecco uno stralcio dell'intervista rilasciata a L'Eco.

Il generale Jaruzelski nel 1981 impose la legge marziale in Polonia, ma evitò probabilmente un'invasione sovietica. Come lo giudica oggi?

«Il generale è una personalità eminente, un uomo che appartiene a una generazione di tempi ingiusti. Ha avuto la sfortuna di vivere in un'epoca cattiva. In quegli anni noi eravamo nella sfera degli interessi sovietici, non potevamo difenderci, non ne avevamo le forze. La Polonia è stata tradita più volte nel corso del '900, e Jaruzelski appartiene alla generazione del tradimento. Ha cercato di salvare il salvabile, in un modo o nell'altro».

Lei ha detto che un paese con un passato tragico come il suo deve saper guardare avanti. Che bisogna anche perdonare, non cercare di fare i conti a tutti i costi con il passato e le sue nefandezze, come vorrebbero invece gli alfieri della «lustracija», della «purificazione» della nazione a costo di frugare in ogni archivio di polizia e in ogni famiglia.

«Sì, sono convinto che si dovrebbe mettere in moto un movimento di perdono e di riconciliazione nazionale. Ma la gente vuole soddisfazione. Tanti sono ancora infuriati per quanto è accaduto sotto il comunismo. Non si negheranno, quindi, questo tipo di risarcimento. Ma è una cosa stupida, sbagliata. Si tratta poi di storie spesso individuali, ciascuno ha giocato la sua partita, scontrandosi o incontrandosi con la polizia e con tutta una serie di realtà organizzate di quel sistema. Ci vorrà un po' di tempo: una o due generazioni dovranno pagare questo prezzo. È un prezzo non sempre saggio, ma la vita è così».

Cosa rimane oggi dell'esperienza, storica, di Solidarnosc? «Certamente una grande vittoria, politica e ideale. L'esempio di come si può combattere, anche in questo XXI secolo, una battaglia non con la forza ma con la saggezza, argomentando le proprie ragioni, facendole valere attraverso un processo di trasformazione delle coscienze. Quell'esperienza degli anni '80 ha avuto tre capitoli essenziali. Il primo è stato la costruzione - anche grazie al Papa polacco, Giovanni Paolo II - di un monolite capace di fronteggiare il comunismo; questo è stato il momento magico, spettacolare di un risveglio, se vogliamo anche piuttosto teatrale. Quando abbiamo visto che il sistema stava cedendo abbiamo dovuto affrontare il secondo capitolo: non potevamo sostituire quel monopolio voluto da Lenin, Stalin con un altro tipo di monopolio; tutta la forza che eravamo riusciti a costruire attorno a Solidarnosc dovevamo spenderla in democrazia, in pluralismo, in libertà economica. Quindi siamo stati costretti a dividere il patrimonio: non avevamo lottato per anni per trasformarci a nostra volta in un partito egemone. Abbiamo quindi messo in moto il processo di divisione della democrazia in vari partiti, e noi sindacalisti ci siamo messi a costruire un nuovo genere di sindacato. È il terzo capitolo: la Solidarnosc di oggi è un classico sindacato, che difende degli interessi, la mia Solidarnosc era un movimento sociale più ampio. Avrebbe dovuto ripiegare le proprie bandiere alla fine del primo capitolo, io l'avevo proposto subito ma allora non mi hanno dato ascolto. Oggi però la solidarietà all'interno della società è ancora necessaria, ci vuole una nuova Solidarnosc in Europa e - io credo - anche a livello globale».

Leggi tutta l'intervista su L'Eco in edicola mercoledì 22 settembre e guarda i video con l'intervista a Walesa

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