Eleonora, un anno dalla tragedia
I ricordi: «Ho vissuto l’orrore»

Domenica, 8 settembre, un anno fa. A Chiuduno quella notte, sulla strada all’altezza del mobilificio Valli, s’interrompe la vita di due persone e cambia per sempre quella di molte altre. Sono più o meno le 22,45 e Maria Laura Salvi, torna da una giornata a casa del fidanzato.

Domenica, 8 settembre, un anno fa. A Chiuduno quella notte, sulla strada all’altezza del mobilificio Valli, s’interrompe la vita di due persone e cambia per sempre quella di molte altre.

Sono più o meno le 22,45 e Maria Laura Salvi, che allora aveva 22 anni, torna da una giornata a casa del fidanzato Federico, il figlio di uno dei due fratelli Gregis, i dottori di Grumello. È diretta a Casazza, a casa. Vede un’Audi A2 nera sul ciglio tra l’erba e la strada.

Fuori, in piedi, c’è una giovane donna e, a terra, un uomo. Maria Laura si ferma, pensando a un incidente. Il tempo di accostare, dirsi che se fosse lei la persona sull’asfalto vorrebbe qualcuno accanto. La scena, immobile se non fosse per la donna che parla con l’uomo ferito, cambia in pochi attimi.

Maria Laura è ancora in macchina, la sua memoria si ferma a due lampi di luce che le vengono incontro a velocità folle, al rumore delle auto che si accartocciano, alle urla dei feriti, a un giovane indiano che le compare dal vetro anteriore in frantumi, in mano un piede di porco. E basta. Pochi altri ricordi spezzati, come una luce che si accende e si spegne. La forza di Maria Laura di penetrare il buio di quella notte per ora si ferma qui.

È sua la Fiat Punto grigio scuro, una delle quattro auto che restano per ore davanti al mobilificio anche dopo che le salme e i feriti sono ormai altrove, altrove anche l’eco della disperazione di Mino, Mariella e Luigi Cantamessa. Sulla strada i carabinieri, gli uomini della scientifica che misurano e rilevano. Non ricorda Maria Laura cos’è successo nel frattempo. A un anno di distanza da quella notte, sa questo: che è viva, che è una delle due persone tra quelle arrivate con le quattro auto, a non essere finita in ospedale. O al cimitero.

Eleonora Cantamessa muore quella notte insieme all’uomo a terra, Kumar Baldev. Joana Busuoic, che era arrivata con l’Audi A2 nera ed era stata la prima a soccorrere l’indiano, finisce in coma al «Papa Giovanni». Luca Bartoli, l’amico che guidava la Golf bianca della dottoressa, al «Bolognini».

In ospedale, gravemente ferito, finirà anche Raffaele Daloiso di Endine, e con ferite più lievi il senegalese Saliou Mbaye che era sceso dal condominio anche lui per vedere se c’era da aiutare. L’ultima delle quattro macchine è la Golf grigia, piombata come un’arma sugli uomini e sulle donne: al volante c’è Vicky Vicky, fratello di Kumar. In carcere con l’accusa di doppio omicidio, l’indiano è l’altra persona uscita indenne da quella scena di guerra.

Indenne... Usa una parola precisa Maria Laura per raccontare come riesce a convivere con la notte. Usa la parola tormento. La giovane studentessa di Scienze della formazione a Milano-Bicocca, ha riportato un trauma cervicale, il colpo della strega. Niente. Le sue ferite sono dentro, nell’anima, nella sua storia.

«Per giorni e notti non sono più riuscita a dormire – racconta, mamma Domitilla a fianco e Lola, il cocker di famiglia, che le gira attorno –. Non sono riuscita a mangiare, a uscire di casa, a salire su un’auto, a guidare, a studiare. Per sei mesi non ho frequentato i corsi all’università. La prima volta che sono tornata da Federico, mi ha accompagnato la mamma, era due domeniche dopo».

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