Cosa fai la domenica se fa bello?
Il turista «per caso» sulla Brebemi

In fervida attesa di frotte di danarosi visitatori cantonesi e costaricani paracadutati dal turbine dell’Expo 2015, la pianura bergamasca sta conoscendo un tipo di turismo più «minimal» e «local», a tratti intriso di nostalgia canaglia. È il richiamo delle grandi opere.

In fervida attesa di frotte di danarosi visitatori cantonesi e costaricani paracadutati dal turbine dell’Expo 2015, la pianura bergamasca sta conoscendo un tipo di turismo più «minimal» e «local», a tratti intriso di nostalgia canaglia. È il richiamo delle grandi opere.

Nei pochi fine settimana di sole, le larghe fette di campagna invase dai cantieri di Tav e Brebemi sono diventate meta di un costante pellegrinaggio di camminatori post prandiali e ciclisti in borghese.

Si tratta in prevalenza di indigeni dei paesi circostanti che con sguardi tra l’attonito e il circospetto varcano i confini espropriati dai mega cantieri. Lo spirito che li muove è ben diverso dalle lunghe contemplazioni dei lavori in corso nella cerchia dell’abitato che solitamente calamitano capannelli di pensionati e antiche partite iva.

No, qui il passante è un spinto dalla necessità più spiccia di dover cartografare mentalmente un territorio in rapida mutazione, solleticato anche dalla fiammella di curiosità. Quella stradina campestre che arrivava alla ferrovia ci sarà ancora? E il fosso che lambiva la cascina con le piante di salice che fine avrà fatto? E soprattutto da dove si passa per andare a Masano?

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