Calderoli e gli insulti alla Kyenge
Il caso torna alla Corte Costituzionale

È ammissibile il conflitto tra poteri dello Stato proposto dal Tribunale di Bergamo nei confronti del Senato.

Il caso è quello degli insulti di Roberto Calderoli all’allora ministra Cecile Kyenge, definita «orango» dal senatore leghista in un comizio nel luglio del 2013. Lo ha deciso la Corte Costituzionale, che successivamente si pronuncerà nel merito. Lo scorso 16 settembre il Senato aveva autorizzato a procedere contro Roberto Calderoli per diffamazione nei confronti di Kyenge, ma aveva respinto la richiesta del Tribunale di Bergamo di procedere per il reato di istigazione all’odio razziale.

Nel gennaio di quest’anno i magistrati bergamaschi hanno promosso un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato contro la delibera di Palazzo Madama, che - secondo i giudici - non avrebbe avuto la competenze di scindere il reato in sè e per sè dall’aggravante razzistica, invadendo così il terreno di competenze della magistratura. Per il Tribunale, inoltre, le dichiarazioni del senatore non sarebbero coperte dall’articolo 68 della Costituzione, secondo cui «i membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni», dal momento che «l’assimilazione di una signora di colore ad un orango» da un lato giustificherebbe la natura razzista dell’insulto e dall’altro ne escluderebbe ogni possibile collegamento con qualsiasi attività parlamentare. In attesa di pronunciarsi nel merito, la Consulta ha dichiarato ammissibile il conflitto tra poteri disponendo l’immediata comunicazione dell’ordinanza al Tribunale di Bergamo che dovrà notificare l’atto al Senato entro 60 giorni.

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