Bossetti a un anno dall’arresto
E il 3 luglio inizia il processo

È passato un anno da quelle manette messe in cantiere. Un anno dal tweet di Alfano. Massimo Bossetti, accusato del delitto di Yara Gambirasio, è ancora in carcere, in attesa dell’avvio del processo, il prossimo 3 luglio. Gravità indiziaria e pericolo di reiterazione del reato, i motivi principali.

L’inchiesta che ha portato a dire che Bossetti è il presunto assassino di Yara, dunque, sin qui ha tenuto, sorretta dal pilastro del dna. Il test è stato ritenuto elemento schiacciante ai fini cautelari, cioè abbondantemente sufficiente a tener dentro il muratore in attesa di giudizio, e valido anche dal punto di vista processuale, tant’è che il gup Ciro Iacomino ha inserito la relazione dei Ris di Parma su «Ignoto 1» negli atti che formeranno il fascicolo per il dibattimento.

Ma il dna reggerà anche in aula? Basterà per confermare che è Bossetti l’assassino di Yara? È la domanda che in 365 giorni ha riempito altrettanti talk-show. Reggerà, per l’accusa: il pm Letizia Ruggeri non ha motivo di dubitare che il profilo genetico scoperto sugli indumenti di Yara e ribattezzato «Ignoto 1» sia stato ricostruito correttamente dai consulenti scientifici.

La difesa annuncia battaglia per luglio. «C’è solo in dna» commenta l’avvocato di Bossetti

Claudio Salvagni.

In questi giorni sia il pm Letizia Ruggeri, sia i difensori di Bossetti (Salvagni e il collega Paolo Camporini) stanno lavorando alle rispettive liste testi, che andranno depositate entro il 25 giugno in Tribunale. «Le persone sentite nel corso delle indagini sono quasi 5 mila. Stiamo rileggendo i verbali di tutti. Siamo arrivati a mille e abbiamo già deciso che 60 di questi soggetti li citeremo come testi della difesa. Se proseguiremo di questo passo, alla fine il nostro elenco sarà corposo, conterà centinaia di testimoni, 250-300 persone». Anche se l’elenco dovesse essere sfoltito, quello che sta per iniziare sarà un processo lungo. «Cercheremo di far emergere piste alternative già toccate dalle indagini: a nostro avviso erano piste serie ma la Procura – accusa Salvagni – le ha sottovalutate».

© RIPRODUZIONE RISERVATA