Cronaca / Hinterland
Venerdì 19 Ottobre 2012
Bullo lo insegue, scappa da scuola
Un dodicenne investito: è grave
Immaginatevi la scena: un bambino di 12 anni che corre terrorizzato fuori da scuola, inseguito da un coetaneo che lo minaccia di morte. Lui che attraversa la strada per sfuggirgli, attraversa sulle strisce e si accorge all'ultimo momento che sta arrivando un'auto.
Immaginatevi la scena: un bambino di 12 anni che corre terrorizzato fuori da scuola, inseguito da un coetaneo che lo minaccia di morte. Lui che attraversa la strada per sfuggirgli, attraversa sulle strisce e si accorge all'ultimo momento che sta arrivando un'auto.
Salta per evitarla, sbatte sul cofano e finisce sul parabrezza, mandandolo in mille pezzi. È ferito alla testa, perde sangue, sviene. Accorrono i genitori degli altri ragazzini, lui si riprende e schizza in piedi come una molla, ricomincia a correre nel panico più assoluto: «Devo scappare o mi prenderà».
Finalmente una mamma riesce ad afferrarlo, lo calma e lo fa sdraiare, mentre gli altri chiamano il 118. Non è un film dell'orrore ma è successo mercoledì pomeriggio alle medie Camozzi di Dalmine, alle 16, all'uscita da scuola, sotto gli occhi di tanti studenti e genitori.
L'ennesimo, gravissimo episodio di bullismo che per poco non è costato la vita a un ragazzino di seconda media, ora ricoverato in gravi condizioni agli Ospedali Riuniti con una frattura cranica. «Mio figlio è stato preso di mira da un gruppetto di tre studenti fin dall'anno scorso – racconta la mamma – due di loro sono stati bocciati e quest'anno sono nella sua stessa classe».
«Gli hanno fatto qualsiasi cosa: rotto l'ombrello in testa, triturato le penne sotto i piedi, preso per il collo, minacciato, alcune volte anche davanti ai professori. Qualche ragazzino addirittura è stato costretto a mettere la testa nel water e poi hanno tirato l'acqua. Altri sono stati vittime di vere e proprie estorsioni: se non consegnavano soldi o merendine, gli tagliavano le cartelle. L'anno scorso hanno riempito d'acqua dei preservativi e li hanno gettati addosso alla bidella».
«So che alcuni di questi bulli vivono in famiglie che hanno delle difficoltà, ma non si può andare avanti in questo modo: abbiamo segnalato più volte, l'anno scorso, queste violenze intollerabili agli insegnanti e alla preside, ma nulla è stato fatto. Purtroppo quest'anno sono cambiati sia i professori sia il preside. Noi genitori avevamo programmato di parlarne in consiglio di classe, ma ieri mio figlio ha rischiato la vita e la situazione è diventata urgentissima. La scuola deve intervenire, e subito».
«Prima di tutto speriamo che la situazione del ragazzo migliori, sono vicino a lui e alla sua famiglia. Quello che è successo è molto grave, per fortuna non è successo l'irreparabile. Dalle prime notizie che mi sono arrivate l'incidente e il suo contesto apparivano più leggeri, quasi uno sfortunato incidente. Non mi risultavano episodi di violenza o comportamenti aggressivi nei confronti del ragazzo, come invece mi sono stati riferiti a Sabbio e a Mariano, dove sono intervenuto. Dovremo chiarire fino in fondo quanto è successo a Dalmine. Sentirò la famiglia e il personale della scuola».
Questa è la posizione ufficiale della dirigenza delle scuole secondarie di primo grado Camozzi. Le parole sono del reggente Cesare Quarenghi. «Sono arrivato quest'anno a Dalmine - racconta ancora - e ho trovato una scuola molto sensibile e bene organizzata, il merito è di chi mi ha preceduto e dei colleghi non posso dire altro che bene»
Leggi la pagina dedicata all'argomento su L'Eco di venerdì 19 otobre
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88mifune
12 anni, 5 mesi
Questo più che un atto di bullismo a me pare un tentato omicidio. P.S: ignoto221 dici 'il parabrezza aveva solo una crepa' come se fosse poca cosa! Alla faccia! Ma hai presente quant’è resistente un parabrezza, mica si incrina solo toccandolo! Questo non fa che confermare la gravità dell’accaduto.
boy985
12 anni, 5 mesi
Scusa ignoto, dici che il ragazzino era accanto a te e il presunto bullo a prendere la bicicletta. Ma allora questo povero ragazzino come ha fatto a finire addosso alla macchina? se poi vuoi parare il sedere al bullo, fossi al tuo posto mi vergognerei!
ignoto221
12 anni, 5 mesi
scusate io sono un compagno dii scuola di questo ragazzo e posso smentire parecchie cose! il ragazzino era accanto a me e il presunto bullo andava a prendere la bicicletta (io conosco il presunto bullo e posso dire che non farebbe mai una cosa simile come mettere una testa nel wc e tirare l'acqua e rincorrere il ragazzo per poi farlo investire), il parabrezza dellla macchina era intatto aveva solo una crepa! e posso dire a una mamma che lo ha aiutato: ha dato una versione dei fatti diversa dalla realtà perche' il presunto bullo non gli stava simpatico. io queste cose non le voglio piu' vedere e sentire perche' i miei amici presunti bulli sono stati accusati ingiustamente di alcune cose. Commentate pure, posso anche esservi utile. Vi ringrazio N.B alunno compagno di scuola di questo ragazzo!
omarvitali
12 anni, 5 mesi
Sono rimasto molto colpito da quanto successo e altrettanto colpito dai commenti letti in internet, ascoltati da più parti. La motivazione circa il presente commento nasce da una soggettiva percezione e, a mio parere da un riconosciuto cambiamento in seno alla società e in primo luogo, della famiglia negli ultimi trenta, quarant'anni. Trovo a mio avviso fondamentale il ruolo del padre, padre all'interno della nuova famiglia soprattutto in questa vicenda. Se, ancora prima della fine della seconda guerra mondiale, o se prima della massiccia rivoluzione industriale post-bellica soprattutto nelle zone ad economia agricola, il ruolo del padre si identificava con quello del pater familias, ruolo chiaro, deciso e spesso autoritario, oggi, attraverso un processo secondo me solo a prima vista regolare, famiglia e ruoli all'interno di essa sono mutati o sono ancora via via in fase di cambiamento, assestamento. La forte espansione economica derivata dalla massiccia industrializzazione, le migrazioni e l'urbanizzazione, le rivendicazioni del 1968, le modificazioni conseguenti anche in seno alla famiglia, hanno rimodellato oggi come un processo, che come dicevo sopra non sembra ancora essere concluso, il ruolo del nuovo padre all'interno della nuova famiglia. E' a mio avviso un esempio di questa antinomia tipica del nucleo famigliare e della società contemporanea, la questione non del tutto sopita, della reintroduzione delle punizioni corporali in materia di educazione dei figli. Senza entrare nello specifico della questione, non essendo questa la sede idonea, penso che il pericolo di esercitare l'autorità genitoriale come spesso capita nelle famiglie dei "bulli", attraverso l'in-esercizio della funzione educativa o l'esercizio delle punizioni corporali, ti picchio per insegnarti a non picchiare, sia ancora maggiore in una struttura famigliare ancora troppo nuova e spesso ancora da definire, ancora troppo giovane potrebbe non disporre di quella solidità, sicurezza in grado di relazionarsi con autorevolezza invece che con autorità e non avere quindi ancora maturato quelle competenze educative circa la crescita emotiva ed affettiva dei figli necessarie in una società che sembra cambiata troppo velocemente. A mio parere, un po' come scriveva Primo Levi, non c'è una grossa differenza tra vittima e carnefice e spiego questo concetto del tutto personale dicendo che gli stessi "bulli" sono carnefici e vittime, vittime delle loro relazioni famigliari delle relazioni intime ed affettive, la cui palestra ove esercitarle sono prima di tutto, la famiglia. A mio avviso non esiste nessun bimbo, fanciullo, ragazzo con colpa ma solo genitori con il loro modello educativo, forse riprendendo il concetto sopra, anch'essi vittima di altre relazioni familiari inadeguate. Si è visto che da quando la distruttività delle guerre mondiali e del Vietnam è stata associata all'aggressività paterna, i padri non autorevoli (attenzione non autoritari) sono in aumento ma, a questa evoluzione si accompagna, secondo la mia idea ad un involuzione aumentando così anche i giovani che si affidano solo al gruppo e, sostituiscono i padri con i capobanda. Mentre è innegabile, che per i figli nel loro insieme, la minore impulsività, autorità, sia un bene, molti ragazzi si allontanano da un padre mite, ai loro occhi troppo debole, per dare la loro ammirazione a qualche tipo violento che eleggono a padre adottivo, un po' come in Pinocchio dove il burattino-bambino, si stanca presto del padre Geppetto, onesto ma noioso, e lo abbandona, per seguire Lucignolo, lo scolaro ribelle, un po' come scrive Luigi Zoja nel suo libro del 2000 o 2001. J. Lacan parlava di "evaporazione del Padre". Nel periodo questo in cui la figura paterna è in crisi, crisi descritta quindi dallo stesso J. Lacan come "evaporazione del Padre", la famiglia contemporanea ci appare in metamorfosi, a volte disordinata, senza nucleo. Incontriamo famiglie stratificate da legami diversi tra i propri membri, separazioni, gravidanze affidate a membri esterni alla coppia, famiglie mono-genitore, adozioni nelle coppie omosessuali, sono tutti fenomeni ipermoderni che hanno alterato il modello "tipo" della famiglia occidentale. La famiglia composta da una coppia eterosessuale, con un figlio, istituita dal legame matrimoniale e destinata a durare tutta una vita non è più un modello sufficiente per descrivere la configurazione attuale del legame di coppia. Il nostro tempo sembra anche a mio avviso sancire il declino dell'idea arcaica di padre e della sua funzione, si parla di padre mammo, padre amico, padre succube dei figli, della compagna, angosciato dal timore di non essere amabile e quindi disposto a dire sempre si o, a eclissarsi nel timore di sbagliare. La domanda da farsi potrebbe essere. Che tipo di maschilità succede a quella tradizionale patriarcale? Confrontandomi con altri padri colgo due problematiche, la prima è il forte timore di non sentirsi amati dai propri figli ribaltando così la dialettica del riconoscimento, oggi non sono più i figli che domandano di essere riconosciuti dai loro genitori ma sono i genitori che domandano di essere riconosciuti da loro e, a mio avviso in questo caso potrebbe esserci un problema derivante dal fatto di dire sempre "Si!". La seconda angoscia colta nei nostri discorsi di papà è quella legata al “principio di prestazione”. Lo scacco, l'insuccesso, il fallimento dei propri figli sono sempre meno tollerati, la frase tipica, “devono essere quello che non sono stato io” o, “devono avere quello che non ho avuto io”. L'ostacolo oggi giorno non è più accettato, e quindi anche per i figli deve essere velocemente rimosso senza dare il giusto tempo di farne esperienza. Le attese narcisistiche dei genitori rifiutano di misurarsi con questo limite attribuendo ai loro ragazzi progetti di realizzazione obbligatoria ma, come ha scritto Jean Paul Sartre nell'Idiota di famiglia, se i genitori hanno dei progetti per i loro figli, i figli avranno immancabilmente dei destini, e quasi mai felici. C'è chi sottolinea che avere un figlio senza difetti, perfetto, riflette le angosce narcisistiche dei genitori. A mio avviso quindi, qualora si pensasse anche ad una punizione per questi bambini, ma sarebbe meglio forse educare alla genitorialità i genitori, bimbi così cresciuti da essere "bulli", ma così piccoli da non essere ancora bambini, è necessario comprendere cosa significa, fallire, smarrirsi, perdersi, è necessario infatti il tempo del non riuscire, dell'errore, della sconfitta, del ripensamento, è necessario comprendere il significato intimo di questa caduta da cavallo, c'è sempre un incontro con la terra, un faccia a faccia con lo spigolo del reale. La parte positiva, una volta compresa l'azione è che, chi non si è mai perduto non sa cosa sia ritrovarsi. Si capisce da quanto scrivo che ritengo la figura paterna responsabile di un ruolo fondamentale nella crescita di ogni bimbo, il padre infatti ha fin da subito una grande importanza per ogni bambino. Ogni bambino vive con un padre anche se questo nella realtà è assente e il bimbo cresce solo con l'altro genitore. Egli se ne fa un'idea immaginaria e sviluppano un immagine del padre che non necessariamente corrisponde del tutto alla realtà costruendo su di lui un'immagine in cui entrano sia esperienze concrete, sia desideri, sia paure. In ogni caso, il Padre, il principio paterno è sempre presente nella vita interna del bambino. L'idealizzazione, che nasce nei primi anni di vita è un processo necessario dal punto di vista dello sviluppo psichico, affettivo ed emotivo. Nel corso dello sviluppo il papà viene percepito di regola come il terzo che si aggiunge alla coppia madre-bimbo, esso, è tendenzialmente chiamato in causa più della madre nello sviluppo dei processi di tipo secondario, il primo “No”, lo sviluppo del linguaggio, e soprattutto, visto quanto accaduto, l'orientamento al mondo esterno. Alla figura paterna sono legate sia le restrizioni, le norme, sia la rivelazione che ognuno di noi può avere un esistenza di desiderio, cioè l'apertura a possibilità nuove e più mature. Per questi processi che necessariamente devono fondersi, non basta una figura paterna immaginaria, ci vuole un padre presente nella realtà interna ed esterna, è importante che sia una figura che sappia rispondere al problema dell'unione tra Legge e desiderio, desiderio come pulsione alla vita, pulsione all'amore. Il padre non onnipotente, che ha risolto i propri conflitti può comunicare al bambino il messaggio che le delusioni sono sopportabili e che l'Altro è sempre una ricchezza. Lo sguardo amorevole, sguardo che il padre posa sul figlio non può che trasformarsi in un forte fattore di protezione affettiva che ha effetti positivi sull'autostima del bambino, sulla crescita emotiva e sociale del bimbo. Per la trasmissione di questi messaggi, è necessario secondo la mia prospettiva però che il genitore abbia accettato lui stesso il senso del limite. Ruolo del padre è unire Legge e desiderio, ciò significa essere presente nella vita del proprio figlio non come mero educatore ma come colui che oltre a comunicare quelli che sono i limiti necessari sa stimolare desideri, sogni, progetti e, sa farlo, insegnando al bimbo un desiderio tutto suo, singolare quindi, svincolato dal desiderio che è solo e unicamente del padre. Anche comunicare una sicurezza stabilizzante e un realistico senso della misura è un compito che chiama in causa entrambi i genitori ma, tendenzialmente i padri vi portano uno stile relazionale diverso dalle madri. É per questo che i figli li cercano per un differente tipo di giochi. Spesso i padri sono più impulsivi nel comportamento ludico e preferiscono giochi eccitanti di movimento, nei quali aiutano il bambino a fare i conti con l'aggressività. L'aggressività maschile infatti non si riduce solo alle sue espressioni distruttive, proprio per limitare le fantasie di grandezza è necessaria una costruttiva aggressività paterna. I figli maschi hanno bisogno dell'esperienza del lottare, competere e misurare le proprie forze. Hanno bisogno di una via per canalizzare in forme ludiche e commisurare alla realtà la vitalità traboccante che hanno dentro di sé. Penso che il gioco, con le sue regole, che rimandano agli aspetti di realtà e alla dimensione di gioia, felicità e progettualità sia un degno rappresentante di unione tra Legge e desiderio. Il ruolo del nuovo padre nella nuova famiglia, abbandonata quindi la rigida connotazione autoritaria tipica dei padri del passato, ha la possibilità di fondere affetto e autorevolezza, unendo questi due attributi in una valida e intima sintesi che è appunto l'unione tra Legge e desiderio. Infine, il padre, un padre donatore, può donare al proprio figlio la possibilità e la capacità di eliminare la rabbia, di superare la paura, di conoscere e essere consapevole di sentimenti e pulsioni, di rinunciare al bisogno per realizzare il desiderio. Desiderio da esprimere rendendo feconda la creatività, ricomponendo la solitudine da questo, per essere vicini ed intimi di sé. Ciò come un inizio alla tentazione di non rispettare L'Altro, alla tentazione di pensare di essere meglio dell'Altro, alla tentazione di voler avere invece di poter chiedere...
Commentiviaemail
12 anni, 5 mesi
Gentilissima Redazione alla luce dei fatti la cosa mi spaventa e molto, come uomo, come padre, come genitore, e come presidente dell'associzione genitori del mio comune. Mi spaventa ancora di più la "sollevatezza" dai fatti da parte della dirigenza, precedente e attuale. La cosa che mi spaventa e mi spaventerà è che alla fine una volta guarite le ferite, quelle fisiche, resterà un ragazzo ferito dentro, che se sarà fortunato non sarà considerato da parte del corpo insegnante/dirigente e da quei genitori che sembra accompagnino a scuola i figli con i paraocchi, come pazzo o visionario o comunque come un ragazzo che ha esagerato nella RISPOSTA agli atti di bullismo. Troppo facile difendersi dietro il fatto delle famiglie difficili, alla minima incertezza o dubbio il corpo insegnante invia subito gli studenti da psicologi o assistenti sociali ma se quasi fai ammazzare un compagno di classe, nessun problema, continuate pure. Ringrazio Rinaldo Previtali