Anche i Papi nella guerra di spie
Ecco i documenti della Cia

di Emanuele Roncalli
Gli Usa spiano l'Unione Europea. Lo spionaggio è pratica antica. Ne sanno qualcosa gli ultimi papi. Ratzinger era spiato dalla Stasi, Wojtyla dal Kgb. Paolo VI pure. La Cia spiava Giovanni XXIII già in Bulgaria e lui si difendeva scrivendo in dialetto.

di Emanuele Roncalli

Per alcuni siamo tornati ai livelli della Guerra fredda. Gli Usa - tramite la Nsa, l'agenzia di intelligence del Pentagono - spiano anche l'Unione Europea, Italia compresa. Bruxelles dunque un crocevia di spie? Certo è che siamo di fronte a un fatto preoccupante, proprio mentre sono in corso trattative per arrivare a un accordo di libero scambio. Anche l'Italia come detto è tra i Paesi spiati dalla Nsa attraverso il programma Boundless Informant, pure se in misura molto minore rispetto alla Germania. Lo rivela il settimanale tedesco Der Spiegel grazie ai documenti fatti filtrare da Edward Snowden. Il giornale pubblica anche un grafico delle intercettazioni. C'è pure chi minimizza ricordando che si tratta di una prassi adottata anche dai Paesi europei e le intercettazioni vengono effettuate solo per scopi antiterroristici.

Quella delle spie è pratica antica. Nel mirino - del resto - sono entrati non solo cittadini comuni, diplomatici, politici, informatori ecc. ma soprattutto pontefici. Anzi i papi del Novecento sono stati tutti spiati.

PIO XII
Il Kgb riuscì ad ascoltare nientemeno che la conversazione svoltasi il 31 luglio 1944 fra i senatori americani Bullit e Taylor e Pio XII. La spia sovietica era presente. In quell'incontro Taylor dichiarò al Pontefice: «Sconfiggeremo la Russia con la stessa rapidità con cui abbiamo sconfitto la Germania». E Pio XII ribatté, preoccupato: «Questo pericolo per la cultura cristiana dev'essere annientato». «La cosa migliore - intervenne Bullit - è creare una serie di Stati nel suo territorio, altrimenti quella immensità sarà sempre una minaccia per l'ordine internazionale». Commento del colonnello Valeri: «Ricordiamoci che nel 1944 la Russia era alleata degli Stati Uniti contro la Germania».

Hanspeter Oschwald e Werner Kaltefleiter in «Spione im Vatikan» nel capitolo dedicato a Pio XII scrivono che il papa sarebbe stato nel mirino di Hitler, il quale fra l'altro avrebbe dato ordine di rapire il pontefice, deportarlo in Germania – nel Baden Wuerttemberg – e farlo uccidere. Una voce non nuova che la gente forse aveva dimenticato. Karl Friedrich Otto Wolff, Obergruppenfuehrer di Stato Maggiore delle SS nel 1972 scrisse: «Ricevetti da Hitler in persona l'ordine di rapire Papa Pio XII». L'odio del Fuhrer nei confronti di Papa Pacelli era dovuto al fatto che il Pontefice era considerato «antinazionalsocialista » e «amico degli ebrei». La testimonianza di Wolff era contenuta tra le carte della Causa di beatificazione di Pacelli.


GIOVANNI XXIII
«Durante la guerra, quando Roncalli era delegato apostolico in Turchia e Grecia, alcune volte visitò i feriti tedeschi e inglesi. Un atteggiamento inspiegabile secondo i militari e questo bastò a metterlo sotto osservazione». Lo scrivono Hanspeter Oschwald e Werner Kaltefleiter in «Spione im Vatikan». «Fra l'altro - aggiunge Oschwald - le spie riuscirono a decifrare i codici segreti di Roncalli, intercettarono i suoi telegrammi e altre volte le conversazioni radio». Probabilmente Roncalli si accorse di tutto ciò e non a caso, già ai tempi del servizio in Bulgaria, sovente utilizzò il dialetto bergamasco per dribblare le spie. Secondo gli autori che citano il vaticanista Graham, tre telegrammi del segretario di Stato card. Maglione vennero intercettati prima che Roncalli li leggesse. Per altri, un tecnico vaticano addetto a decifrare i messaggi, avrebbe consegnato ai nazisti codici e informazioni ottenendo 100 dollari a settimana.

Gli autori raccontano i rapporti fra Von Papen e Roncalli nel salvataggio di «24.000 ebrei, che scamparono ai campi di sterminio grazie a permessi e lasciapassare procurati dal delegato apostolico bergamasco». Un'altra parte del libro prende in esame il periodo del pontificato. Tempo fa erano inoltre usciti dagli archivi della Cia alcuni documenti, non più top secret, riguardanti la posizione del papa e dei suoi collaboratori nelle vicende italiane e internazionali. Il centro-sinistra, il disgelo fra Vaticano e Urss, l'ostpolitik vaticana erano temi che destavano preoccupazione negli ambienti della Cia. Il 7 marzo 1963, Papa Giovanni ricevette il genero di Krusciov, Adjubei con la moglie Rada. Undici giorni dopo alla Cia arrivò un dossier dove si parlava dei possibili risultati di quella visita e di eventuali vantaggi in vista delle elezioni politiche. Questa la chiosa al dossier: «Una cosa è certa, la visita è un'anticipazione dell'instaurarsi di relazioni diplomatiche tra l'Urss e il Vaticano. Questo sembra essere un irrevocabile itinerario». Ma a respingere alcune insinuazioni di certa stampa sull'atteggiamento considerato troppo «benevolo » del papa nei confronti della sinistra italiana (ci fu chi attribuiva al pontefice persino il successo dei comunisti nelle elezioni del 28 aprile 1963), scese in campo John Kennedy, che ripugnava il mondo dello spionaggio.

La Cia seguì con attenzione anche la salute del Papa. Due documenti della Cia del 30 e 31 maggio 1963 (3 giorni prima della morte) recitano: «nelle ultime ore le condizioni di papa Giovanni... sembrano migliorate. Egli è completamente lucido, pienamente consapevole della serietà delle sue condizioni ».

PAOLO VI
Lo spionaggio americano continuerà anche dopo la morte di Giovanni XXIII. Stavolta nel mirino finisce Montini dato per favorito a inizio conclave. Una riga di un dossier Cia finisce con un nome censurato, che interrogato da una spia si dispiaceva «perché probabilmente sarebbe stato eletto Montini».

GIOVANNI PAOLO II
In tema di spie, sospetti e trame ordite segretamente in Vaticano ai danni di Giovanni Paolo II, il libro del giornalista Marek Lasota «Karol Wojtyla spiato» appare già dal titolo eloquente. Il regime polacco forse fu inizialmente ingannato dai modi affabili del giovane porporato con le autorità comunista, ma con il tempo i rapporti si chiarirono. Tanto che, quando fu nominato papa, qualcuno dell'establishment di Varsavia pensò che Wojtyla sarebbe stato meno pericoloso a Roma come papa che non a Cracovia come primate. A quel punto, i protagonisti in campo non risparmiarono colpi e nel volume sono citati i diversi tentativi che i servizi segreti polacchi misero in atto per infiltrare la cerchia più vicina a Giovanni Paolo II. Era infatti sotto osservazione l'intero ambiente dei religiosi polacchi a Roma allo scopo di creare una rete di agenti capaci di influenzare le opinioni sia dell'entourage del Papa che dello stesso Giovanni Paolo II. Dal libro emerge che furono oggetto di "operazioni speciali", ad esempio, il segretario del Papa, mons Stanislaw Dziwisz e don Adam Boniecki, già caporedattore dell'edizioni polacca dell'"Osservatore romano", Wanda Poltawska. Dalle "carte" si ricaverebbe anche una parziale riabilitazione per padre Hejma, noto collaboratore dei servizi di sicurezza, con cui pure si inaugurò, secondo Lasota, "il gioco delle operazioni sotto bandiera straniera" e che forse, dunque, potrebbe essere stato raggirato.

Tra i documenti presentati nel libro colpisce quello con le 98 domande a cui dovevano rispondere le spie che controllavano il futuro Papa. Wojtyla era attorniato da alcuni preti che collaboravano con la polizia segreta e comunicavano notizie su di lui. Per Lasota erano i sacerdoti Wladyslaw Kulczycki, Mieczyslaw Satora, Boleslaw Sadus, Chris Michalowski, Zygmunt Siudmak, Joseph Szczotkowski. Padre Sadus collaborava con il nome in codice “Brodecki”. Mentre don Szczotkowski, nome in codice “Rosa” era canonico della cattedrale di Cracovia.

BENEDETTO XVI
Per lui parlano i fatti più recenti, ma anche prima dell'arrivo a Roma, la Stasi aveva già puntato gli occhi su Ratzinger. Nell'autunno nel 1979 la Stasi era già informata sul possibile trasferimento di Ratzinger al Sant'Uffizio. Le voci del passaggio di Raztinger dalla Baviera a a Roma erano nei documenti della Stasi. Su di lui non c'era un vero e proprio dossier, ma da alcune cartelle scritte dai collaboratori della Stasi (8 in particolare) emerge una descrizione del futuro Papa come fine intellettuale e si evidenzia il suo rigido anticomunismo e antimarxismo. E ora c'è chi guarda anche a PAPA FRANCESCO come prossimo pontefice che finirà nel mirino delle spie. Sarà così?

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